Capitolo 29

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Il buoi è l'unica cosa che voglio mentre secondo dopo secondo mi spezzo sempre di più. Non credo di poterlo fare sotto la luce del sole, chiaro e nitido agli occhi degli altri. L'affanno del mio respiro mi culla mentre nella mia testa conto i secondi che passano. Mi costringo a respirare con la bocca anche se ogni respiro è una fitta atroce alle costole. Sopporto, sopporto, e pianifico per quelle che mi sembrano ore, poi lascio che il buoi mi avvolga e che mi conceda una tregua.

Non so a che punto precisamente la mia mente si sia svegliata dal torpore lasciando il mio copro ancora privo di sensi. Rammento il tintinnio dell'ascensore e delle voci, forse una risata ma non riesco a ricordare, c'era un'aria felice e credo del calore anche se io ero comparsa di brividi di freddo. Poi ad un certo punto è cessato tutto e li ho pensato di essermelo immaginato, di star ancora sognando. Poi però le voci si sono trasformate in urla e non sembravano avere più un'area felice ma qualcos'altro, terrore. Non c'erano molte persone, credo che c'è ne fossero solo due o tre, ma non potevo scommetterci su, i miei occhi non volevano collaborare e al buoi era difficile da stabilire. Il contatto di un'altra pelle sulla mia però ha risvegliato il mio corpo, non so perché, forse per via di una forma di autodifesa ma indistintamente ho cercato di sottrarmi al tocco anche se immobilizzata.

"Alex?Alex?" Delle mani si chiusero sul mio viso sollevandolo, e quando aprii gli occhi non c'era più il buio oppure il sorriso di Mason ma bensì Blake, la sua bocca si muoveva ma non ci prestai molta attenzione, qualcuno stava muovendo le catene e faceva dannatamente male.

"Fermo, basta" passarono alcuni secondi prima che le catene smettessero di sfregare conto la pelle e rilascia un gemito di sollievo.

"Piccola devi guardarmi, ci sei?" Adesso davanti a me c'era Shaw, i suoi capelli biondi gli ricadevano da tutte le parti dandogli l'aria di un surfista californiano appena uscito dal letto. Quando questo torpore sarà passato lo rapisco e lo obbligo a insegnarmi a surfare, dicono che sia magnifico.

"Stanno per salire Shaw che facciamo?" Blake si passava le mani nei capelli e mi guardava terrorizzato, avrei tanto voluto muovermi e abbracciarlo ma il solo pensiero mi faceva gemere di dolore.

"Chiama Carter avvertilo di quello che sta succedendo, poi chiama il medico e qualcuno che rompa queste catene." Blake annuisce e ritorna al telefono mentre Shaw incomincia ad analizzare ogni mia ferita.

"Ti fa male da qualche parte ?" Volevo davvero ridere a quella domanda ma non lo feci anche perché muovermi sembrava un'impresa impossibile ma di colpo mi ricordai delle pallina nera e fui sollevata di non averla più in bocca, a quanto pare me l'avevano tolta e non me ne ero nemmeno accorta.

"Acqua" l'acqua era un pensiero paradisiaco, come un bel caffè con una fetta di torta affianco ma credo che per quelli avrei dovuto aspettare ancora un pò.

Lui annuisce e scompare per poi ricomparire con una bottiglietta d'acqua. Le mie mani sono bloccate cosi lui è costretto ad aiutarmi a ingoiarla ma non mi importa molto quando finalmente il deserto che ho in bocca inizia a scomparire.

Vedo Shaw allontanare la bottiglietta e versarsi un po acqua sulle mani, vorrei urlargli di smettere di sprecare quella delizia ma poi avvicina le mani alla mia faccia bagnandomi la pelle. Questa è una sensazione davvero paradisiaca. Mi osserva attentamente e colgo la rabbia nel suo sguardo, il suo ginocchio  che trema segno che si sta trattenendo e i suoi muscoli sono in tensione.

È infuriato.

"Va meglio?" Faccio cenno di si, l'acqua mi ha aiutato a riprendermi dalla sensazione di torpore e immediatamente ricordo tutto, Antony, le catene il video, le sua mani dentro di me tutto e mi blocco. Sia Shaw che Blake se ne accorgono e anche loro smettono di muoversi.

Even in the dark there can be lightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora