Capitolo 6

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Trascino pesantemente i piedi oltre la soglia del Bob's e mi dirigo al bancone per ordinare del caffè. Quello che ho scoperto chiamarsi Cruz, ammicca nella mia direzione facendomi segno di sedermi.

"Cosa ti porto ragazza?" Il barista mi sta sorridendo, ma da dove vengo io, sorridere a quest'ora del mattino significa essere strani forti, tuttavia non comunico il mio pensiero anche perché Cruz mi sembra un tipo simpatico.

"Caffè, anzi no, un cappuccino con un muffin al cioccolato o qualunque cosa che contenga del cioccolato". La mattina ho bisogno di zucchero in quantità illimitato accompagnato, ovviamente da caffeina; bacon, uova o qualunque cosa salata prima delle dieci di mattina sono illegali, per quanto mi riguarda.

Neanche un'ora fa Max mi ha chiamata informandomi che avevano bisogno del mio aiuto per un caso a Seattle. Non nego di aver pensato di voler salire su un aereo e tornare, ma mi ha assicurato che non è nulla che io non possa gestire via telefono, dunque gli ho detto che lo avrei richiamato io, perciò ho costretto le mie gambe a scendere dal letto e a dirigersi al bagno. Non ho idea di quante ore di sonno io sia riuscita a racimolare, ma quando Cruz mi mette davanti il mio cappuccino e il mio muffin, penso di avere le allucinazioni. Sto per addentare un pezzo di muffin quando la mia pace viene interrotta.

"Affamata questa mattina piccola Maddox?" Mason Reed mi sorride sedendosi al mio fianco. La saliva mi va di traverso, ma per fortuna riesco a trattenere la tosse mentre lo osservo ordinare un caffè nero e un cornetto. Ha indosso una tuta grigia e sembra essere appena tornato da una corsa mattutina.

"Che ci fai tu qui?" Domando ingenuamente bevendo un sorso del mio cappuccino.

"Faccio colazione proprio come te, piccola Maddox". Merda potevo fare domanda più stupida? La nostra conversazione di ieri notte inizia a farsi spazio tra i miei pensieri.

Devo stare lontana da Mason.

Afferro la mia colazione e mi alzo, ma prima che possa anche solo girarmi, vengo rispedita sullo sgabello.

Posso giurare che appena il mio sedere ha toccato il legno qualcuno ha mormorato: "È marchiata ormai". Seguito da una risatina. Non so cosa significhi, ma qualcosa mi dice che riguardi me. Mi giro e fulmino con lo sguardo Mason che ha ancora il braccio attaccato al mio con il quale mi ha ritirata sulla sedia. Ripongo la mia colazione sul bancone non volendo farla cadere e cerco di ripetermi che non posso commettere un omicidio in un bar di prima mattina.

"Vuoi qualcosa Reed?" Ringhio rivolgendogli un'occhiata abominevole.

"Non ho ancora finito". Dice semplicemente portandosi il caffè alle labbra.

"E allora?" Domando esasperata quasi come se stessi parlando con un bambino che sta facendo dei capricci.

"Sono sicuro che Eleonor ti abbia detto che non ci si alza da tavola finché tutti non abbiano finito di mangiare". Mi sorride con uno di quei sorrisetti che potrebbero far uscire pazza anche la persona più santa di questo mondo.

Aspetta, chiama mia madre per nome?

"Me lo ha insegnato, ma questa non è una tavola e io e te non stavamo mangiando insieme". Riafferro il mio cappuccino, ma mi viene tolto di mano.

"Permettimi di dissentire. Nel momento esatto in cui mi sono seduto vicino a te e tu hai ricambiato il mio saluto, stavamo consumando la colazione insieme". Asserisce con tono saccente.

"In quale parte del mondo una stronzata del genere è vera?" Questa situazione mi sta irritando. È mattina presto, sono stata svegliata da una chiamata di lavoro e mi aspettano ore al telefono. Mason Reed è l'ultima cosa che mi serve.

Even in the dark there can be lightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora