34.SOFT

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Martina Pov.
Avviai il motore con forza. Nel momento in cui il rombo di esso diede segni di vita, mi asciugai velocemente quelle lacrime che mi annebbiavano la vista, lasciandole scorrere sulle gote. Presi un respiro profondo e, cercando di calmarmi, lasciai il garage per immettermi nelle strade trafficate di New York. Avevo versato fin troppe lacrime che nessuno meritava e tirai su con il naso un'ultima volta, ponendo fine a quel pianto. Non riuscivo a credere di essere scappata dai miei genitori.
Preferii non pensare alle conseguenze delle mie azioni. Sentirmi abbattuta per il resto della mia vita era l'ultima delle mie preoccupazioni al momento. Tornando a casa, mi ero fregata da sola, ma prima o poi avrei dovuto tornarci. Ed ero davvero preoccupata in quel momento.
Tutta via, c'era qualcosa che mi tormentava. I miei genitori mi avevano detto di averlo scoperto grazie a Francisco, ma come accidenti faceva lui a saperlo? Avrei dovuto chiamarlo per scoprirlo, approfittai del semaforo rosso per recuperare il telefono e digitare il suo numero.
Attivai l'altoparlante, rimanendo in attesa che mio fratello rispondesse.
Io:"Andiamo." Mormorai impaziente, mentre picchiettavo le dita sul volante. Quando finalmente rispose, dal suo tono di voce sembrava spiazzato.
"Sorellina?"
Io:"Non chiamarmi sorellina, Francisco." Sbottai, premendo il piede sul pedale una volta che il semaforo divenne verde. "Come accidenti l'hai scoperto?"
"Di che cosa stai parlando,Martina?" se non lo conoscessi, avrei davvero creduto che fosse ignaro di tutto ciò.
Io:"Non fare il finto tonto con me. Chi ti ha detto che ho saltato scuola oggi e perché lo hai detto a mamma e papà?" gridai. Sebbene stessi respirando profondamente per cercare di restare calma, la stupidità di Francisco non mi aiutava per niente e avevo paura d'investire qualcuno.

"Dovrei essere io a chiederti per quale assurda ragione lo hai fatto, lo sai?" il suo tono di voce divenne più duro, quasi come se si fosse già stancato di quella conversazione.
Io:"Quello che è successo non ti riguarda. È la mia vita."ribattei, sentivo di aver perso la pazienza di nuovo. Ne parlava come se non avesse mai saltato una sola lezione. Che ipocrita.
Mi fermai ad un altro semaforo rosso, sbattendo ripetutamente il piede sul tappetino della macchina. Ryan sbuffò sonoramente. "Quello che succede m'importa eccome, dato che so la ragione per cui lo hai fatto."
Io:"Davvero? Illuminami allora." Sogghignai, sebbene non potesse vedermi.
"Hmm, fammi pensare, forse quel ragazzo di nome Blanco?" rimarcò, ringhiando.
Io:"Ci risiamo." Sospirai e, irritata da tutto quell'odio verso Jorge, strinsi le labbra in una linea dura.
"Credevi che non l'avrei scoperto,Martina? So che state insieme." Il suo tono di voce divenne più marcato.
Io:"No, merda. E chi te l'ha detto?" emisi un sospiro di sollievo quando avvistai le strade famigliari del Bronx. Sapevo dove volevo andare nell'esatto istante in cui varcai la porta di casa mia.
"Non ha importanza." Mormorò.
Io:"Oh, importa a me, per cui dimmelo." Aumentai il mio tono di voce di un ottavo, totalmente infastidita.
"Bene, vuoi saperlo?" mi sfidò,
Io:"Ovvio."
"Me l'ha detto Mercedes! Sei felice ora?" sbottò, dandomi quella notizia. Perché la cosa non mi sorprendeva? Avrei dovuto saperlo sin dall'inizio.
Io:"State tornando ad essere amici ora, o...?" sbuffai, svoltando a sinistra.
"È un problema per te?" domandò, imitando il mio stesso tono di prima.
Io;"Considerando che è una troia traditrice che un tempo era la mia migliore amica, beh, credo sia inevitabile che m'importi." Risposi, stringendo maggiormente la presa attorno al volante, tanto che le nocche delle mani divennero bianche.
"Come vuoi, Martina." Sibilò Francisco. "Tu non hai idea di quanto sia frustrante vedere che disobbedisci ed ignori i miei consigli." Potei quasi vederlo mentre scuoteva il capo, deluso, ma tutto ciò mi fece ridere.
Io:"Scusami, ma non mi hai mai dato un motivo valido per restar lontana da Jorge." Puntualizzai.
"Sono tuo fratello maggiore, dovrebbe essere sufficiente." Ribatté.
Io:"I fratelli maggiori, di solito, sono protettivi e danno supporto, non si comportano in subdolo con le loro sorele!" dissi, ponendo nel mio tono di voce un pizzico di rabbia.
"Un giorno realizzerai che lo sto facendo per te e desidererai avermi ascoltato prima." Disse sinceramente.
Io:"Non riuscirai mai a darmi una ragione per farlo." Mormorai, avvertendo una leggera tristezza crescere dentro di me.
"Perché pensi che Jorge non ti abbia detto nulla? Non vuole fartelo sapere perché non staresti più con lui."
Tutto ciò era così frustrante, pensai,mentre parcheggiavo la macchina vicino alla casa di Jorge.
Io:"Smettila, Francisco. Sono... sono solo stanca di come ti stai comportando. Io amo Jorge, okay?" gridai, mentre le lacrime iniziarono ad offuscarmila vista. Era la prima volta che lo ammettevo a qualcun altro oltre a me.
"Merda, Martina, non piangere." il suo tono di voce si era addolcito. "Non ne vale la pena, sto solo cercando di essere un buon fratello e di proteggerti. Anche se non sono molto più grande di te."
Io:"Non stai facendo un buon lavoro." Sussurrai più a me che a lui. "E lui non è poi così tanto più grande di me, solo di un paio d'anni. Tu avevi tre anni in più di Mercedes quando stavate insieme."
Sì, è successo, sfortunatamente. "Il tuo ragionamento non ha senso. Non fare l'ipocrita."
"Scommetto che vuole solo portarti a letto." Sbuffò e la dolcezza abbandonò il suo tono di voce mentre pronunciava quella frase.
Io:"Sembra quasi che tu stia descrivendo te stesso." Ridacchia nervosamente. Avevo come fratello un puttaniere, non poteva permettersi di dire che Jorge voleva solo sesso da me. "Devo andare,Francisco. Ciao." Senza dargli il tempo di ribattere, chiusi la chiamata ed appoggiai il capo al sedile, prendendomi qualche istante per ricompormi prima di lasciare l'auto.
Non appena mi fui calmata e smisi di piangere, mi guardai nello specchieto retrovisore. I miei occhi erano leggermente gonfi, per fortuna, avevo usato un mascara resistente all'acqua quella mattina, così evitai di sembrare un panda.
Una volta uscita dall'auto, la chiusi a chiave ed iniziai a camminare verso il palazzo in cui abitava Jorge. Avrei dovuto chiamarlo e dirgli che stavo arrivando, ma non ne avevo avuto il tempo. Proprio mentre stavo per percorrere il marciapiede alla mia destra, scorsi un volto familiare. Assottigliai lo sguardo a due fessure quando mi avvicinai e realizzai che quella era Candelaria. Non appena mi vide, aggrottò la fronte e venne verso di me.
Candelaria:"Martina, che cosa ci fai qui?" quando vide la mia faccia, notai la preoccupazione farsi spazio sul suo volto. "Cos'è successo?"
"Sono appena scappata dai miei genitori." Mi grattai l'interno del polso, abbassando lo sguardo. Sembravo uno di quei marmocchi piagnucolosi.
Candelaria:"Sei seria?" mi lanciò un'occhiata da non me la bevo.
"Sai dov'è tuo fratello?" le domandai, avevo bisogno di vedere Jorge. Avevo bisogno di sentirmi dire che tutto sarebbe andato bene.
Candelaria:"Al momento è dall'altro lato del parco con i suoi amici, a giocare a basket o cose così." Mi sorrise dolcemente quando avvertì il mio senso di sconforto. "Posso farti vedere dov'è, se vuoi."
"Per favore." Annuii, seguendola ed ingnorando gli sguardi curiosi delle ragazze che erano con lei.
Cande mi strinse il braccio nel tentativo di tirarmi su di morale. Dopotutto, sembrava essere cresciuta quanto me, se non addirittura di più, dal primo giorno che la incontrai.
Candelaria:"Hai reso Jorge così... frustrato." Commentò, facendomi ridere. "Non l'ho mai visto così, persino mia madre sta impazzendo. Non che ci stiamo lamentando però, nonostante tutto, credo sia meglio così." Mi sorrise, attraversando uno spiazzo di sabbia che ci avrebbe portato al campo da basket. Credevo che fossero gli stessi ragazzi che avevo visto durante quell'amichevole appuntamento con Jorge dello scorso ottobre.
Io:"Grazie,Candelaria. Mi piace vederlo felice." Le sorrisi di rimando, lusingata dai suoi commenti. Ci fermammo quando riuscii a vedere Xabiani palleggiare, pronto per tirare, mentre Facundo cercava di bloccarlo. Jorge si stava scolando una bottiglietta d'acqua, coperto a malapena da un paio di pantaloncini da basket neri e una canttiera bianca.
La sua tolleranza per il freddo, nel bel mezzo del mese di dicembre, mi spaventava.
Abbozzando un sorriso verso di me, Cande mi abbracciò velocemente, prima d'incamminarsi assieme alle sue amiche. "Ci si vede." Mi salutò, allontanandosi.
Non appena Jorge posò al suolo la bottiglia, i nostri sguardi s'incrociarono,le sue labbra si dischiusero e sbatté un paio di volte le palpebre, sentendosi sicuramente confuso.
Mi avvicinai a lui, infilandomi le mani nella tasca della giacca e guardandolo, mentre mi mordevo nervosamente il labbro.
"Martina?"
Io:"Hey."
"È bello che tu sia davvero qui; credevo di aver avuto un'allucinazione."aggrottò teneramente la fronte, facendomi ridacchiare.
Io:"No, sono davvero qui." Ondeggiai avanti e indietro sulla punta degli stivaletti, evitando lo sguardo di Jorge.
"Non che non sia felice di vederti, ma cosa fai qui, piccola?" la sua mano si posò sulla mia spalla, come a volermi rassicurare. Esitai alcuni istanti prima di sollevare il capo ed incrociare i suoi occhi.
Erano così incredibilmente belli sotto alla luce del primo pomeriggio, tanto che per un momento mi esternai dalla realtà.
"Piccola." Scosse leggermente la mia spalla, richiamando la mia attenzione.
Io:"Hmm?" mormorai.
"Cos'è successo?"
Io:"Oh, i miei genitori hanno scoperto che non sono andata a scuola." Risposi indifferente.
"Cosa? Ma, come? Nessuno ci ha visti." Jorge scosse il capo, incredulo.
Io:"Apparentemente, Mercedes lo ha fatto e lo ha detto a mio fratello, che di conseguenza lo ha detto ai miei genitori." Spiegai, sbuffando al pensiero di aver conosciuto certa gente nell'arco della mia vita. Con persone come quelle, chi aveva bisogno di nemici?
"Senza offesa, ma tuo fratello è un coglione." Jorge si morse il labbro, senza preoccuparsi di sentirsi in colpa per aver detto quelle parole.
Io:"Nessun offesa, gliel'ho detto anche io al telefono." Mi strinsi nelle spalle. In quel momento, Jorge avrebbe potuto dire ciò che voleva riguardo a mio fratello ed io non avrei obiettato.
Tuttavia, se fosse stato il contrario... beh, era ovvio che non fosse la stessa cosa, bastava notare la conversazione che avevamo avuto poco fa al telefono.
"E i tuoi genitori non ti hanno fermato?" l'espressione di Jorge mutò, diventando totalmente sorpreso.
Io:"Non gli ho dato il tempo per farlo." Mordicchiai il labbro inferiore con i denti. Ero insicura e nervosa riguardo alla reazione che avrebbe avuto Jorge sul fatto che fossi scappata dai miei genitori.
"Che cosa intendi con non gli ho dato il tempo per farlo?" Domandò accuratamente, sebbene capii che sapeva cosa intendevo.
Io:"Io... me ne sono semplicemente andata." Il nervosismo la fece sembrare più come una domanda, che un'affermazione.

B.R.O.N.X.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora