7.QUESTIONI

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MARTINA POV.

Io:"Sto attraversando Times Square adesso." Spostai il telefono da una mano all'altra cercando di camminare attraverso l'ammasso di gente sul marciapiede.
Mercedes:"Okay, io sono dal parrucchiere. Prima stavo pensando che mi andrebbe di fare una manicure. Che ne dici di andarci insieme questa settimana? E magari ci facciamo pure la pedicure." Disse. Potevo sentire nel sottofondo rumori di phone e spazzole.
Io:"Va bene. Così ti stai facendo i colpi di sole?" Domandai aggronttando la fronte. Mercedes non aveva mai fatto niente ai suoi capelli, ce li aveva avuti sempre biondi e liscissimi. E lei li adorava.
Mercedes:"Si, volevo un po' di cambiamento. Sai, mi ero stufata. E comunque mi sono fatta fare anche un nuovo taglio!" Potevo immaginarmela mentre sorrideva specchiandosi in uno specchio. O in un vetro. O in qualsiasi cosa dove poteva vedere il proprio riflesso.
Io:"Non vedo l'ora di vederti, ragazza!" Feci una finta voce esaltata. Non ero molto emozionata al fatto che si stesse facendo i capelli più chiari, beh come minimo speravo che non si facesse bionda del tutto. Come me.
Rise. "Dove stai andando?"
Io:"A casa. Devo vedere mia mamma di nuovo, ultimamente sta lavorando come una pazza per la nuova collezione e voglio aiutarla." Mi fermai un attimo nel notare un cumulo di gente messa in cerchio intorno a qualcosa nel bel mezzo della strada. "Ti chiamo dopo Mechi. Ciao."
Non lei diedi tempo di rispondere che attaccai, la curiosità ebbe la meglio e mi infilai in mezzo alle persone per vedere cosa stessero guardando. Cercai di vedere qualcosa attraverso i buchi tra le teste della gente, ma ero troppo bassa e non vedevo niente. Poi mi concentrai meglio e sentii una voce venire dal centro del cumulo.
"You mean to me what I mean to you and together baby, there is nothing we won't do."
Riconobbi la canzone, With you di Chris Brown.. Il ragazzo cantava molto bene, prendeva tutte le note alte e basse e accompagnava la sua voce melodica con solo una chitarra. Sembrava una voce familiare, ma non riuscivo a riconoscerla del tutto.
Due signori uscirono dall'accumulo, così mi infilai velocemente e dopo un paio di 'scusatemi' mi ritrovai in prima fila. La mia bocca per poco non cadde aterra nel vedere il ragazzo. Nonostante stesse guardando giù verso la chitarra, probabilmente imbarazzato da tutta la gente che lo fissava, riuscii a riconoscere a chi appartenessero quei capelli biondi. Questa volta non ce li aveva tirati in su come al solito, ma erano lasciati giù disordinatamente sulla fronte.
"Oh girl! I don't want nobody else. Without you there's no one left then, you're like Jordans on Saturday. I gotta have you and I cannot wait now. Hey, little shawty, say you care for me. You know I care for you. You know...that I'll be true. You know that I won't lie. You know that I will try, to be your everything."
Ascoltai la sua bellissima voce e rimasi estasiata dal fatto che riuscisse a cantare così bene. Ai suoi piedi c'era la custodia della chitarra, e a giudicare da tutte le monete e le banconote dentro, si poteva dire che stesse facendo un buon lavoro.
"With you, with you, with you, with you, with you, girl. With you, with you, with you, with you, with you."
Finì la canzone passando le dita per l'ultima volta sulle corde della chitarra. E tutti cominciarono a fargli complimenti e ad applaudire. Qualcuno gli lasciò qualche soldo in più e lui ricambiò ringraziando con grandi sorrisi.
Quando ormai la gente se ne stava andando mi avvicinai a lui, facendo cadere qualche moneta nella custodia. Alzò lo sguardo mormorando un gentile 'grazie', ma quando mi vide cambiò totalmente espressione.
"Martina?" Domandò quasi in shock, prendendo tutti soldi e infilandoli in una busta.
Annuii e sorrisi.
Io:"Hai una bellissima voce, Jorge." Mi complimentai portando un ciuffo biondo dietro l'orecchio.
Jorge:"Grazie." Ricambiò il sorriso. Che carino.
Si abbassò per prendere la chitarra e la mise dentro la custodia, poi la sistemò sulla sua spalla. Il silenzio venne interrotto dal rumore di un lampo e tutti e due guardammo in su. Grandi nuvole grigie stavano ricoprendo il cielo di New York.
Io:"Sembra che stia per piovere.." Dissi a disagio. Solitamente non mi sentivo mai così con Jorge, perché lui aveva sempre la battuta pronta e non faceva quasi mai cadere questi silenzi strani. Ma oggi sembrava diverso, come se si sentisse imbarazzato dal fatto che lo avessi visto cantare. Io non ci vedevo niente di strano, ma boh.. i ragazzi sono strani.
Jorge:"Già.." Rispose semplicemente, dando conferma al mio sospetto sul fatto che si sentisse a disagio.
Sentii una goccia cadermi sulla mano, seguita da tante altre. A New York erano frequenti le tempeste, nonostante io non le amassi molto.
Io:"Ti va di andare al Macdonalds finchè non smette di piovere?" -Domandai, notando che c'era proprio uno li vicino.
Jorge:"Uhm, ok." Disse incerto sul perché lo stessi invitando. Onestamente non lo sapevo nemmeno io, ma era come se volessi conoscerlo meglio.
Arrivammo al bar con tutti i vestiti fradici, e in quel momento mi maledii per non aver dato retta a Rugge e non aver preso l'ombrello. Casa mia era li vicina a 15 minuti, ma non avevo voglia di andare a prenderne uno per poi tornare indietro.
Io:"Cosa vuoi prendere?" Gli chiesi, appoggiandoci al bancone. Abbassai lo sguardo frugando dentro la borsa in cerca del portafoglio, quando non rispose alzai lo sguardo.
Jorge:"Sinceramente.. Non sono mai stato qui e non so cosa ordinare." Si passò la mano dietro al collo e guardò in giù pensando che mi mettessi a ridere di lui. Certo, è strano che non sia mai stato da Macdonalds -prendendo in considerazione che ce n'è uno ad ogni angolo della città- ma non è che mi sarei messa a ridere di lui per questo.
Io:"Allora.. ti piace il caffè?" Gli lanciai un sorriso rassicurante.
Jorge:"Si."
Io:"Okay allora." Quando arrivò il nostro turno di ordinare chiesi due caffè freddi.
Xx:"Sono $ 4.50." Disse la cassiera educatamente.
Le stavo per dare una banconota da $10, ma Jorge mi fermò. "Pago io."
Aw, che gentiluomo. Disse la voce dentro la mia testa.
Io:"No Jorge. Ti ho invitato io e pago io."
Sospirò. Oggi sembrava così innocente e anche troppo tenero per uno che "è tutto tranne che tenero" come aveva detto lui la seconda volta che ci eravamo visti.
Jorge:"Va bene. Ma ti devo un caffè." Mi fece l'occhiolino tornando il solito se stesso. Okay, dimenticate il fatto del tenero e innocente.
Io:"Ti prendo in parola." Cercai di imitare il suo occhiolino, ma finii col chiudere entrambi gli occhi.
Jorge:"Non sai fare gli occhiolini?" Scosse la testa, come se saper fare un occhiolino fosse l'abilità più importante nel mondo.
Io:"Beh mi sembra ovvio che non ci riesco." Sbuffai e lui si mise a ridere, riusciva sempre a trovare una via per prendersi gioco di me.
Jorge:"Ti insegno io."- Disse con voce professionale che mi fece ridere. Portò due dita sul mio occhio sinistro, tenedolo aperto. Mentre con l'altra mano cercava di chiudermi l'altro occhio. Seguii le sue istruzioni sul come 'fare l'occhiolino' ma finii con ghignare tutti e due gli occhi anche sotto la sua presa. Cominciammo a ridere tutti e due, guadagnandoci occhiate dalla gente intorno a noi.
xX:"Due caffè freddi?"
Io:"Grazie." Mormorai prendendo le bibite.
Girammo intorno per trovare due posti, ma come sempre era pieno di gente.
Io: "Uffa, tutte le poltrone sono occupate." Sbuffai, tutti i posti comodi erano presi. Quindi ci sarebbe toccato sederci su qualche sedia scomoda.
Jorge:"Che bambina."dacchiò vicino a me.
Io:"Disse quello maturo." Gli feci la linguaccia.
Dopo aver aspettato un po' trovammo posto vicino alla vetrata in un angolo, due sedie e un tavolino. Ci sistemammo. Posai i drink sul tavolo, mentre Jorge appoggiava la chitarra vicino alla sedia. Le strade di fianco a noi erano stranamente vuote. Forse per la pioggia, ma non pioveva più forte come prima. Piovigginava e qualche goccia cadeva sul vetro vicino a noi.
Jorge:"Ha un buon sapore." Disse distraendomi dai miei pensieri. Prese un altro sorso dalla cannuccia verde.
Io:"Sono contenta che ti piaccia." Sorrisi. "Ma com'è che non sei mai venuto al Mac?"
Jorge:"Non ce ne sono nel Bronx." Mi spiegò facendo spallucce.
Due ragazze al tavolo di fianco al nostro si voltarono di scatto, guardando Jorge spaventate e commentando tra di loro quello che avevano sentito.
Jorge:"Cosa c'è vi piace origliare le conversazioni altrui?"
Scossero subito la testa spaventate dalla domanda di Jorge e cercarono di non guardarci più. Lui fece un ghigno soddisfatto.
Io:"Poverine." Commentai ridacchiando.
Jorge:"Odio le ficcanaso."
Mi prese un po' male il tono serio della sua voce e se ne accorse perché la sua espressione si ammorbì subito. Il suo occhio nero dell'altra volta ormai si vedeva pochissimo. Ma allo stesso tempo quel tocco di viola sul viso gli dava l'aura del tipico bad boy -che era veramente con o senza livido in faccia- e lo faceva sembrare un po' sexy. Okay, non un po', sexy e basta.
Jorge:"Scusa." Disse accorgendosi del mio sguardo abbassato. Annuii facendogli capire che tutto era apposto. "Quindi dove eravamo rimasti?"
Io:"Al fatto che stai amando il caffè che ho scelto apposta per te." Risposi tutta fiera.
Si mise a ridere.
Jorge:"Oh si, è davvero buono." Prese un sorso nello stesso momento in cui ne bevetti un po' anche io. "Sei un'ottima sceglitrice di caffè, sempre che quella parola esista."
Io:"Non credo, ma grazie."
Per un attimo il silenzio aleggiò nell'aria. Ma avevo troppe domande da fare a Justin, quindi lo interruppi.
Io:"Allora.. ti va di giocare al gioco delle 20 domande?" Era la perfetta scusa per chiedergli tutto quello che mi passava per la testa. Si, se non lo avete capito sono una ragazza molto curiosa.
Jorge"Okay." Rispose fissandomi negli occhi.
Io:"Okay, comincio io." Appoggiai i gomiti sul tavolo e pensai per un attimo guardandomi intorno. "Mm, okay, perché canti nelle strade?"
Jorge:"Semplice.Devo guadagnare soldi, non ho un lavoro permanente, e quindi faccio qualsiasi cosa possibile per ottenere soldi per la mia famiglia." Ero pronta a fargli una domanda quando mi interruppe. "Tocca a me."
Vero che questo gioco funziona così, io faccio domande, lui risponde e viceversa. Chissà cosa mi chiederà.
Jorge:"Hai un lavoro?"
Io:"No. Cioè con la scuola, l'andare a prendere Tommy e aiutare mia mamma non ne ho proprio il tempo." Onestamente sono pigra, farei qualsiasi cosa purchè i miei non mi mandino a lavorare.
Jorge:"E tua mamma che lavoro fa?" Mi domandò. Sembrava una persona curiosa anche lui.
Io:"E' il mio turno." Dissi in perfetto accento inglese.
Jorge:"Poi puoi farmene due di seguito." Cercò di imitare anche lui l'accento britannico, fallendo miseramente.
Scoppiai a ridere. "Jorge il tuo accento inglese è orribile!"
Mi fece la linguaccia prendendo il suo caffè per poi guardarmi negli occhi.
Io:"Chi è il bambino adesso?"
Mi sorrise. "Dai, rispondi."
Io:"Mia mamma è una stilista." Risposi passandomi una mano tra i capelli.
Jorge:"Wow, non ne sono sopreso. Ti vesti sempre così..." Si fermò un attimo, probabilmente per cercare una parola adatta senza offendermi. Mi squadrò, guardando per bene i miei vestiti.
Io:"Così..?"
Jorge:"Non lo so, così Manhattam girl."
Io:"Forse perché sono di Manhattam." Ridacchiai. "Ma grazie per avermi detto che non ti piace come mi vesto." Guardai fuori dalla finestra. Adesso pioveva poco.
Jorge:"Non ho detto questo." Lo guardai male. "Va bene scusa, non sono male i tuoi vestiti forse sono un po' troppo da principessina ma sono ok." Gesticolò con le mani facendomi ridere.
Io:"Pensavo che mi chiamassi Principessa appunto per questo." Dissi alzando un sopracciglio.
Jorge:"Ovvio anche, sembri uscita da un film della Disney." Indicò la mia camicetta rosa.
Io:"Ehi, io amo le principesse della Disney!" Risposi facendo la finta offesa, portandomi le braccia davanti al petto. "Comunque non te l'ho detto, ma adesso tocca a me." Lo fissai per un attimo, era strano che stessi avendo una conversazione seria, o beh più o meno, con lui.
Jorge:"Okay, spara."
Io:"Vai a scuola?"
Jorge"No." Aspettai un attimo per fargli capire che volessi che continuasse a parlare. "Ho finito le superiori l'anno scorso e non ho intenzione di andare al college. Odio studiare e comunque non ho i soldi per permettermi l'università."
Io:"Quanti anni hai?" Avrebbe potuto averne tranquillamente 20 dal suo modo comportarsi, ma qualcosa mi faceva pensare che fosse più piccolo.
Jorge:"22." Rispose senza guardarmi. Quindi più o meno non ci ho azzeccato.
Io:"Che figata. Non vedo l'ora di aver 18 anni anche io." Mi portai le mani alla testa, immaginandomi libera ai 18 anni. Maggiorenne. Ma purtroppo mancava ancora un bel po'.
Improvvisamente riportò lo sguardo su di me. "Aspetta, perché tu quanti anni hai?" Aggrottò le sopracciglia confuso.
Mi imbarazzava ammettere che avevo ancora 17 anni. Sembravo una bambina vicino a lui. "17. 18 a Marzo." Si, almeno il mio compleanno era vicino.
Jorge:"Aw, sei una bambina!" Mi prese in giro.
Alzai il braccio e gli tirai un pugno sulla gamba. "Non sono una bambina. Infatti pensavi che fossi più grande, eh?" Gli feci l'occhiolino.
Si massaggiò il punto dove lo avevo colpito, anche se non gli avevo fatto niente. Jorge:"Facciamo che verrò alla tua festa se non ci sarà Mozart come sottofondo." Ignorò completamente la mia domanda, ma il riferimento a Mozart mi fece ridere.
Io:"Ma chi ti ha detto che sei invitato."
Jorge:"Piccola, un party non è un party senza di me." Adesso sono la sua Piccola? Però devo ammettere che i suoi soprannomi per me mi fanno sciogliere.
Girai gli occhi. A questo punto ormai non stavamo rispettando più i turni per fare le domande, vabè.
Jorge:"A che scuola vai?" Domandò finendo il suo caffè e lasciando il bicchiere vuoto sul tavolo. Notai che la cannuccia era mordicchiata. Lo facevo anche io da piccola e mia mamma mi sgridava. Non c'entra niente, lo so.
Realizzai che mi aveva appena fatto una domanda e stava aspettando per la mia risposta.
Io:"On Beat high school, la conosci?"
Jorge:"No. Ma già dal nome suona snob e privata." Borbottò acidamente e un pochino mi offese, perché non sono stata io a scegliere a che scuola andare e comunque non è brutta, mi piace, assomiglia alla scuola dove vanno i ragazzi di Gossip Girl, non so se avete presente.
Io:"Sei una di quelle persone che giudicano il libro dalla copertina?"
Jorge:"Se lo fossi, non sarei qui." Rispose quasi annoiato dal fatto che avessi pensato questo di lui.
Io:"Si, suppongo.." Per rallegrare la conversazione aggiunsi "Quindi non sono così male?"
Jorge:"No.. Si sei snob,principessa e tutto però sei accettabile." Fece spallucce trattenendo un sorriso.
Io:"Ehm, grazie?"-non capivo se fosse un insulto o un complimento -.-
Jorge:"I tuoi genitori ti obbligano ad andare a prendere Tommy?"
Io:"No, amo farlo!" Risposi siceramente. Amo il mio fratellino.
Jorge:"Ah, pensavo che venissi per vedere me." Mi fece l'occhiolino facendomi girare gli occhi.
Io:"Certo, perché tu sei il centro dell'universo Jorge." Mi lanciò un sorrisone facendo mi ricambiare il sorriso. "Smettila."
Jorge:"Che cosa?" Domandò confuso ancora ridacchiando.
Io:"Di ridacchiare così. Sembri un pazzo."
Jorge:"Lo so che ami il mio sorriso." Mi lanciò uno dei suoi sguardi. Ah, questo ragazzo.
Parlammo di altro, ci scambiammo qualche domanda a caso. Gli chiesi che altri lavori facesse ma non mi rispose. Disse che era meglio se non me lo dicesse insistetti un po', ma mi fermai subito appena mi guardò con uno sguardo minaccioso. Ecco che la parte 'cattiva' di Jorge riemergeva.
Guardai verso la porta e vidi un viso familiare entrare dentro al bar.
Io:"Merda." Mormorai.
Jorge mi guardò di soppiatto mentre mi sentiva sbuffare e parlare da sola.
Io:"Okay, fai finta che sei mio cugino del Messico, va bene?" Dissi velocemente sperando che mi reggesse il gioco.
Jorge:"Cosa?" aveva un espressione totalmente confusa ma non ebbi tempo di spiegargli niente perché Nate si avvicinò al nostro tavolo.
Diego:"Tinita, che ci fai qui?" Mi chiese guardando strano Jorge.
Io:"Sono venuta a prendere un drink con mio cugino Jorge, viene Messico ed è da tanto che non lo vedo, vero Yoyi?" Mentii facendo un sorriso per rendere più credibile la cosa.
Jorge:"Si.." Disse lui senza suonare troppo convincente.
Diego:"Non sapevo avessi cugini." Aggiunse tutto stranito. "Vabè piacere di conoscerti Jorge." Si presentò porgendogli la mano.
Jorge ricambiò il saluto. Diego mi guardò ancora un po' confuso e si abbassò per darmi un bacio. Disse che doveva andarsene perché Mercedes lo stava aspettando fuori. Si, Mercedes. Ormai il mio quasi ragazzo passa più tempo con lei che con me. Così lo salutai e se ne andò via.
Jorge:"Okay, cos'era tutta questa messa in scena?" Oh Jorge..

B.R.O.N.X.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora