Martina Pov.
Mi svegliai con macchie bianche davanti ai miei occhi. Non sapevo nemmeno se fossi sdraiata o in piedi perché sentivo il mio corpo come se stesse galleggiando su del cloroformio. Mi scoppiava la testa e la mia bocca era alquanto asciutta, ma lentamente sbattei le palpebre, fino a che la nebbiolina davanti ai miei occhi scomparve. Vidi ombre blu e rosse, come luci lampeggiante e sentii qualcosa di morbido sulla mia schiena. Realizzai di essere seduta e il movimento che il mio corpo seguiva mi fece capire che dovevo trovarmi in una macchina.
"Credo che stia riprendendo conoscenza," disse una voce. Conoscenza? Per quanto tempo ero svenuta?
Mi sforzai di muovermi e realizzai di essere in un'auto. Un'auto della polizia. Mio padre guidava questa volta, mormorando cose incomprensibili nella radio. Lo stesso uomo dai capelli rossi teneva in mano una pistola, con uno sguardo preoccupato sul viso.
"Martina," mi chiamò la stessa voce di prima. "Martina, stai bene?"
Guardai gli occhi di Xabiani. Era seduto al mio fianco e realizzai che la mia testa era posata sulla sua spalla.
"Credo di sì," mormorai.
Lasciò uscire un sospiro di sollievo. "Stiamo andando all'ospedale. Arriveremo a minuti."
All'improvviso il suono delle sirene mi riempì le orecchie, riportandomi alla realtà.
Sirene. Polizia. Paramedici. Sangue. Molto sangue.
"Jorge," dissi e la preoccupazione nella mia voce sorprese persino me stessa. Negli ultimi giorni ero stata così intenta a ricacciare i pensieri che lo riguardavano nella parte più profonda della mia mente che mi ero quasi dimenticata di quanto tenessi ancora a lui.
Mio padre smise di parlare, incrociando il mio sguardo nello specchietto retrovisore. "È in buone mani, tesoro. Faranno tutto il possibile."
Perché non sembrava affatto rassicurante? Lo sapevo il perché. Avevo visto la scena, le immagini erano in ripetizione nella mia mente mentre percorrevamo le strade del Bronx. Tutto quel sangue... sapevo che era stato quello a farmi svenire. Perché l'unica altra volta che sono stata davvero male è stato in prima liceo quando stavo facendo gli esami del sangue e l'infermiera fece cadere alcune fialette. Il sangue si sparse ovunque e svenni.
"Capisci che dobbiamo portarti alla centrale per un interrogatorio, vero?" mio padre si rivolse a Xabiani. Lui deglutì e annuì. Strinsi la sua mano. Sapevo che mio padre ci sarebbe andato piano con Xabiani sapendo che era mio amico e che al momento, stava peggio di me.
Arrivammo allo Jacobi Medical Center verso mezzanotte. Persi la cognizione del tempo quindi non avevo idea di quanto tempo fosse passato da quanto avevo visto Jorge venire portato via in ambulanza. Non appena parcheggiammo davanti all'entrata del pronto soccorso, uscii di corsa dall'auto, diretta verso l'edificio, sentendo così dolore al petto che mi spaventai.
Sentivo Xabiani dietro di me. Arrivai al bancone giusto quando il telefono squillò. Lanciai un'occhiataccia di fuoco all'infermiera, come a sfidarla a rispondere prima al telefono invece che dare retta a me. Aggrottò le sopracciglia, ma non ebbe tempo di mandarmi via prima che le domandai dove fosse Jorge.
"Lei non capisce," dissi quando si rifiutò di dirmi qualsiasi cosa. "Quel ragazzo è l'amore della mia vita e abbiamo avuto un'intensa discussione prima di quest'incidente e probabilmente sta morendo pensando che lo detesti. Devo vederlo adesso."
Parlai probabilmente a volume abbastanza sostenuto perché alcune persone si voltarono fissandomi, pensando che fossi una pazza e avevano abbastanza problemi senza che mi ci mettessi anche io con la mia ansia. Xabiani stava fulminando tutti con lo sguardo, ma io rivolsi uno sguardo disperato all'infermiera dietro il bancone. Il telefono non aveva smesso un attimo di suonare e mi stavo trattenendo dal staccarlo di netto dalla presa.
"La prego, mi dica solo se sta bene o a chi posso chiedere di lui. Ho bisogno di vederlo."
La donna si morse il labbro e fissò prima me, poi Xabiani e poi di nuovo me.
"Per favore," supplicammo sia io che Xabiani.
"Come hai detto che si chiama?"
Venne fuori che la donna aveva visto Jorge entrare con una barella ed essere portato in una stanza sulla destra. Non sapeva nulla sul suo stato attuale, ma ci diede il nome del chirurgo dal quale era stato mandato. Dr. Holloway. Xabiani ed io corremmo tra le doppie porte che chiudevano la stanza, solo per essere fermati da qualcuno.
Un attraente uomo con la divisa da infermiere ci disse che non potevamo entrare. I suoi vestiti erano macchiati dal sangue e aveva occhi verdi che contrastavano con la sua carnagione piuttosto scura. Assomigliava a quel medico di Grey's Anatomy. Credo che il suo nome fosse Avery.
"Capisco che tu voglia vedere il tuo ragazzo, ma non posso farti entrare. Devi lasciare che i dottori facciano il loro lavoro," disse, senza muoversi dalle porte. Non lo corressi quando chiamò Jorge "il mio ragazzo".
"Ma tu eri sull'ambulanza con lui, non è vero?" feci cenno verso i suoi vestiti. Non poteva mentire.
"Le sue condizioni sono critiche," disse alla fine. Mi portai una mano sulla bocca. Non mi piaceva per niente. "C'è una emorragia interna e probabilmente qualche costola rotta."
Sobbalzai. Quel "probabilmente"suonava come un "sicuramente".
"Ma niente che non si possa guarire, vero? Starà bene?" domandò Xabiani, abbracciandomi al suo fianco. A questo punto non sapevo chi stesse reggendo chi.
Il paramedico sospirò, togliendosi i guanti che stava indossando, prima di gettarli nel bidone lì vicino. Gocce di sangue caddero al suolo e dovetti trattenere il fiato per qualche secondo. Sembrava non voler parlare con noi. Forse non poteva. Controllò che il corridoio fosse vuoto, poi continuò, "Una delle costole... una di quelle rosse ha perforato il suo polmone sinistro, causando uno pneumotorace."
Nuove lacrime riempirono i miei occhi. Frequentavo il corso avanzato di biologia e sapevo cosa significava e lo sguardo del medico mi fece capire che non avrebbe dovuto darci quell'informazione. Sapevo che il significato di pneumotorace era il collasso del polmone ed era tanto brutto quanto sembrava.
"Ascolta," posò le sue mani sulle mie spalle, costringendomi a guardarlo negli occhi. Stavo cercando di trattenere le lacrime, ma come al solito, non funzionava. Stavano scendendo lungo le guance troppo velocemente perché potessi asciugarle. "Il Dr. Holloway è stato assegnato come suo medico. Ti posso assicurare che, in questi casi, non c'è medico migliore. Farà l'impossibile per aiutare il tuo amico." Il suo sguardo si spostò su Xabiani.
Ammiravo come stesse reagendo a tutto questo, specialmente dopo le parole del paramedico. E se stesse mentendo? E se questo Dr. Holloway fosse negligente? O avesse a malapena passato i suoi esami? O se fosse il suo primo intervento?
"Non potrete vederlo se non tra alcune ore," aggiunse il paramedico. "Ti suggerisco di portare del thé alla tua amica. Sarà una lunga notte." i suoi occhi verdi tornarono su di me, come se avesse paura che anche io potessi sentirmi male. Anche io avevo paura. Non avevo mai avuto così paura in tutta la mia vita, e il pensiero che forse non avrei più rivisto Jorge sembrò quasi come una costola conficcata dritta nel mio cuore.
Xabiani mi fece sedere su una scomodissima sedia in sala d'attesa, mentre lui andò a prendere del caffè per lui e del thé per me. Durante la sua assenza strinsi le braccia attorno al mio stomaco. Mio padre era chissà dove e mi stavo sentendo male. Le parole del paramedico continuavano a rimbombare nella mia testa, fino a che non arrivai in bagno svuotando il contenuto del mio stomaco nel gabinetto. Mi sentivo leggermente meglio ora che sapevo che non avrei potuto vomitare altro.
Passarono ore prima che qualcuno entrò in quella dannata stanza per darci delle informazioni. Ore spese a squadrare quella piccola stanza, commentando gli orribili poster attaccati alle pareti verdi e a chiedere informazioni al bancone delle infermiere. Ovviamente non ce n'erano e dopo la quarta volta, la donna dietro di esso ci minacciò di cacciarci se avessimo continuato a chiedere. Probabilmente era solo preoccupata per noi. Non riuscivo ad immaginare qualcuno lavorare lì e non preoccuparsi per i problemi delle altre persone. Sembrava deprimente, ad essere onesti.
Lodovica arrivò immediatamente dopo che Xabiani la chiamò e anche lei mi abbracciò mentre entrambe piangevamo. Cercò di rassicurarmi sul fatto che Jorge era forte e che sarebbe stato bene, ma come avrebbe potuto saperlo? Quanto forte puoi essere quando combatti per sopravvivere?
Pattie, Candelaria e Daniel arrivarono subito dopo Xabiani e me. L'uomo dai capelli rossi, il cui nome ricordai essere Will Williams - genitori originali - li aveva chiamati non appena arrivammo all'ospedale. Era stata la prima cosa decente che aveva fatto nelle ultime ore e lo sapevo di essere stata cattiva perché ero agitata. Lo eravamo tutti.
Daniel si era addormentato sulle gambe di Pattie. Cande rifiutava di parlare con chiunque, rifugiandosi in un angolino. Sapevo che l'aveva fatto per evitare che qualcuno di noi la vedesse piangere. Notai Pattie pregare, ma immediatamente strinse Daniel a sé. Dio solo sa quali pensieri le stessero attraversando la mente, dopo che la morte di suo marito era ancora così presente nei suoi pensieri.
Xabiani, come mio padre aveva detto, era stato portato in una stanza dell'ospedale per essere interrogato. Mi aveva lanciato uno sguardo preoccupato prima di entrare, ma dopo aver sentito io stessa la storia, gli dissi di non preoccuparsi. Dopo tutto, era stata colpa di Peter. Di nuovo. Ero stata contenta di sentire che era stato trasferito in un altro ospedale perché avevo come la sensazione che non ne sarebbe uscito vivo questa volta. Almeno era ferito, visto che non aveva allacciato la cintura di sicurezza.
Anche la sua preziosa macchina rossa fiammante era in mille pezzi. Per un momento, avevo quasi desiderato che morisse. Mi stupii di essere stata tanto crudele - desiderare la morte di qualcuno era davvero orribile - ma non il mio cuore. Il mio cuore era in quella stanza, dietro l'angolo, battendo all'impazzata pensando alla figura addormentata di Jorge.
Lasciate che vi dica una cosa: i racconti romantici mentono quando dicono che si riesce a sentire quando alla tua anima gemella succede qualcosa di davvero brutto. Le uniche cose che potevo sentire erano paura e speranza. Ma mentre io cenavo allegramente con la mia famiglia, Jorge stava rischiando la sua vita e niente al mondo l'avrebbe mai cambiato.
La quiete all'interno della stanza venne interrotta dall'aprirsi delle porte. Tutte le teste si voltarono verso le porte di vetro, dove una ragazza stava entrando con gambe tremanti. Mi ci vollero alcuni secondi per riconoscerla e se non l'avessi vista cambiare io stessa negli ultimi mesi, non mi sarei nemmeno alzata per andare da lei. L'avrei cacciata semplicemente fuori.
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B.R.O.N.X.
FanfictionTralasciando il fatto che tutti e due vivono a New York, Jorge e Martina non hanno niente in comune. Mentre Jorge fa l'impossibile per sopravvivere, Martina ha qualsiasi cosa ogni ragazza possa volere .O per lo meno lei pensa di avere tutto. Cosa s...