Il suono dell'ombra

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"Ci sono ombre e oscurità in questo mondo, ma la luce le eclissa"
(Charles Dickens)

RYAN'S POV

«Ciao April miss guance rosse» me ne vado dopo averle detto questa semplice frase che sicurante le ha fatto capire che io in realtà osservo tutto.

Nel momento in cui le passo affianco sento di nuovo il suo dolcissimo profumo di vaniglia e rosa, starei ore affianco a lei solo per sentire il suo profumo che mi calma, come se fosse una droga solo che questo non ha effetti collaterali.

O almeno lo spero.

Mentre vago per i corridoi in cerca della lezione di scienze mi torna in mente il momento del nostro incontro.

Ci siamo scontrati nel corridoio e io con la mia solita simpatia le ho detto di stare attenta.

Non ha fatto caso a quello che le ho detto, l'ho presa per un polso girandola verso di me pretendendo delle scuse.

Vedevo solo il suo petto alzarsi e abbassarsi in maniera irregolare, mi sono preoccupato.

Ancora di più quando mi è crollata davanti, grazie a dio ho i riflessi pronti e sono riuscita a prenderla al volo, in quel momento, in quel millesimo di secondo i nostri occhi si sono incrociati.

Anche i suoi occhi sono azzurri ma diversi dai miei, i suoi sono di un azzurro vivo come il cielo in una giornata estiva, come il mare limpido senza nemmeno un onda, un azzurro che si avvicinava al blu della notte, però i suoi occhi in quel momento erano spenti, vuoti proprio come la notte, con un particolare.

I suoi erano velati da una linea sottile che io vidi bene, era terrore, il terrore di non riuscire a controllare le emozioni, la mente e io questa sensazione la conosco fin troppo bene.

Stava avendo un attacco di panico e ancora una volta io sapevo di cosa stesse provando dentro di se.

Le ho preso il viso tra le mani e di nuovo mi sono perso in quelle pozze celesti.

Sono riuscito a calmarla, ricordo bene quando ci siamo resi conto entrambi di avere ancora le mani intrecciate.

Ho lasciato la presa di scatto, spaventato della sensazione che mi ha provocato.

Quando un ora fa l'ho vista con la coda dell'occhio vicino alla porta dell'aula, ho avuto per un momento l'intenzione di alzarmi e urlarle in faccia di andare via.

Magari ferendola con le mie parole, un po' come facevo sempre con tutti, allontano le persone da me per paura di rovinarli, di romperli, perché una persona come me non potrà mai essere aggiustata.

Ma sono rimasto in silenzio, di spalle, continuando a suonare, ma osservandola tutto il tempo di nascosto un po' come fanno i codardi perché in fondo lo sono pure io.

Sono un codardo, allontano tutti solo per pura paura perché sì ho paura che possano diventare come me.

Dover convivere con la propria mente incasinata, con le emozioni perennemente in subbuglio, con la mancanza di affetto, senza saper cosa voglia significare la parola amore.

Ma quando mi sono deciso a fermarmi e girarmi verso di lei, l'ho vista lì con quello sguardo di ammirazione e mi sono preso qualche minuto per osservala.

Non so come ci sono riuscito, ma le ho detto di sedersi affianco a me, ricordo che mi ha chiesto di continuare a suonare e così ho fatto.

Non so perché.

Quando sono arrivato qui suonavo sempre di nascosto mai nessuno mi aveva più sentito suonare.

Magari sentivano le melodie che venivano dall'aula ma mai nessuno fino ad ora aveva avuto il coraggio di entrare.

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