53. Quiete interrotta.

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Finalmente la voce del silenzio.
Una voce che, per alcuni versi, urla fin troppo.
Urlava incessantemente; facendole comprendere che non stava, infondo, sbagliando.
Oramai il dado era tratto.

Dischiuse lievemente, quasi impercettibilmente, le palpebre ancora assonnate.
Dalle grandi finestre che affacciavano al panorama collinare, ancora nessun bagliore mattutino veniva trasmesso in quella stanza.
Erano, ad occhio e croce, circa le quattro del mattino e, a giudicare dalle emozioni che l'avevano accompagnata per tutta la notte, non c'era da meravigliarsi di come questa avesse aperto gli occhi ancor prima dell'alba.

Non osò muovere neanche il più piccolo e leggero muscolo del suo corpo, per timore che potesse risvegliare il ragazzo su cui era comodamente stesa - almeno in parte - e che, magari, potesse reagire in malomodo.
Certo, di certo nessuno dei due era ubriaco, né tantomeno non consenziente; ma si parlava pur sempre della propria verginità, della propria purezza.
Forse l'unico aspetto di sé che, almeno fino a quel momento, aveva deciso di non dedicargli.

Dopo innumerevoli minuti passati ad ascoltare il suo respiro profondo e lasciarsi pervadere dal profumo dolce della sua pelle chiara, tentò di alzare lo sguardo - per la prima volta da quando si era accasciata sul suo petto -, per osservare la stessa persona a cui dichiarava guerra ogni volta si incrociassero rispettivamente dinanzi ad altri.

Nonostante la stanza che aveva ospitato i loro spiriti fosse quasi del tutto oscurata, poche e consumate fiaccole illuminavano fievolmente quell'ambiente.
La sua espressione era così rilassata che, per qualche attimo, le fece dimenticare tutto quello che era accaduto tra loro, tutte le menzogne e le avversità.

Non badò, neanche per un momento, a volgere l'occhio verso il suo avambraccio sinistro, perché l'ennesima dimostrazione di come questo non sarebbe stato capace di farle del male era avvenuta quella notte, quando le accarezzava la pelle con delicatezza - e anche perché le sue braccia erano attorcigliate alla sua vita, rendendole impossibile la visuale -.

Le lunge ciglia che racchiudevano quello specchio d'acqua dei suoi occhi si coloravano bionde, chiare e candide come la sua pelle di porcellana, mentre il proprio piccolo naso veniva solleticato dalla poca ricrescita della barba, sempre rigorosamente curata ed ordinata.

Forse nessuno avrebbe mai scoperto quell'aspetto di lui così premuroso, così dolce. Forse tutti lo avrebbero sempre etichettato come il ragazzo dai mille rimpianti, dai mille errori e dalla vita rovinata.
Ma per lei, Draco Malfoy era il più splendente degli angeli.

Accennò un sorriso intimidito - perché quel ragazzo autoritario e superbo stava dormendo avvinghiato a lei come un bambino -, e si sporse in avanti con un lento gesto, per potersi avvicinare quanto più possibile alle sue labbra; dischiuse, che lasciavano intravedere con difficoltà i denti bianchi e regolari, così morbide e profumate.

Posò le labbra sulle sue allo scopo di concedersi il migliore dei risvegli, consapevole che il ragazzo stesse ancora abbracciando Morfeo - oltre che lei -.
Persino quando dormiva le sue labbra invitavano a non staccarsi mai; certamente un desiderio che avrebbe voluto soddisfare ancora, una volta che questo si fosse svegliato.

Si distanziò lievemente dal suo volto, solo per ammirare - sì, ammirare - quella angelica bellezza e quella sua espressione che trapelava così tanta purezza.
Quando notò con suo stupore, e forse anche rammarico, che nonappena ebbe staccato le proprie labbra dalle sue, questo avesse corrugato il volto in un'espressione quasi infastidita.

Le si strinse il cuore il petto, al pensiero di averlo disturbato o forse, aver fatto qualcosa che non fosse di suo gradimento.
Egli dischiuse le labbra, arricciando il naso con disgusto e strizzando gli occhi che non osava aprire; e dopo numerosi mugugni addormentati, riuscì a proferir parola.

Sound Of Silence || Draco Malfoy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora