Capitolo 25 - Uragano

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Helen aveva bisogno di un'altra doccia, la terza di quella giornata. Era sporca di terra e sudore
Poco dopo la fine della partita, si precipitó nella sua stanza, chiudendo la porta con un incantesimo e iniziando a svestirsi.
L'acqua fredda sulla pelle le provocava sempre una piacevole sensazione. Si strofinó a fondo, più volte, tutto il corpo, facendo scivolare la piccola spugna rosa, intrisa di bagnoschiuma alla vaniglia, su ogni centimetro della sua pelle, divenuta ambrata, a causa del sole.
Amava l'odore della vaniglia, così dolce, inebriante; sperava vivamente che, al suo passaggio, anche le altre persone fossero in grado di percepirlo.
Si sbrigò, asciugandosi velocemente, indossando un semplice e comodo abitino azzurro, con un paio di scarpette basse bianche.
Diede una rapida sistemata ai capelli e scese al piano di sotto, raggiungendo i coniugi Weasley.
Arthur stava armeggiando con qualche specie di oggetto babbano, come suo solito.
Con sua sorpresa, Percy e Bill avevano già apparecchiato la tavola. La madre doveva avergli fatto una bella strigliata sul fatto che lasciassero fare, puntualmente, tutto alla loro ospite.
La signora Weasley era in cucina, e stava controllando la cottura di quella che sembrava una gigante torta salata.
«Serve aiuto, signor Weasley?» domandó Helen, appropinquandosi al tavolino del soggiorno.
«Non darti pensiero, mia cara. Piuttosto siediti fuori nel frattempo, tira un bel venticello».
La ragazza decise di seguire quel consiglio.
Non si era mai visto un caldo così umido.
Così, dopo aver afferrato "Storie di Camelot"  dalla mensola del soggiorno, su cui lo aveva collocato il giorno prima, si diresse verso l'esterno della Tana.
Il sole stava tramontando, dipingendo il cielo d'arancio e illuminando il paesaggio sottostante con colori caldi e tenui, una visione che le trasmetteva un senso di pace e serenità.
Si accomodò su una panchina di legno, proprio vicino alla porta d'ingresso, accavallando le gambe per stare più comoda. Aprì il libro alla pagina che aveva contrassegnato col solito fiore essiccato, iniziando a leggere proprio la parte della storia in cui Lancillotto veniva a conoscenza della morte di Ginevra.
Lesse alcune righe, poi i suoi occhi si fissarono all'orizzonte, oltre le campagne.
Per quanto amasse la lettura, non riusciva a concentrarsi, aveva la mente altrove: alla partita. Ripensò a Cedric e ai suoi modi fin troppo gentili nei suoi confronti, ma ancor peggio, ricordò lo sguardo fulminante che Charlie aveva rivolto loro mentre insieme provavano una nuova manovra, di quando egli stesso si fosse scontrato con il Tassofrasso; sembrava lo avesse fatto intenzionalmente, considerando poi la spropositata esultanza.
Una serie di domande le tempestavano la mente, partendo dal perchè avesse tirato in ballo l'argomento 'ragazze', menzionando la nuova conquista del Diggory tra le Corvonero.
Che ne sapeva lui?
E poi, per quale motivo tirarlo fuori in quel momento, in sua presenza?
Con la coda dell'occhio intravide una sagoma varcare la porta d'ingresso di casa Weasley, alzò lo sguardo e, come se fosse uscito direttamente dai suoi pensieri, incrociò quello di Charlie, che era in piedi, fermo con le mani appoggiate sui fianchi e le gambe leggermente divaricate, poco distante da lei.
Come si aspettava, questi si avvicinò e fece per sedersi. Lei si scostò leggermente, facendogli spazio, proprio accanto. Poggió i gomiti sulle ginocchia, inclinando in avanti il busto e incrociando le mani davanti alla bocca, sovrappensiero.
Aveva una maglietta bianca che gli andava più stretta a livello delle spalle massicce e un bermuda beige, che gli arrivava quasi alle ginocchia.
Si era rasato la barba, notò, tuttavia i capelli restavano sempre una massa informe, del vivace colore, che Helen, da sempre pensava, gli donasse particolarmente.
Il ragazzo continuava a guardare dritto davanti a se', non accennando a proferire alcuna parola.
C'era un silenzio assordante tra di loro, carico di pensieri, infuso di parole non dette.
Un leggero venticello scompiglió i capelli di entrambi, ed Helen fu costretta a sistemarsi dietro un orecchio, con un veloce gesto della mano, una ciocca, volatale sul viso. Si strinse nelle spalle.
Continuava ad osservare Charlie, aspettando una qualche sua reazione, che non arrivó.
C'era qualcosa che lo sconvolgeva, che imperturbava nella sua mente Lei lo percepiva.
Da un po' di tempo a quella parte, Helen aveva imparato a leggere i suoi movimenti, carpirne le intenzioni, comprenderne gli stati d'animo, ed ora lui sembrava particolarmente pensieroso.
«Cosa ti turba, Charlie?» azzardó lei.
Non si rese conto di aver parlato davvero, le parole le uscirono come un sussurro, come se le avesse proferite più a se' stessa che a lui.
«Niente.» rispose secco, non rivolgendo ancora lo sguardo verso di lei.
Lo sentiva distante, per la prima volta, e non ne comprendeva il motivo, non gli sembrava di aver fatto nulla.
"Forse è scosso da qualche cosa che non riguarda te." le suggerì una vocina nella testa, ed Helen decise di darle ascolto.
Tuttavia, era frustante far finta di nulla, era cosí vicino fisicamente, ma allo stesso tempo così lontano da lei.
Avrebbe voluto essere una Legilimens in quel momento, entrare nella sua testa, esplorarla, per venire a conoscenza di ció che lo affliggeva.
Charlie non si era mosso da quella posizione, sembrava stesse totalmente ignorando la sua presenza e questa cosa la infastidì leggermente.
"Nessuno puó far finta che io non esista." pensó.
Non era presunzione, ma semplicemente orgoglio.
Spinta da questo sentimento, afferró la mascella di Charlie con una mano, inducendolo, con un movimento secco, a voltarsi verso di lei.
Lo guardó dritto negli occhi, accorgendosi che quelli fossero leggermente sgranati: non se lo aspettava.
Continuarono a fissarsi un tempo indefinito, non seppe esattamente quanto.
«Che cosa ti turba?» ripeté la domanda con più convinzione, come a fargli capire che non accettasse assolutamente né alcuna menzogna né, tantomeno, un'assenza di risposta.
«Tu.» ammise lui, restando in quella posizione, con la faccia ancora incastrata nella morsa delle dita di Helen.
«Io?» chiese, titubante, mollando di poco la presa.
Non capiva, perchè lei, cosa lo aveva infastidito?
«Charlie, ma io non ti ho fatto nien-»
Il ragazzo si sporse in avanti, azzerando la distanza tra i loro volti.
Le loro labbra si unirono, prima con un leggero tocco, sfiorandosi delicatamente, poi lui le premette con più vigore. Helen restó per un attimo inconscia di ció che stesse accadendo; chiuse gli occhi, rispondendo al bacio, con più vigore.
Sentiva la pelle ardere a causa di quel contatto, avrebbe voluto portare le proprie braccia attorno al collo di lui, ma si sentiva irrigidita, come un pezzo di legno.
Sentì il profumo di Charlie inebriarle i sensi, più di quanto lo stesso bacio non avesse fatto.
Il giovane Weasley spostó poi la propria mano, prima sul collo, dopo posandola sul fianco di lei e avvicinandola ancor di più grazie a un movimento brusco, accompagnato da una lieve pressione.
Sembrava essere entrata in uno vortice. Il tempo attorno a lei pareva essersi fermato, mentre un burrascoso urgano imperversava nel suo stomaco, sempre più violento, sempre più impetuoso.
Tuttavia avrebbe voluto che quel momento non fosse mai terminato.
Ma, come ogni cosa bella, finì. Fu interrotto dalla voce della signora Weasley, che invitava tutti ad accomodarsi per cena.
Charlie si staccó, dolcemente, tenendo ancora per pochi secondi gli occhi chiusi.
Quando li riaprì, li tenne fissi in quelli di Helen e lei per la prima volta si concentró ad analizzarne i colori: sembravano due pozze d'acqua.
Non si era mai soffermata sulla loro bellezza.
Avrebbe voluto ricongiungere le loro labbra, ma lui si alzó, offrendole una mano per issarsi in piedi, l'accettó.
Per tutta la sera Charlie non posó più le sue iridi blu su di lei, né tantomeno le rivolse la parola, lasciandola in balia delle sue paranoie.
Che lo avesse di nuovo sognato?

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