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PRESLEY'S POV

Rientrai in casa, infreddolita, dove la palpabile assenza di Jay faceva il suo ma in compenso ero fiera del lavoro che avevo fatto terminando di riporre tutto in ordine nella speranza che non dovessimo più cambiare casa o città. «Dai, sarà solo pochi giorni...» mormorai dandomi forza e coraggio, anche se bastava a poco dato che era l'unico amico che avevo. L'unica persona con cui almeno potevo ridere e chiacchierare. Colui che in qualche modo, volente o nolente, aveva preso a tutti gli effetti il posto di Harry.
Strizzai gli occhi e sospirai sonoramente provando a scacciare quest'ultimo dalla mia testa anche se l'idea di saperlo così vicino a me e non poterlo vedere o sentire mi opprimeva. Mi mancava da morire ; mi mancava tutto di lui. I suoi caldi abbracci, le sue carezze, il suo respiro quando batteva dietro il mio collo mentre si addormentava stretto a me, il nostro capirci con uno sguardo, quando mi prendeva in giro e scoppiava a ridere mostrandomi le sue fossette mentre i suoi occhi verdi si rimpicciolivano ed il naso gli si arricciava donandogli un'espressione pura come quella di un bambino.

Jayden, mi faceva sempre il gioco dei sessanta secondi. Glielo faceva sempre sua madre. Sorrisi quando mi venne in mente la prima volta.

"Sessanta secondi."

"Che significa?" Chiesi.

"Se ti restassero solamente sessanta secondi di vita, che cosa cambieresti?"

Restai zitta. Non perché non avessi nulla da dire, ma avevo così tanti rimpianti nella vita che mi avrebbe sicuramente presa per pazza. Una volta gli chiesi che cosa avrebbe cambiato lui e rispose con un semplice ; niente. Niente, perché era contento di ciò che era la sua vita e delle scelte che aveva fatto.
Io, invece, non sapevo se ero o meno felice delle mie.

Estremamente malinconica, afferrai il giubbotto e le chiavi della macchina prima di correre velocemente verso la porta.  Avevo voglia di vederlo, anche solo da lontano, e nulla mi avrebbe fermato, o così pensai dato che non appena abbassai la maniglia mi imbattei in niente meno che Lena. L'unica persona che non mi sarei mai aspettata di trovare lì.

«Ciao.» Disse senza alcuna espressione dipinta in volto mentre non risposi, chiedendomi come diavolo avesse fatto a trovarmi. Merda, Dalton!
«Quando Dalton mi ha detto che vivevi qui...» mormorò «..in realtà, lì!» Indicò una lontana palazzina giù in fondo al viale mentre seguii il suo dito per poi riportare i miei occhi nel verde oliva dei suoi. «E dato che so bene quanto è invadente capisco anche perché tu gli abbia mentito ma-....»

«Che cosa vuoi?» Tagliai corto vedendola corrugare la fronte non aspettandosi affatto i miei modi o l'andare diritta al punto, però ne avevo le palle piene di lei. «Io vi ho lasciati in pace, no?»

Mi fissò a lungo, come se volesse portare le sue mani sul mio collo e stringere mentre percepii nell'aria l'odio logorante che nutriva nei miei riguardi e che ormai non nascondeva più. Non sapevo neppure perché fosse lì o che cosa volesse da me.

«È vero.» Rispose quando trascinai la porta alle mie spalle affinché la chiudessi, terminando lì la nostra discussione mentre si guardò attorno con un fare sospettoso a cui non badai molto sul momento. Eppure, Jayden mi aveva addestrata a riconoscere gli stati d'animo della gente. Dove guardavano quando parlavano, come muovevano le mani o quante volte sbattevano le palpebre e deglutivano.

«Bene, se non ti spiace, io avrei da fare.»

«Aspetta!»
Posò il palmo della sua mano sulla porta, impedendomi di compiere il gesto. «Sono qui in veste di amica perché ho bisogno di parlare con te.» Esclamò convincendomi usando la tecnica delle lacrime agli occhi, ma mai e poi mai avrei immaginato ciò che sarebbe accaduto pochi istanti dopo. «Mi rendo conto che abbiamo iniziato con il piede sbagliato...» aggiunse quando le feci spazio per entrare mentre titubante posai il giubbotto e le chiavi dell'auto per poi raggiungerla «...ma tra poco saremo tutti quanti una famiglia...» si toccò la pancia spiattellandomelo in faccia «....e voglio che mio figlio conosca sua...» tentennò, ed il suo sorriso lasciò spazio ad un'espressione piena di risentimento che mi fece accapponare la pelle «.....zia!»

Agrodolce - vol.3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora