47. Scacco matto?

2.3K 144 137
                                    

Trascinava la manica del suo preziosissimo tailleur contro i propri occhi per assorbire le innumerevoli lacrime che le rigavano insistentemente il volto.
Non cessavano di scivolarle via dagli occhi da circa mezz'ora.
Aveva persino lanciato via le proprie scarpe contro la parete di quella stanza, tanto nessuno l'avrebbe vista o giudicata come una sciattona.
Portò con violenza le mani sulle inferiate che fungevano da balcone su quella vuota e remota Torre del castello. Chissà, magari quel vento gelido le avrebbe asciugato il viso e avrebbe posto fine a quel pianto ininterrotto.

Non stava piangendo per il bacio con Theodore; non piangeva perché Davis le aveva imposto tale obbligo di pessimo gusto.
Piangeva perché, ancora una volta, si era lasciata abbindolare da una persona che non aveva perso meno di tre minuti a trovarsi un'alternativa.
Si malediva per aver fatto riemergere quella sua disgustosa sensibilità di cui tutti la deridevano.
"Una Serpeverde mancata" ;
"Dolce da far venire la nausea".
Lei era così sensibile, dolce e premurosa; e si era innamorata dell'unica persona priva di qualsiasi tatto, permalosa, avventata ed arrogante che potesse esistere in tutto il Mondo Magico.
Theodore Nott aveva ragione; non aveva rispetto per se stessa.
Non puoi avere rispetto per te stessa se ricadi sempre ed irrimediabilmente nella stessa trappola di una persona che, tralaltro, sai essere la meno affidabile!

Sentì come il glaciale vento le trapassò il volto, fino a scompigliarle i capelli che aveva nervosamente cercato di domare sino a qualche ora prima. Percepì come questo le avesse essiccato la pelle e le lacrime; e forse era un bene.

«Tutto bene?» echeggiò una voce maschile, rauca e fievole, alle sue spalle.

Ella trasalì, colta di sorpresa.
Tirò sù col naso e si voltò, deglutendo, nel tentativo di sembrare il meno scomposta possibile.
Theodore portò lo sguardo sulla sua figura esile e piccola, di spalle al gran panorama collinare che si ergeva fuori dalla Torre. La osservò da capo a piedi, notando come avesse la giacca totalmente aggrenzita da chissà quali gesti bruschi e privi di delicatezza, e accorgendosi di come le sue prestigiose scarpe col tacco fossero state scaraventate dall'altra parte dell'aula.

Ella non poté non soffermarsi sul suo tono di voce: solitamente Nott mostrava fieramente un sorriso divertito ed una voce fastidiosamente indispettita e snervante; ma quella volta non fu così.
La sua voce era, se si può descrivere tale, calda. Sì, perché sembrava come se volesse davvero consolarla, sembrava che davvero gli importasse di come lei fosse stata ferita nel profondo, quella sera.

Sospirò profondamente, dischiudendo le iridi per calmarsi, per poi annuire lievemente a quella domanda.

«Sto bene.» mormorò.
«Volevo solo restare sola per un po'.»

«È passata più di un'ora, Chloe.» le rammentò il moro.

«Non riuscirai a convincermi per farmi tornare a quella festa, Theodore.» lo schernì ella assottigliando gli occhi.

Ma Theodore non avrebbe mai rischiato di farla rientrare alla festa e farle ascoltare le inutili giustificazioni di Malfoy - che sapeva avrebbe cercato in ogni modo di parlarle -; lui aspettava solo l'occasione giusta.

L'occasione giusta per far fuori, uno dopo l'altro, tutti i suoi ostacoli.

E vederla in una situazione emotiva poco stabile - per giunta dopo aver assistito al raccapricciante teatrino di Malfoy -, era la sua giusta occasione.

«Non erano quelle le mie intenzioni, pasticcino.» sottolineò il ragazzo, avvicinandosi alla sua figura per poter osservare ogni singola emozione celata dietro i suoi occhi.
«Non nego quanto mi piaccia stuzzicarti, ma vederti piangere non é tra i miei obiettivi.» ammise Theodore inarcando i lati delle labbra in un accenno di sorriso e, sotto lo sguardo rassegnato di Chloe, questo allungò una mano fino ad accarezzarle la guancia, asciugandole quei residui umidi di lacrime sul volto.

Sound Of Silence || Draco Malfoy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora