41.IMPENITENTE

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Martina Pov.
Mi svegliai quando la luce del sole colpì i miei occhi. Era quel tipo di sensazione che provavi quando ti svegliavi in una stanza completamente illuminata.
Non riesci a vedere l'oscurità. Non vedi niente, ma sai di non essere al buio perché un fascio giallastro ti avvolge totalmente le pupille. Ed è estremamente fastidioso. Diedi le spalle a quel fascio di luce, mormorando parole incomprensibili.
Tuttavia, mi ritrovai intrappolata tra due braccia, mi avvolgevano in una stretta sicura, ma non troppo forte. Jorge dormiva accanto a me, le sue labbra erano leggermente dischiuse e i suoi occhi serrati. Impedivo alla luce di colpire il suo viso, ecco perché ancora dormiva. La vista di quel pacifico ed innocente ragazzo mi fece sorridere.
Avrei voluto far scorrere le mie dita tra i suoi morbidi capelli. Sembravano esser diventati più biondi dalla prima volta che c'incontrammo o, perlomeno, a me sembrarono più chiari. Il suo viso era completamente avvolto dai marchi della bellezza, i quali gli donavano un'aria più dolce. Mi piaceva particolarmente quello sotto all'occhio sinistro. Le sue ciglia - le quali facevano invidia ad ogni ragazza per quanto lunghe e folte fossero - formavano delle piccole ombre sulla sua guancia morbida.
Il lenzuolo era scivolato verso il basso, lasciando scoperto il suo braccio dalla spalla al gomito. Dato che era sdraiato su un fianco, riuscii ad avere una buona visuale del tatuaggio presente sulla scapola. Sembrava un nativo indiano, ma ero curiosa di sapere che significato avesse per lui.
Jorge si mosse nel sonno, abbassando lievemente il braccio posato attorno alla mia vita. Restai sorpresa per un attimo, sollevando poi le lenzuola per controllare se fossimo nudi. Da quel che vidi, io indossavo solo la sua maglietta, mentre lui era coperto solo dai boxer. Per cui, ciò che successe la notte scorse era reale, non era stato un sogno.

Sorrisi e le mie guance si colorarono di un rosa più intenso, riportandomi alla mente il modo in cui Jorge aveva fatto l'amore con me, rendendo il tutto perfetto.
Sospirai lievemente e, spostando con attenzione le sue braccia dal mio corpo, mi alzai dal letto, realizzando che non avrei più ripreso a dormire. Sul viso di Jorge comparve una smorfia nell'esatto istante in cui la luce lo colpì.
Era così carino e faticai parecchio a trattenere una risatina. Riuscii anche a fargli una foto. Camminando in punta di piedi, mi avvicinai alla finestra e chiusi le persiane che il giorno prima ci eravamo scordati di serrare, riportando così l'oscurità all'interno della stanza.
Lanciai un'occhiata alla radiosveglia, segnava già le undici del mattino e ciò significava che mia madre era sveglia. Nonostante fosse andata a dormire alle tre del mattino, dopo una stancante giornata di lavoro, non si alzava mai dopo le otto. E la cosa mi stupiva sempre.
Ero abbastanza sicura di aver sentito delle voci provenire dall'altra stanza. Avvertii un leggero dolore provenire tra le gambe nell'istante in cui balzai giù dal letto, ma cercai d'ignorarlo. Mi strinsi nelle spalle e mi diressi in bagno, come d'abitudine. Cercai di non far rumore, ma non ci riuscii molto.
"Hmmm." Un mormorio sfuggì dalle labbra di Jorge, mentre i suoi occhi si aprirono lentamente. Ero appoggiata allo stipite della porta del bagno, immobile, per vedere se ritornasse o meno a dormire.
"Che ore sono?" mormorò, strofinandosi gli occhi con il pugno e stiracchiandosi.
"È ora di svegliarsi e alzarsi, dormiglione." Cantilenai, saltando a bordo del letto. Nel frattempo mi ero infilata il completo intimo, dal momento in cui avevo intenzione di farmi una doccia il prima possibile.
Jorge ridacchiò, non del tutto sveglio. Era riuscito ad intrappolare le gambe tra le lenzuola scombiDiego, lasciandosi scoperto il busto. Mi persi qualche istante a far scorrere lo sguardo sui suoi addominali, ammirando ciò che avevo davanti.
"Ti piace guardarmi anche la mattina presto?" Jorge mi guardò di sbieco, facendo comparire uno strano sorrisetto sulle sue labbra. Scostai immediatamente il capo, arricciai le labbra e socchiusi gli occhi. "Lo so che mi guardi mentre dormo." Aggiunse, soffocando una risata.
Non è vero." Mentii scherzosamente,saltando giù dal letto un'altra volta. Non era possibile che mi avesse visto, era completamente addormentato. "Comunque devi andartene." Lo informai, prendendo delle mutande pulire dal cassetto e qualcosa di comodo da indossare per stare in casa.
"I miei sono già svegli."
Jorge ridacchiò per la mia scontrosità. "Buongiorno anche a te." La sua voce risuonava più vicina di quel che in realtà era, sorprendendomi. Mi voltai, trovandomi intrappolata tra il comò e il corpo di Jorge. Mi morsi il labbro, sollevando il capo per guardarlo. Dalla notte precedente, mi sentivo meno insicura e più audace, sebbene arrossivo ogni volta che mi chiamava principessa.
"Mi piace quel reggiseno." Il suo sguardo si posò sul mio reggiseno rosa di Victoria's Secret che reggevo tra le mani, assieme alle mutandine abbiDiego e al pullover color crema. "Anche le mutandine, sebbene non siano poi così necessarie-"
Lo interruppi, appoggiando un dito sulle sue labbra, intimandogli di indietreggiare di almeno un passo.
Da non dimenticare che indossava soltanto i boxer. "Zitto. Non mi vedrai con questi addosso."
"Peccato." Abbassò il capo, assumendo un'espressione imbronciata.
"Mi farò una doccia." Passai sotto al suo braccio, correndo verso il bagno.
"Posso farmi la doccia con te? Solo per risparmiare acqua." Sventolò la mano con nonchalance. "So che ti preoccupi di queste cose, per cui..."
Sollevai un sopracciglio. Certo, per risparmiare acqua. "Vai." Gli dissi.
"Ma mi hai detto di non muovermi e restare in silenzio." Piagnucolò, cercando di convincermi.
"Hai dormito qui. È stato sufficiente per me." Sorrisi, prendendolo in giro.
"Posso almeno riavere la mia maglietta?" allungò una mano verso di me, dedicandomi un'ultima occhiata colma di speranza.
Posai l'indice sul mento, pensandoci su. La sua maglietta era davvero comoda e profumava di buono.
Posando i vestiti puliti che avevo scelto poco fa, infilai la mano nel cassetto, prendendo una delle vecchie magliette di Francisco. Sarebbero andate bene a Jorge, più o meno. "Qui."lo guardai divertita, porgendogliene una, mentre lui mi guardava accigliato.
"Questa non è mia, principessa."
"Oh, lo so, ma non ti ridarò questa." Giocherellai con l'orlo della sua maglietta, il quale mi arrivava a metà coscia, tirandolo da un lato all'altro e sorridendo all'occhiata che mi dedicò.
"Non te la darò molto presto, almeno."
Si passò la lingua sulle labbra. "Devo prendermela da solo?"
Indietreggiai sino a che non fui all'interno del bagno, pronta per chiudere la porta ed impedirgli di raggiungermi "Non oggi." L'espressione di Jorge mutò all'istante, diventando preoccupata. "Sei triste?"
Mi aveva frainteso.
"Cosa? No." Lo rassicurai, sorridendo.
Certo, era leggermente fastidioso quando camminavo, ma non era un dolore straziante. Non c'era motivo di essere preoccupato.
Jorge mi guardò confuso, ma si limitò a sospirare.
"Beh, allora mi rivesto." Si finse infastidito dal momento in cui non avevo alcuna intenzione di ridargli la maglietta - dopotutto ne aveva parecchie -, recuperò dal pavimento i suoi pantaloni color sabbia ed iniziò ad infilarseli.
Lo osservai, appoggiando tutto il peso su un piede. Mi morsi involontariamente il labbro inferiore, guardando i muscoli tesi della sua schiena mentre si allacciava la cintura.
Qual era il senso di indossare una cintura se lasci intravedere i boxer dai pantaloni?
Ancora una volta, il mio sguardo si posò sul suo tatuaggio. M'intrigava perché sembrava avere un significato personale e Jorge non mi aveva detto nulla al riguardo. Conoscevo già il gabbiano sul fianco, era un tatuaggio familiare, e i numeri romani citavano l'anno di nascita di sua mamma. La corona significava rispetto e non sottomissione, mentre il simbolo cinese all'interno del gomito era riferito alla musica. Ne aveva molti altri sul braccio sinistro, ma non me ne aveva mai parlato in particolare.
"Jorge." Lo richiamai dolcemente.
Si voltò verso di me, intento ad infilarsi al collo la maglietta grigia che gli avevo dato, intimandomi a continuare.
"Che significato ha quel tatuaggio?" puntai timidamente il dito contro il disegno sulla sua pelle.
Cercai di essere cauta mentre gli porgevo quelle domande, dato che Jorge sapeva essere molto prevedibile a volte e, forse, non voleva farmelo sapere.
"Oh." Sembrava impassibile, come se si fosse dimenticato di averne uno in quel punto. "È solo..." biascicò, esitando parecchio prima di dare una risposta.
Mi morsi l'interno della guancia, congiungendo le mani impaziente di sapere.
Jorge si sedette al bordo del letto, mantenendo lo sguardo abbassato mentre s'infilava le scarpe. "È solo il logo della squadra di hockey di mio nonno e andavo spesso a vederli giocare."
Aveva attirato la mia attenzione. Non sapevo niente del resto della famiglia di Jorge.
"Siete molto legati?" mi avvicinai al letto, sedendomi accanto a lui, accavallando le gambe. Avevo imparato che, quando si trattava della famiglia di Jorge o di cose personali, bisognava prestare attenzione.
"Lo eravamo." Sospirò, con una punta di tristezza nella voce. Aspettai che rielaborasse il tutto, senza voler sembrare invadente, sebbene stessi morendo dalla curiosità. "Ma non lo vedo da molto tempo."
"Com'è successo?"
"Passavo ogni estate a Guadalajara quand'ero più piccolo, ma ora non ci vado più." Si strinse nelle spalle, sebbene vedessi dal suo sguardo che tutto ciò gli mancava.
"Guadalajara non è in Messico?" domandai, portandomi la mano tra i capelli raccolti, guardando Jorge mentre finiva di allacciarsi le scarpe.
"Sì, i parenti di mia madre sono canadesi." Spiegò, voltandosi a guardarmi quando ebbe finito di prepararsi.
"Io sono nato là." Le sue labbra si curvarono in un sorriso.
"Davvero? Questo spiega il tuo accento."
"Non ho nessun accento." Sbottò in sua difesa. Ma in realtà lo aveva e lo rendeva ancora più attraente perché era più dolce rispetto a quello newyorkese. Aveva un nonsoché di sexy, specialmente quando terminava una frase o quando diceva 'venti', come se omettesse la 't'.
"Sì che lo hai! Così come tua mamma. Non so perché non me ne sia accorta prima." Jorge sembrò leggermente divertito e sapere che fosse per metà messicano eccitava. Non giudicatemi.
Fece roteare gli occhi scherzosamente,sistemandosi la maglietta che gli avevo dato. Ora che ci pensavo, era un tantino grande per lui, considerando che mio fratello trascorreva quattro ore al giorno ad allenarsi e consumava del cibo ad alto contenuto proteico.
Jorge mangiava qualsiasi cosa volesse e giocava a basket, forse faceva qualche flessione a casa, ma non era ossessionato dall'avere un fisico perfetto. E tutto quello lo rendeva ancor più attraente.
"Perché vivi qui allora?" m'interessava davvero sapere qualcosa in più sulla sua famiglia e, prima o poi, avrei scoperto ogni cosa.
"Mia mamma ha incontrato qui mio padre durante un viaggio con gli amici e poi ha mollato tutto per trasferirsi qui. Ho vissuto a Guadalajara solo per un anno." Il suo sguardo sembrava essersi perso nel vuoto. Supposi che sentiva la mancanza della sua infanzia.

B.R.O.N.X.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora