Leon tese il collo facendo scricchiolare le ossa. Fissò dall'altro del suo trono, annoiato, il tesoriere di corte. La corona dorata brillò sotto il sole mattutino. Stufo delle inutili chiacchiere dell'uomo, si alzò in piedi.
-Basta così, mi hai annoiato abbastanza.- disse freddamente facendo con una mano il gesto di andarsene. Il poveretto annuì veloce per poi uscire in fretta dalla scena.
Il Re percorse la lunga navata a testa alta. Due guardie gli aprirono le porte a testa bassa. Uscì abbozzando un sorriso, deturpato dalla grossa cicatrice che gli sfregiava il viso, partendo dall'occhio estendendosi lungo tutta la guancia.
Camminò per i lunghi corridoi del suo palazzo, al suo passaggio la gente indietreggiava abbassando la testa, completamente sottomessa al suo volere. Adorava vedere le persone terrorizzate da lui, gli provocava un piacere immenso. Amava quella sensazione di potere, più ne otteneva e più ne voleva. Era completamente dipendente da essa e da tutto ciò che ne comportava.
Dopo aver passato ore ad ascoltare quel noioso del tesoriere, aveva bisogno di distendere i muscoli e rilassarsi. Era davvero così pesante, ogni volta che quell'ometto apriva la bocca gli faceva venire sonno. Non lo aveva ancora ucciso, solo perché era dannatamente bravo nel suo lavoro.
Svoltò un angolo, imboccando un corridoio e poi ancora e ancora. Fino a quando non si ritrovò nelle prigioni del suo palazzo. L'odore di muffa e di altri odori gli fece storcere il naso. Delle guardie lo salutarono inchinandosi al suo passaggio. Li ignorò proseguendo a testa alta, passando davanti alle celle ospitanti uomini malconci e malnutriti. Camminò fino alla cella in fondo al corridoio. Arrivò davanti alla porta di ferro e con un cenno del capo ordino ai suoi uomini di aprire la porta.
La prima cosa che lo colpì fu il forte odore di chiuso mischiato a urina e sangue. Avanzò fissando disgustato l'uomo incatenato alla sedia posta al centro. Le fiaccole appese alle pareti di terra illuminavano la scena allungando le loro ombre. Il prigioniero aprì l'occhio sano stancamente, intuendo già cosa stava per accadergli. Si mosse agitato tentando di liberarsi dalla catena inutilmente, che tintinnarono rumorosamente.
-Ti ho già detto tutto quello che so..- piagnucolò stremato dalle numerose torture che gli aveva inflitto nelle ultime settimane.
Il Re gli regalò un sorriso sadico deturpato dalla ferita. Con estrema lentezza si levò il mantello e la corona. Li appoggiò su una sedia vicino alla porta d'ingresso.
-Oh, questo lo so bene.- gli rispose iniziando ad arrotolarsi le maniche scrutandolo con fare predatorio.
Il prigioniero singhiozzò. -Non so nulla, ti supplico.- tentò disperato stringendo i pugni incatenati.
Ignorando le suppliche, Leon si voltò verso un tavolo di legno vicino alle sedia. Accarezzò gli arnesi di tortura, con estrema delicatezza, quasi fossero una delle sue amanti.
-Uccellin che vien dal mare, quante penne puoi portare, puoi portarne ventitrè..- iniziò a canticchiare la filastrocca passando un dito su ogni aggetto. -Uno. Due. Tre.- concluse su un seghetto. Era il suo preferito. Si leccò le labbra, voltandosi verso il malcapitato mostrandolo con un sorriso malvagio.
-Non so nulla. Ti prego. Non ho idea di dove sia fuggita assieme a pagani.- urlò piangendo l'uomo terrorizzato dalla tortura che presto gli sarebbe stato inflitta.
-Lo so, tranquillo.- gli si avvicinò dicendoglielo con voce gentile. Il prigioniero singhiozzò tremando, quando il seghetto gli accarezzò una guancia minacciosamente. -Ma devi sapere che mi sto annoiando.- concluse con fare fintamente dispiaciuto. La sua espressione mutò di scatto, assumendone una sadica e malvagia.
L'urlo dell'uomo rimbombò tra i lunghi corridoi facendo rabbrividire le guardie e i prigionieri, che in silenzio dovettero udire quell'agonia per lunghe ore. Nonostante questi momenti accadessero abbastanza di frequente, nessuno di loro si era mai abituato al suo sadismo e follia.
Passò molto tempo prima che uscisse dalla cella. Alcuna macchie di sangue, non suo gli imbrattavano gli abiti, ma non se ne curò, con un braccio reggeva il mantello e la corona, evitando che si macchiassero del liquido scarlatto. Finalmente rilassato, sorrise alle due guardie.
-Gettatelo nella fossa comune.- gli ordinò proseguendo per la sua strada. I due uomini annuirono gettandosi un rapida occhiata intimorita.
Anche quel giorno, il Re aveva mietuto una delle sue vittime.
Salì i piani dirigendosi nel suo appartamento reale. Prima di entrare fermò una serva.
-Preparatemi un bagno.- ordinò, per poi entrare subito nella stanza, ignorando completamente la giovane donna. Che annuì terrorizzata dall'idea che lui potesse punirla da un momento all'altro. Le era successo già una volta e non aveva la minima intenzione di ripetere l'esperienza.
Re Leon, si immerse nell'acqua calda. Da un vassoio vicino alla vasca, si versò del vino rosso sangue. Ne bevve un sorso, socchiudendo gli occhi. Il caldo tempore gli rilassò i muscoli. Sospiro. Quel momento durò meno del previsto, poiché il suo cervello iniziò a perdersi tra i suoi pensieri. Si passò una mano sul viso. Appena le due dita sfiorarono la brutta cicatrice che gli deturpava il viso, fece una smorfia avvertendo la rabbia ribollirgli nelle vene. Subito, gli venne in mente quella stupida serva che gliela aveva procura.
Oh, come avrebbe voluto averla tra le sue mani e fargliela pagare a quella lurida puttana.
Strinse il bicchiere in una mano con forza. A causa sua, il suo viso era rimasto sfregiato in modo permanente. La cosa che lo faceva infuriare di più, era che gli era sfuggita assieme a quei viscidi pagani. Disgustato, ripensò al loro capo. Quel Baldr. Lo odiava, quasi quanto a quella serva.
Sarebbe addirittura sceso a patti con il diavolo, pur di averli tra le sue mani e torturali.
Sorseggiò il suo vino. Prima o poi, si sarebbe vendicato per ciò che avevano osato fare. Era certo che prima o poi, si sarebbero rincontrati. E quel giorno, giurò su Dio, che nessuno l'avrebbe fermato nella sua vendetta. Assetato di sangue, non vedeva l'ora di mettere le mani su quegli idioti e mettere fine alle loro misere vite.
Ma fino ad allora, si sarebbe occupato di intimorire i Regni circostanti. Nessuno uomo, sarebbe riuscito strappargli la corona.
Si alzò in piedi, uscendo dalla vasca. A piedi nudi, si legò un asciugamano alla vita. Chiamò la serva di prima, che lo raggiunse a passo affrettato a testa bassa. Leon si leccò le labbra, avvertendo la paura scorrergli nelle venne. Deliziato dalle reazioni di terrore che era riuscito con un solo sguardo a suscitare, finalmente parlò.
-Avvisate, la mia adorata mogliettina, che questa sera ceneremo assieme.-
Ecco uno dei capitoli (a mio parere) dei più attesi!
Leon è più sadico e assetato di vendetta rispetto a quando lo avevamo lasciato.
Un salutooo
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Il canto del Corvo
Historical FictionTalia è la serva di Elizabeth, figlia del Lord Robert. Orfana dall'età di tredici anni, presto ha dovuto imparare a cavarsela da sola. Forte e determinata, con il desiderio di trovare la sua indipendenza. Presto si scontrerà con la rigida mentalità...