Jorge Pov.
Feci scivolare il piede sull'asfalto per aumentare la velocità del mio skateboard. Era diventato alquanto difficile farsi largo lungo le vie affollate di Manhattan, dal momento in cui uscii dalla metropolitana avevo il terrore di non riuscire ad arrivare in tempo per prendere Martina a scuola.
Non seppi con esattezza con quante persone mi scontrai, ma riuscii finalmente a raggiungere la mia destinazione. Presi in mano lo skateboard e mi guardai attorno, cercando la chioma bionda che apparteneva alla mia ragazza. Ma quella fu un'impresa impossibile, in quanto l'entrata della scuola era gremita di dozzine di ragazze con i capelli biondi.
Aspettai un minuto, o fino a che la campanella non suonò, prima di vedere tutta quella gente sparire all'interno dell'edificio e fu in quel momento che, nell'angolo, intravidi una ragazza con indosso occhiali da sole e cappuccio.
Ridacchiai e mi avvicinai, raggiungendo finalmente Martina. Era appoggiata al muro e guardava nervosamente a destra e a sinistra, cercando di non farsi vedere.
Io:"Hey, agente segreto," le sussurai quando fui abbastanza vicino. Martina si portò una mano sul petto per lo spavento, facendomi ridere.
"Oh mio Dio, Jorge. Mi hai quasi fatto prendere un infarto" ansimò.
Io:"Sei facilmente spaventabile." Mormorai stringendomi nelle spalle.
"Quella non è nemmeno una parola." Abbassò gli occhiali da sole, mostrandomi così i suoi bellissimi occhi marroni, mentre un cipiglio si disegnò sulle sue labbra.
Io:"Mi hai capito, giusto?" le lanciai uno sguardo d'intesa ed appoggiai le mie labbra sulle sue. Le sue labbra sfiorarono appena le mie, dopodiché si staccò, prendendo la mia mano per trascinarmi lontano da lì.
"Andiamocene prima che qualcuno ci veda." Disse leggermente impanicata, continuando a guardarsi attorno per accertarsi che nessuno la vedesse saltare scuola. Mi lasciai trascinare dietro ad un angolo, in un'altra via, ridendo delle sue paranoie.
Io:"Prima o poi mi spiegherai perché sei conciata come un agente dell'FBI, o...?"
"Oh, non è ovvio?"
Io:"Siamo lontani dalla tua scuola, ora puoi toglierti il travestimento." Le abbassai il cappuccio color marrone chiaro, scoprendo così i suoi capelli biondi, acconciati in una scombinata coda di cavallo.
"Era così snervante." Strillò. "Per un secondo ho persino pensato di darti buca e di entrare a scuola." Si strofinò freneticamente il viso e si sciolse la coda di cavallo.
Io:"Sono offeso." Finsi un'espressione ferita, facendola ridacchiare. "Stai facendo un gran casino per niente. Seriamente, se non avessi indossato gli occhili da sole in una giornata nuvolosa come questa, nessuno ti avrebbe notata." Puntualizzai.
"Certo che mi avrebbero notato." Sbuffò, sventolando una mano davanti al mio viso. "Per via della mia innata bellezza." Mostrò i suoi denti bianchi quando un enorme sorriso arrogante fasciò il suo viso.
Io:"Poi sarei io quello presuntuoso." Scossi il capo, posando il braccio attorno alle sue spalle ed attirandola maggiormente a me.
"Stavo scherzando, o...?" Martina si sfilò finalmente gli occhiali da soli e, poggiandoli sul capo, mi dedicò uno sguardo curioso, prima che sul suo viso apparisse una smorfia.
Io:"Cosa c'è che non va?" sollevai entrambe le soppracciglia, sentendomi confuso.
"Hai visto I tuoi lividi? Sono dieci volte peggio di sabato!" si fermò nel bel mezzo della strada, posando dolcemente le mani sul mio viso.
Assunse un'espressione leggermente arrabbiata, mentre esaminava i miei lineamenti, quasi a volermi addossare la colpa del fatto che mi fossi fatto picchiare.
"Come hai fatto a scordarti di metterti del ghiaccio quando siamo arrivati a casa?" i suoi occhi incontrarono i miei e la sua voce sembrò quella di mia madre.
Io:"Beh, qualcuno ha avuto altri piani per quella notte." Abbozzai un sorriso e la guardai negli occhi, ma abbassò immediatamente il capo per via dell'imbarazzo. Le sue mani fredde scivolarono via dal mio viso ed iniziò a camminare, come faceva ogni volta che la innervosivo.Io:"Tini, aspetta!" gridai, correndole dietro. Mi fermai di rfonte a lei, bloccandole la strada. Sapevo che non era arrabbiata o infastidita, era solo che quel tipo di commenti la mettevano a disagio.
Io:"Non ho detto che non mi piaccia." Okay, forse quella non era stata la miglior cosa da dire, ma dovevo uscirne. Ops.
Il suo viso si arrossò notevolmente e riprese a camminare di nuovo.
Io:"Mi dispiace." Gridai, sebbene mi lasciai scappare una leggera risata. Le persone attorno a noi non sembravano considerarci, ma, dopotutto, erano così le persone a New York.
Quando finalmente la raggiunsi, l'abbracciai da dietro, assicurandomi che non sfuggisse alla mia presa. Mi avvicinai al suo orecchio e mormorai: "Mi dispiace, ma non dovresti essere imbarazzata per quello che abbiamo fatto, okay? Mi è piaciuto molto."
Sentii il suo corpo rilassarsi tra le mie braccia e potei perfino percepire un suo sorriso. "E so che per te è stato lo stesso."
Si voltò verso di me in modo che i nostri volti furono l'uno di fronte all'altro, Martina si alzò in punta di piedi e premette le sue labbra contro le mie. È stato un bacio dolce, piccolo - dato che ci trovavamo nel bel mezzo di Madison Street - ma comunque bellissimo.
Martina:"Basta solo che non mi prendi in giro, o non otterrai più niente." sogghignò, adottando un tono di voce da ragazza del ghetto e facendomi ridere di gusto.
Iniziammo a camminare mano nella mano di nuovo e, mentre reggevo lo skateboard, mi raccontò del suo noiosissimo weekend passato a studiare. Eravamo diretti a Central Park, perchè Martina diceva che in autunno era ancor più bello con "tutte quelle foglie colorate". Credeteci o no, ma non ci mettevo piede da quando avevo sette anni.
Martina:"Sei davvero venuto in skateboard?" Mi domandò, notando solo ora la tavola che reggevo in mano.
Io:"No, sono andato in skateboard sulla metropolitana, era più figo." Le feci l'occhiolino, sentendola poi sbuffare.
"Hai dimenticato di nuovo di fare benzina?" alzò un sopracciglio, conoscendo già la risposta.
Io:"Veramente, non l'ho mai fatta." Ridacchiai. "Ci andrò più tardi."
Martina mi lanciò un'occhiata come per dire: "Sì, sono proprio sicura che lo farai."
"Non sono mai salita su uno di quelli, ma sembra divertente." Sbottò dopo qualche secondo di silenzio passato a giocherellare con le miedita.
Io:"Sei seria?" esclamai, completamente scioccat, sapendo che si riferiva al mio singolare mezzo di trasporto.
"Sì." Ridacchiò vedendo la mia reazione.
Io:"Che brutta infanzia che hai avuto." Scossi la testa, incredulo. "Quale bambino americano non è mai andato sullo skateboard o non ha mai giocato a basket con suo padre, oppure, non ha mai dovuto rompere l'armadietto a scuola per poterlo aprire?"
"Evidentemente, io." Martina ridacchiò e non appena entrammo nel parco, incontrammo diverse persone: c'era chi correva e vecchie signore che portavano a spasso il cane.
Io:"Non è mai troppo tardi per imparare." Poggiai al suolo lo skateboard rosso e nero e ci saltai sopra.
Iniziai a compiere alcune evoluzioni per impressionare la mia ragazza, mentre lei dedicava uno sguardo divertito. Ma sapevo che era sbalordita.
Martina:"Stai cercando d'impressionarmi, Blanco?" sollevò entrambe le sopracciglia e le sue labbra si curvarono in un sorriso.
Io:"Sta funzionando,Stoessel?" mi avvicinai a lei, sovrastando la sua figura in quando risultai più alto grazie alla tavola.
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B.R.O.N.X.
FanfictionTralasciando il fatto che tutti e due vivono a New York, Jorge e Martina non hanno niente in comune. Mentre Jorge fa l'impossibile per sopravvivere, Martina ha qualsiasi cosa ogni ragazza possa volere .O per lo meno lei pensa di avere tutto. Cosa s...