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PRESLEY'S POV

Camminai in tondo affine di setacciare doverosamente il perimetro dell'abitazione, molto simile al loft che aveva a Long Island anche se un po' più piccolo, e dopo aver scoperto in quale angolo si trovavano le videocamere di sorveglianza, scavalcai il piccolo muro e mi gettai in giardino tentando di fare il minimo rumore. La casa era silenziosa il che mi fece anche supporre che l'informazione che mi diede il signor Perks non potesse non essere del tutto esatta, ma non lasciai perdere e mi avvicinai comunque ad una vetrata scorrevole sul retro, speranzosa che fosse aperta anche perché conoscendolo non le chiudeva mai.

Bingo. La spinsi con destrezza e senza il minimo rumore quel poco che bastò, affinché entrassi dentro o corressi via nel caso l'antifurto sarebbe scattato. Mi intrufolai in un'enorme sala dove nella penombra notai una libreria, un divano ad angolo, un tavolo da biliardo ed un mini bar pieno zeppo di bottiglie quasi tutte incominciate ....eppure, non vidi nulla che potesse confermarmi che si trattasse di casa sua. Nessuna foto, capo d'abbigliamento, oggetto ...non percepii nemmeno il suo profumo in giro. Niente! Rassegnata, prima di andare ad esplorare il resto dell'abitazione, qualcosa catturò i miei occhi... qualcosa che mai mi sarei aspettata nella vita. Mi avvicinai immediatamente all'oggetto, pensando si trattasse di un sogno, ed invece era lì in prima fila esposto su un mobile quasi come fosse un'opera d'arte dal valore immenso. Lo toccai, lo sfogliai e lo strinsi al petto per poi annusarlo sperando di sentire l'odore delle sue mani imprigionato tra quelle pagine sgualcite che parve avesse sfogliato milioni di volte. Poi, sorrisi ma non durò molto, dato che quando girai il libro notai qualcosa che inizialmente mi spiazzò un po'.

«Presley ....» deglutii leggendo il cognome «....Styles.»

Ma perché aveva scelto proprio quel cognome?
Harry aveva pubblicato il mio libro di poesie, o si era almeno degnato di stamparne una copia per rendere omaggio alla mia passione dato che non ne avessi mai avuto il modo. Rilessi con nostalgia le parole scritte per lui, trovando anche un appunto in fondo all'ultima pagina mentre il mio cuore cedette.

"All'amore più spettacolare della mia esistenza. All'unico amore della mia vita..."

Quella era opera sua. Scritta o aggiunta in seguito con la sua calligrafia che tanto amavo. Che sciocca!
Non mi resi conto che stessi versando cascate di lacrime colme di nostalgia finché il rumore dello schiudersi di una porta mi sorprese, mandandomi letteralmente in tilt.

«Vieni bello!» Udii la voce bassa ed ovattata di qualcuno provenire dall'altra parte dell'abitazione mentre rimisi tutto in ordine finché qualcosa, un pelosetto per essere più chiari, spalancò la porta facendomi pietrificare.

Peppermint?

«Non abbaiare!» Lo minacciai sussurrando mentre la luce proveniente dal corridoio mi accecò quando socchiusi la porta delicatamente. Non c'era nessuno nei paraggi, tranne il cane che scodinzolò e mi fece le feste seguendomi un po' ovunque, ma non appena tentai di andare via, quel mostriciattolo incominciò ad abbaiare probabilmente dopo aver riconosciuto il mio odore nonostante fosse trascorso così tanto tempo. «Shh, Pepper...no! No!....Vai via, Pepper!» Ordinai quando si sollevò su due zampe, appoggiando quelle anteriori sul mio petto.

«Pepper!» Sentii un fischio poi il rumore dei croccantini che, lui, versò nella ciotola dell'animale. «Vieni, bello....dove sei?»

«Vai! Vai!» Dissi tentando di spingerlo via anche se non ne volle sapere.

«Pepper?»

Improvvisamente spalancò la porta di legno mentre mi nascosi dietro essa, felice che il cane obbedì finalmente ai suoi richiami e corse a mangiare, anche se non potei tirare il sospiro di sollievo perché lui non si mosse di un centimetro. Probabilmente si fermò a guardare la vetrata scorrevole semi aperta e la tendina bianca che svolazzava un po' ovunque per colpa del vento. Merda! Non potei far altro che afferrare la pistola, seppur con la sicura e reggerla in mano dato che fossi certa di fosse accorto che qualcosa non quadrasse. Varcò lentamente la soglia percorrendo un paio di passi nella penombra, con solo la schiena illuminata dalla luce proveniente dal corridoio mentre sbirciai quel che potei con lo sguardo colmo di lacrime. Il suo abbigliamento era sportivo, sinonimo che fosse appena rientrato da una lunga corsa, quelle che adorava fare quando voleva schiarirsi la mente. Sembrò perfino più alto e grosso di ciò che ricordavo, per il resto, era sempre rimasto lo stesso. Avanzò verso la vetrata e prima ancora che potesse voltarsi a vedermi, mi feci coraggio ed a malincuore gli puntai l'arma, dispiaciuta per il colpo che gli avrei fatto prendere.
Non potevo fare altrimenti... anzi potevo, dato che avrei potuto non intrufolarmi a casa sua ed aspettare fuori, ma si sa, ero sempre stata una combina guai seriale. Premetti la canna tra le sue spalle incitandolo a sollevare le braccia in aria.

Agrodolce - vol.3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora