A volte non hai il tempo di accorgertene, le cose capitano in pochi secondi. Tutto cambia. Sei vivo. Sei morto. E il mondo va avanti. Siamo sottili come carta.
(Charles Bukowski)Quel giorno non fu come gli altri, avevo ripreso da poco la scuola, per tutti era tornato tutto alla normalità.
Facevano finta di niente, finta di non sapere che il mio migliore amico se ne fosse andato, finta di non vedere quanto io stessi male, finta di starmi vicino.
Non facevano mai davvero qualcosa per farmi stare bene, fingevano solo che tutto questo non fosse mai accaduto.
Invece di guardare in faccia la realtà, perché sì, il mio migliore amico se n'era andato, aveva deciso di spegnersi per sempre, aveva deciso di lasciarmi qui completante da sola circondata dal buio profondo.
Quel giorno ho capito davvero di essere arrivata al limite, ero diventata inerme a tutto, non sentivo più niente, neanche quel dolore che in ogni singolo secondo mi lacerava il petto, come se le emozioni si fossero anestetizzare.
Quel giorno fui la delusione più grande che avessi mai causato a mia madre e a me stessa.
Non dimenticherò mai lo sguardo di mia madre che ho ancora impresso nella mente, quello sguardo distrutto nel vedere la propria figlia autodistruggersi giorno per giorno, quel giorno fu l'ultima goccia che fece traboccare il vaso.
Capii di essere caduta davvero in basso, di essere sola, nel mio buio, quel buio che mi risucchiava sempre di più, fino a non farmi più vedere un minimo spiraglio di luce. Quel giorno segnò tutto.
Nel momento in cui mi chiusi in bagno come ogni giorno, in seguito a quella notizia, dopo essere tornata a casa, dopo aver tolto quella maschera che avevo ormai da un mese.
Quella maschera che era diventata così tanto spessa da non far più vedere nemmeno quegli occhi pieni di lacrime, quel magone che trattenevo, quelle lacrime solitarie che scendevano copiose quando non riuscivo più a sostenere il dolore, quelle lacrime che mi avevano distrutta lentamente, logorandomi dentro.
Mi chiusi in bagno e mi accasciai a terra, vicino al lavandino, mi ripetei come sempre la stessa frase "April respira e vai avanti" ma non servì a niente perché in quel momento riprovai tutto il dolore che avevo cercato di reprimere.
Era diventato troppo pesante da sopportare, talmente tanto da non riuscire più a respirare, a non riuscire più a pensare in maniera razionale.
Avevo solo bisogno di lui.
Avevo bisogno di Ethan ma non sarebbe arrivato, non sarebbe più tornato.
In quel momento ero così tentata di schiacciare la chiamata rapida sul cellulare perché avevo inserito solo lui nell'elenco, sapevo che sarebbe arrivato subito, sarebbe riuscito a calmarmi ma io in quel momento ero consapevole anche che non sarebbe arrivato, perché mi aveva lasciata, se n'era andato.
Volevo solo svegliarmi da questo incubo, risentire le sue braccia avvolgermi, il suo profumo e la sua risata.
Ma non ci riuscivo perché questo non era un incubo, era la vita reale.
La stessa vita che aveva scelto di ridurmi in cenere il cuore, in un corpo senza più emozioni, solamente, con quel dolore infinito che un giorno mi avrebbe visto crollare.
Quel giorno era arrivato.
Presi dal cassetto sotto al lavandino una lametta, l'avvicinai al polso destro, mi tremava la mano, non me ne stavo pentendo, avevo solo paura di lasciarmi andare da sola.
Avevo la paura costante di star facendo la cosa sbagliata, di far provare a mia madre quello che stavo provando io a causa della perdita di Ethan.
Ma questo dolore era diventato insostenibile, ero arrivata all'apice, mi avrebbero perdonato, ci speravo, ci speravo con tutta me stessa, ma ormai, non sarebbe cambiato niente, con o senza di me, non sarebbe cambiato, perché ero già morta dentro nel momento in cui avevo ricevuto quella telefonata.
Impugnai bene la lametta, in quel momento sentii la porta del bagno aprirsi e vidi mia madre sull'uscio.
Spostò subito gli occhi sulla mia mano, vidi quello sguardo deluso, sconvolto, distrutto ed era solo colpa mia, ma lei non capiva come mi sentivo, non avrebbe mai capito.
Rimase a guardarmi per minuti che sembrarono ore, mi analizzò tutta, dalla postura, come se non mi importasse più niente ed era esattamente così.
Passò al mio viso rigato di lacrime, ai miei occhi ormai spenti senza più quella luce che li illuminava.
Non era più quell'azzurro oceano, era diventato scuro come il mare in tempesta, arrivò al mio corpo ormai troppo magro per la mia altezza ma lo spegnimento della tua anima ti porta al costante pensiero di volerla finire, volevo solo che questo dolore scomparisse.
Quelle poche volte che mangiavo erano ormai diventate rare, mi guardò come non mi aveva mai guardata prima, capii anche lei che ero arrivata letteralmente al limite.
Si accasciò affianco a me, mi tolse la lametta dalla mano destra e la lanciò in un punto indefinito del bagno, stringendomi forte a se.
Mi accarezzò i capelli, piangendo e sussurrandomi «andrà tutto bene» ma io lo sapevo, dentro di me ne ero consapevole già da un pezzo che niente sarebbe andato bene.
SPAZIO OMBRE🌘
Ehilà, spero che il capitolo vi sia piaciuto, ho cercato di descrivere al meglio questa situazione molto delicata, se non fosse stato così chiedo scusa. A presto❤️Instagram: @brutallysilent_
-𝓒𝓱𝓲𝓪🥀
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Lost Souls
ChickLit(COMPLETA) IN REVISIONE Vi siete mai chiesti cosa accade quando l'anima di una persona si sgretola fino a diventare solo polvere? April lo sa bene, distrutta dalla perdita del suo migliore amico, il suo dolore sfocia in un gesto estremo che viene f...