Capitolo 20

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Alle 12:00 precise esco dall'ascensore della M.I.A.P., alla receptionist questa volta c'è solo l'amichevole signora che sta parlando al telefono ma appena mi vede si illumina e mi fa segno di aspettare. Mi guardo intorno e il mio sguardo si ferma sul divano appoggiato alla parete e un piccolo senso di delusione cresce nel mio petto. Non dovrei cercarlo ma non riesco a non pensare a lui, in me c'è una battaglia interiore tra la razionalità e del buon sesso bollente.
"Sei qui per vedere Damien vero ragazza?" La signora mi sta guardando come se fossi sua nipote, uno sguardo dolce e felice che mi fa ricordare i miei genitori. Non li ho ancora visti ma non vedo l'ora di riabbracciarli.
Annuisco e la guardo mentre cerca qualcosa in un'agenda gigantesca su quella specie di scrivania.
"Non dovrebbe essere impegnato, puoi andare direttamente tu da lui se vuoi. Penultima porta a sinistra." Mi indica la stessa porta dalla quale Kent e Damien erano usciti la prima volta che sono ritornata in città. La ringrazio e mi avvio verso la porta. Non ero ancora riuscita a fare il tour di questo posto e la curiosità mi stava divorando. Sorpassata la porta entro in un corridoio bianco lungo ma spazioso con delle decorazioni affiancare e appese ai muri per dargli vita. Le porte sono tutte di vetro ma la maggior parte sono oscurate da tendine. Sono davvero tante. Attraverso il corridoio cercando di sbirciare attraverso le porte ma sono tutte oscurate, ma accanto a ogni porta c'è scritto in nero il nome a cui appartiene l'ufficio. Blake Maddox, Shaw Wilson, Carter...
Quando arrivo in fondo al corridoio riconosco l'ufficio che mi ha indicato la signora ma qualcosa mi investe facendomi perdere l'equilibrio per pochi secondi ma non abbastanza per cadere per fortuna. Due mani si avvolgono attorno alla mia vita per reggermi e io vengo avvicinata al solido copro della persona che mi sta tenendo. Non ho bisogno  di guardare chi è. L'odore ormai  mi è familiare e  parla da solo.
Mason.
Qualcosa mi svolazza nello stomaco, qualcosa che non ci dovrebbe essere mentre lo guardo. È stupendo come sempre, sguardo duro, capelli seducenti, aria selvaggia e pericolosa.
Ci guardiamo senza dire nulla per un paio di secondi. I suoi pozzi neri mi esaminano tutta soffermandosi su dei punti che provocano dei brividi sulla mia pelle che, ovviamente, non gli passano inosservati. Prima che possa dire qualcosa la porta dietro di me si apre e la voce del mio gemello mi riporta nella realtà.
"Alex?" Ci stacchiamo, o almeno io lo faccio lui sembra non approvare questa mia idea e mi giro verso Damien
"Pronto?" Ci sta guardando con sospetto e io spero che non dica nulla di ridicolo perché lo potrei strozzare. Il suo sguardo passa da me  a Mason
"Ti dispiace se parliamo qui? Ho un sacco da fare. Beth ci raggiunge tra un'oretta con del cibo." Mi avvicino a lui e annuisco.
Non mi dispiace mangiare qui e poi sono curiosa di sapere a che genere di casi lavorano e soprattutto come si muovono. Mi bacia la guancia e mi fa cenno di entrare. Quando mi giro verso Mason però lui non c'è più.
L'ufficio di Damien è molto spazioso, delle finestre abbastanza grandi illuminano la stanza e le decorazioni si attengono al design dell'intero ufficio. Ha un'area molto professionale e lui sembra molto a suo agio in questo posto, cosa che mi rallegra. Siamo entrambi cresciuti e ci stiamo prendendo dalla vita quello che vogliamo. Ci sediamo entrambi alla scrivania ma lui invece di sedersi dal lato opposto si accomoda affianco a me. Solamente sedute noto delle cornici, quattro in tutto. La prima lo raffigura insieme a Beth, in spiaggia. Lei indossa un copricostume bianco semplice e lui è a torso nudo con un semplice costume nero. La sta guardano negli occhi ed entrambi hanno un sorriso che si allarga per tutto il viso. Nella seconda cornice c'è una foto di tutta la famiglia Maddox a completo, cugini, zii, tutti. Nella terza invece ci siamo io mamma, papà, lui, Kent e Hunter a uno dei nostri barbecue, quel giorno per poco non mi ruppi una gamba per salire su uno stupido albero. L'ultima foto invece raffigura me e lui, è stata scattata davanti casa nostra, risale ancora a quando eravamo alle superiori. Damien ha l'aria felice mentre io sono sulle spalle e gli bacio la guancia. Mi ricordo quel giorno, era l'ultimo giorno di scuola e lui mi promise che non importava dove saremmo andati a finire dopo il liceo nulla poteva rompere il nostro legame.
"Ti ricordi cosa ti promisi quel giorno" anche lui sta osservando la stessa foto, aveva le spalle tese e uno sguardo serio.
"Mi hai promesso che nulla poteva rompere il nostro legame." È più che altro un sussurro il mio ma lui lo sente lo stesso.
"Lo intendevo davvero."adesso non sta più guardando la foto ma me ed è come specchiarsi nello specchio, tutte le mie paure le mie insicurezze le vedo in lui, ma non perché lui le rappresenti, credo che in un certo modo, non so come, lui riesca a capire se c'è qualcosa che non va in me e provi quasi le miei stesse emozioni.
"E allora che succede?" So che quel giorno intendeva ogni parola ma c'è qualcosa che non va e deve essere risolto.
"I primi mesi in cui sei partita è stato un inferno, maggior parte delle volte mi ripetevo che andava bene così, che tu stavi vivendo la vita che meritavi e che eri felice e io altrettanto, cosa vera alla fine. Io e te non siamo mai stati quei tipi di gemelli che non riescono ad avere una vita senza l'un l'altro, ognuno aveva i propri progetti e il proprio carattere anche se simile. Ma non era il fatto che tu stessi costruendo qualcosa lo notano da me a logorarmi dentro, ero orgoglioso di te ma bensì il fatto che sapevo che non era vero."
"Che cosa intendi?"
"Alex il giorno in cui sei partita hai cercato di evitarmi al più al lungo possibile ma mi è bastato uno sguardo per capire che c'era qualcosa di più oltre quello che ci stavi dicendo. Qualcosa che non mi sarebbe piaciuto e in quel momento decisi di non volerla sapere. Eravamo felici e tu stavi per partire e non mi andava di cercare un altra ragione in più per essere triste. Ti ho lasciato andare dall'altra parte del paese sapendo che c'era qualcosa che non andava e questo mi ha logorato dentro. Ho iniziato a pentirmene quando non volevi più tornare a casa ne per natale ne per il nostro compleanno. Li mi sono pentito per non aver indagato e ho cercato di rimediare, ho cercato a lungo una ragione per la quale questo posto ti metta cosi tanta paura ma non l'ho mai trovato. Nulla aveva senso l'unica cosa che mi dava pace erano le tue chiamate, le tue foto e quei pochi incontri che facevamo. Eri felice e me lo sono fatto bastare finché non saresti stata pronta a dirmi cosa non andava." Aveva ragione, prima di partire ho fatto di tutto per evitarlo, non volevo che vedesse quanto in realtà ero spaventata, quanta fretta avessi di lasciare questo posto. So che non è stata facile per lui e odio averlo sottoposto a tale esperienza ma non me ne pento. Lo rifarei, tutto d'accapo perché non farlo significava la possibilità di perderlo, di perdere tutti quanti.
"Dame"
"No fammi finire. Ma poi ecco che ricompari dal nulla, ritorni a casa e sembra che sia tutto passato. Questi ultimi cinque anni sono stati ricompensati da un paio di chiacchiere per essere aggiornata su cosa ti sei persa. Ma tu non sei più la stessa e puoi cercare di nasconderlo quanto vuoi ma lo sappiamo entrambi che non sono solo delle supposizioni le mie. C'è qualcosa, l'hai detto stesso tu e non so quanto ancora a lungo posso far finta d'ignorarlo. Ti ho dato la mia parola che sarei stato buono ma Alex io non voglio perderti. Ti ho già perso per cinque anni e sono stanco di fingere che tu stia bene. So benissimo che ti incolpi per quello che successe per come io ho reagito ma non è stata colpa tua Alex e a volte ti odio perché stai lasciando che lui si metta tra me e te, quindi smettila di cercare di proteggermi da quello che succede nella tua vita e inizia a fidarti del fatto che posso reggerlo. Non puoi portare il carico che hai addosso da sola lascia che lo conviviamo perché Lexi ho già vissuto senza di te e non voglio più farlo, voglio che i miei figli ti considerino una seconda mamma, voglio che tu mi capisca senza che io parli, voglio venirti a tirar fuori da un altro stupido pasticcio e voglio che tu sia felice." Mi bloccai, semplicemente non riesci più a muovermi; erano anni che Damien non menzionava quello che successe, che non menzionava lui. Dopo il mio incidente, se così si può chiamare, io m chiusi a riccio, ero spaventata di tutto e allontanavo tutti da me ma mi accorsi solo troppo tardi di star trasferendo la mia sofferenza al mio gemello. Ero acida, arrabbiata e trattavo male tutti, lui specialmente ma lui continuava a sedersi fuori alla mia porta parlandomi di cose a caso per farmi stare meglio, mi calmava quando i miei attacchi di panico sopraggiungevano nel cuore della notte e non lasciava mai il mio fianco.
"Tutto quel tempo, non sorridevi manco più." Lo dissi con una voce strozzata e solo allora mi risi conto delle lacrime che mi bagnavano le guance.
"Quella era una mia scelta e non me ne pento, ero incazzato ma quella esperienza mi ha formato e ripeterei le stesse cosa, smettila di punirti per qualcosa che non è colpa tua. Stavo bene ero solo incazzato."Alla fine, quando fu passato abbastanza tempo per capire che dovevo smetterla di piangere addosso, mio fratello era cambiato. Era come se tutta la mia rabbia fosse passata a lui, i suoi voti a scuola calarono e si allenava costantemente con il sacco da boxe. I miei genitori erano disperati e i tentativi di Hunter e Kenton erano inutili. Era così arrabbiato, cosi depresso che non lo vidi sorridere per quasi un anno. Odiai me stessa per non essermene accorta e mi odio ancora oggi.
"Non ti posso dire che smetterò ma adesso comincio a capire quindi mi impegnerò. Per quanto riguarda il resto, hai ragione ma ne abbiamo già parlato. Non ho mai avuto intenzione di non condividere quello che sta succedendo solo che voglio farlo io, voglio chiudere questo capitolo da me; per il resto della vita mia vita dovrò alzarmi e guardarmi allo specchio e voglio essere orgogliosa di quello che vedo. Ho lasciato che gli altri gestissero i miei problemi per cosi tanto tempo e imparato che se si vuole essere liberi dalle proprie paura le si deve uccidere da se ed è questo che ho intenzione di fare. Non sono sola, ho persone che combattono con me e mi sostengono ma non siete voi perché io e te siamo uguali sotto questo aspetto. Non puoi saperlo e stare a guardare, io non lo farei mai. Lascia che me la veda io e a fine partita ti dirò tutto."
"Capisco quello che intendi e anche se non ne sono felice rispetto la tua scelta, ma il nostro patto è ancora valido, se succede qualcosa noi interveniamo." Era il massimo che avrei ottenuto da lui così me lo fece bastare.

Even in the dark there can be lightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora