42.BACIO ALL'OREO

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Martina Pov.
Due ore e mezza più tardi ritornammo a casa. I miei piedi imploravano pietà per via dei tacchi, ma quello era l'ultimo dei miei problemi. Sentivo la testa martellare e non perché avessi bevuto dell'alcool. Infatti, dovetti addossare la colpa del mio mal di testa alla noia. Non avevo richiamato Jorge, il mio cervello stava ancora cercando di rielaborare tutto ciò che aveva detto Diego, ma fallì miseramente.
Perché avevo impiegato così tanto tempo prima di permettergli di spiegare? Perché non l'avevo ascoltato prima?
Avrei dovuto prendere in considerazione che fosse tutto colpa di Natasha e che Diego non era altro che la vittima - insieme a me ovviamente, se non di più. Lei l'aveva baciato ed io credevo che lui avesse ricambiato il bacio, ma, evidentemente, non era andata così.
Avevo pianificato diverse volte di scusarmi, ma non avevo mai trovato il coraggio di farlo. Cos'avrei dovuto dire? "Hey, mi dispiace per averti schiaffeggiato, umiliato ed insultato per un mese intero, possiamo tornare ad essere amici
Dopotutto, dubitavo che volesse restare mio amico, dato che, apparentemente, gli piacevo ancora. Quella era la parte peggiore.
Il mio stomaco non era al massimo della sua forma - e questa volta per davvero - colpa di tutti quei pasticcini, del thé e del rimorso di coscienza. Da aggiungere alla miriade di problemi, Stephie aveva fatto la sua ricomparsa, cercando di fregarmi il ragazzo. Sapevo che non sarebbe successo, ma una parte di me era spaventata di ciò di cui poteva essere capace.
Avrei preferito non pensarci troppo.
Dopo tutto, ero riuscita a resistere a quella festa senza addormentarmi appoggiata ad un muro, il che era già qualcosa, visto che sono riuscita riuscita a parlare solo con alcuni miei compagni. Avevo evitato Francisco ogniqualvolta posava lo sguardo su di me, ma non aveva colto il messaggio.
Mi ero rifiutata di parlargli. Non riuscivo nemmeno a capire come pensava potessi sentirmi dopo aver detto ai miei genitori che avevo saltato un giorno di scuola e soprattutto quanto fosse fastidioso e noioso senza una ragione - almeno per me.
Ero fortunata perché ora lui era fuori con alcuni amici, per cui il ritorno in macchina fu più piacevole. Non avevo partecipato alla conversazione, ma il resto della famiglia sembrava aver passato una buona giornata.
Ruggero arrossiva ogniqualvolta sentiva il nome di una certa Chloe e, quel pomeriggio, l'avevo beccato un paio di volte a parlare con una ragazza dai capelli rossi.
"Ruggero ha una cotta." Lo schernii, facendogli roteare gli occhi e tutti scoppiammo a ridere.
Una volta che fummo a casa, e dopo essermi messa il pigiama, decisi di parlare con i miei genitori. Avverti una stretta allo stomaco man mano che pensavo a come porgli quella domanda. Avrei dovuto arrivare dritta al punto, senza girarci attorno e mettere troppi dettagli.
Qualcosa del tipo "mamma, papà, voglio farvi conoscere il mio ragazzo." Devo mantenere la calma. "Che, tra l'altro, tu conosci già mamma, ma ti ho mentito dicendo che era solo un amico di Lodo." Forse dovrei omettere quello. Probabilmente nemmeno se lo ricorda.
Entrai in soggiorno, cercando di mantenere una posizione eretta e la testa alta, evitando di mostrare la mia codardia. Invece, sembravo un'idiota.
Perché, più cerchiamo di rimanere calmi, più sembriamo in prossimità di avere un attacco di cuore?
Tutta la mia famiglia era riunita davanti alla televisione, intenta a guardare un film, fino a che il mio arrivo non li interruppe. Tutti gli sguardi si posarono su di me, confusi, persino Tommy mi guardò. Feci un cenno discreto con la mano a Ruggero, intimandogli di lasciare la stanza.
Colse la mia richiesta, dedicandomi un sorriso incoraggiante, sapendo cosa stavo per fare, e prendendo Tommy in braccio, sussurandogli qualcosa in merito ad un nuovo videogioco.

Mi schiarii la voce, guardando mia madre, "Mamma," e poi mio padre, "Papà. Vorrei parlarvi di una cosa." Si scambiarono uno sguardo stranito e mia madre spense la televisione con il telecomando. "Okay." Annuì, continuando a guardarmi.
Mio padre sembrava ancor più confuso, dato che non discutevamo mai di qualcosa di serio, tanto da costringerli ad interrompere cosa stessero facendo. Beh, in realtà non era mai successo.
Anche loro sembravano nervosi. Strofinai i palmi delle mani sul maglione, asciugando così il sudore che si era formato su di essi. E quello non era nemmeno il vero "incontro." Mi sedetti sulla poltrona di fronte a loro, poggiandole mani sulle ginocchia e conficcando le unghie nella pelle, così fui costretta ad aprir bocca.
Sembrava decisamente più facile rispetto a quando provavo nella mia camera.
"È tutto okay, dolcezza?" domandò mia madre, sollevando entrambe le sopracciglia.
"Sì." Trasalii. Pizzicai con troppa forza la pelle. "Volevo solo dirvi una cosa." Ma non dissi cosa.
"Di cosa si tratta?" chiese mio padre, probabilmente pensando che ci fosse qualcosa di strano in me. Solitamente parlavo più fluentemente.
"Si tratta del mio... ragazzo." Le parole fuoriuscirono lentamente dalle mie labbra e balbettai. Non ebbi il coraggio di guardarli mentre parlavo, mantenni lo sguardo abbassato sul pavimento. Mia madre biascicò un 'oh' appena accennato, mentre mio padre rimase in silenzio.
"So che non vi va molto a genio, ma voglio farvi capire che non è così cattivo come credete. E anche lui vuole conoscervi. Davvero." Aggiunsi. Le loro espressioni mutarono, ma era difficile stabilire cosa intendessero. Esitazione? Negazione? Disagio? Nostra figlia fa pensieri strani?
Mio padre si schiarì la voce, socchiudendo le labbra per la prima volta. "Perché vuole conoscerci?

B.R.O.N.X.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora