24.CHIMICA

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JORGE POV.
Fermai l'auto, parcheggiandola proprio davanti all'entrata della scuola di Martina.
Presi la mia giacca dal posto del passeggero e aprii lo sportello, mettendo piede nella strada fredda. Raggirai la macchina fino al lato che affiancava il marciapiede, appoggiandomi contro la portiera e indossando la giacca mentre aspettavo.Rubando uno sguardo al mio oro -e ovviamente rubato- orologio, vidi che avevo ancora almeno cinque minuti di tempo prima che le lezioni finissero. Scavai nella tasca della giacca per prendere il mio pacchetto di sigarette e ne sfilai una, sostenendola fra le labbra mentre ne facevo bruciare l'estremità con l'accendino. La fumai con calma mentre attendevo che la campanella suonasse e gli studenti iniziassero ad uscire.La gente passava guardando la mia auto e mormorando, probabilmente commentando quanto figa fosse e quanto avrebbero voluto averne una del genere. Sogghignai a me stesso soddisfatto. E pensare che non avevo speso un solo penny per averla... Ero proprio il migliore quando si trattava di rubare. Cosa potevo dire, avevo fatto pratica. Era divertente il fatto che fosse qualcosa di cui andavo fiero.
Dopo un paio di minuti, finii la sigaretta, gettando il mozzicone sull'asfalto e pestandoci sopra con la mia Supra nera. Indovinate come me le ero procurate.
Proprio in quell'istante la campanella suonò e gli studenti iniziarono ad uscire dall'edificio. Era piuttosto grande, alto almeno sei piani, e sembrava vecchio ma nuovo allo stesso tempo, se capite cosa intendo. Il primo che uscì era troppo giovane per essere dello stesso anno di Martina e qualche ragazza guardò dalla mia parte e ridacchiò. Sì, questo è l'effetto che solitamente ho sulle donne, non importa di che età. Ignorai i loro sorrisi provocanti, alzando gli occhi al cielo. A volte, ricevere così tante attenzioni dal genere femminile era schiacciante e fastidioso, credetemi o no.
Dopo un mucchio di volti sconosciuti, riconobbi un ragazzo alto con degli stupidi capelli neri e occhi marroni, circondato da un gruppo di altri stupidi ragazzi che non avevo mai visto. La mia mandibola si serrò e digrignai i denti, ricordando il coglione per cui la mia ragaz- voglio dire Martina, aveva pianto. Mi individuò e il suo stupido sorriso svanì, ma io sogghignai malvagiamente verso di lui. La palla da basket che stava facendo rimbalzare fra le mani sfuggì dalla sua presa e rotolò fino al mio piede che istintivamente la fermò. Potei vederlo deglutire difficoltosamente. Facevo davvero così paura? Alzai la palla nella mano sinistra e iniziai a farla ruotare solamente sul mio indice, come mio padre mi aveva insegnato. I suoi amici restarono a bocca aperta e iniziarono ad esultare, completamente all'oscuro della tensione che Nate stava provando. Esaminarono addirittura invidiosi la mia auto sportiva.
Si incamminarono verso di me, che era ancora appoggiato alla macchina, facendo crescere il mio sorrisetto e il mio eccitamento solo di più. Magari ora avrei potuto dirne quattro all'imbecille.
Xx:"Amico, è una figata. Come ci riesci?" Un ragazzo basso con i capelli e la pelle scura mi domandò.
Diego continuò a guardarmi cautamente, come se stesse cercando di capire quali fossero le mie intenzioni.
Io:"Solo pratica. È facile." Feci spallucce, riportando lo sguardo sul ragazzo basso. "Potremmo fare una partita amichevole un giorno. Potrei portare degli amici, che ne dite?"
Buon'idea, Jorge Mentalmente mi diedi una pacca sulla spalla quando tutti loro annuirono felicemente mentre invece Nate sospirò. Non hanno idea di con chi giocheranno.
Io:"Vuoi la palla indietro, Jeco?" Domandai con un finto tono carino, sogghignando. Eravamo su per giù della stessa altezza ma era difficile da dire dato con lui in piedi così lontano da me per la paura. Se solo avesse saputo di cos'ero davvero capace, non sarebbe neppure stato ancora qui.
Diego."È Diego." Mormorò, allungando la mano per afferrare la palla.
Risi. Che nome orribile, i suoi genitori chiaramente l'avevano odiato già da prima che nascesse. "Quel che è." Mossi la mano così non avrebbe potuto prendere la palla. I suoi amici fecero un passo indietro, notando ci fosse qualcosa che non andava fra di noi. Codardi.
Allo stesso tempo, sentii una risata e guardai nella direzione di quel suono per vedere Martina scendere le scale con Lodovica al suo fianco. Lodo mi notò e diede una gomitata a Tini, che immediatamente voltò confusa il capo verso di me. Indossava la sua giacca con dei jeans e quegli stivali lucidi neri di cui non conoscevo il nome. A dire il vero li odiavo ma sembravano comodi e caldi. Magari dovevo comprarmene un paio? Scherzavo.
Poi, notò Diego e i suoi amici e si accigliò, correndo giù dalle scale per venirmi incontro.
Martina:"Jay, cosa fai qui?" Lasciò uscire una leggera risata imbarazzata, portando le sopracciglia insieme per la confusione. Gli amici di Diego se ne andarono non appena si accorsero questo urlasse 'problemi!'.
Io:"Hey, piccola." Mi chinai per baciarla tirando nel frattempo la palla a Diego, sapendo di averlo colto impreparato quando sentii il colpo contro il suo petto.
Martina si ritrasse velocemente, arrossendo in modo pazzesco e gettando imbarazzata lo sguardo verso di Diego, che sembrava semplicemente esterrefatto, come se non potesse credere a ciò che aveva appena visto.
Un altro punto per Blanco.
Diego:"Pensavo foste cugini..." Assottigliò la voce, gli occhi spalancati e un dito che si spostava avanti e indietro fra di noi.
Martina:"Beh, evidentemente non è così." Sputò aspramente. "Non sei l'unico a saper mentire,Diego." Gli indirizzò un veloce sorriso a labbra strette prima di voltarsi per baciarmi di nuovo.
Questa volta venni colto alla sprovvista ma la baciai a mia volta con altrettanta passione, godendomi dell'espressione sul viso dell'imbecille che potei scorgere dall'angolo del mio occhio destro. Per quanto sdolcinato suonasse, i baci di Tini erano diversi. Facevano provare una strana emozione al mio stomaco, qualcosa che non mi era mai capitato prima. E credetemi, avevo baciato un mucchio di ragazze.
Lodovica:"Okay, se n'è andato, potete smetterla ora. Ew." finse un conato di vomito e solo allora mi accorsi di lei.
Martina abbassò lo sguardo, imbarazzata, e io vidi la figura di Diego andarsene scuotendo il capo.
Lodovica:"Avreste dovuto vedere la sua faccia. E-S-I-L-A-R-A-N-T-E." fece lo spelling della parola (penso sia una cosa che fanno le ragazze snob e onestamente suonava fottutamente stupido) e rise insieme a Martina, che smise di mordersi il labbro.
Io:"È un fottuto codardo." dissi, ridendo sotto i baffi, sentendo Martina ritrarsi dalla mia stretta.
Martina:"Non l'hai minacciato, vero?" Sollevò le sopracciglia come se stesse pregando che i suoi sospetti non fossero veri.
Scossi innocentemente la testa. "Non del tutto. Ho anche organizzato una partita amichevole di basket con i suoi amici." Sorrisi fiero.
Premette i lati del suo setto nasale con le dite, inspirando profondamente e mormorando cose incoerenti prima di lasciar perdere.
Io:"Sei pronta ad andare?" Mi misi dritto in piedi, con lo scopo di raggiungere lo sportello del lato del guidatore.
Martina:"Andare dove?" Domandò mentre la caratteristica increspatura fra le sue sopracciglia si formò.
Non risposi perché Lodo era ancora lì vicino e non volevo suonare sdolcinato dicendolo davanti a lei.
Martina:"Devo andare a prendere Tommy..." Mormorò, puntando un dito verso il parcheggio della scuola.
Lodo finalmente intervenne. "Oh, me ne occuperò io." Rubò le chiavi dell'Audi di Martina dalla sua mano, lasciandola totalmente confusa
Martina:"Aspetta, l'avevate pianificato?" Gli occhi di Tini si spostarono tra me e Lodo mentre la realizzazione la colpiva.
Lodovica:"Divertitevi ragazzi. Ti chiamo dopo, T." le baciò la guancia e corse via prima che lei potesse fare altre domande.
La bocca di Tini rimase aperta come se fosse sul punto di parlare ma finì con l'abbozzare un grande e bellissimo sorriso. "Quindi, dove andiamo?" Aprii lo sportello del lato del passeggero mentre io facevo altrettanto con il mio.
Io:"Da qualche parte." Feci spallucce disinvoltamente.
Martina:"Come un appuntamento?" Domandò una volta che fummo dentro l'auto, un pizzico di speranza nella sua voce e i suoi denti a mordere l'interno della sua guancia.
Io."In qualsiasi modo tu voglia chiamarlo, principessa." Le rivolsi un occhiolino prima di accendere il motore e correre giù per la strada. Come sempre, le sue guance si tinsero leggermente di rosa.
Trascorremmo qualche minuto a cantare Call Me Maybe alla radio - una canzone che non avrei mai ammesso mi piacesse. Era divertente vedere ,Martina cantare. Si era immedesimata totalmente.
Io:"Noto che il succhiotto se n'è andato." Sogghignai indicando con il mento il lato del suo collo mentre le mie mani aumentarono la presa sul volante, assicurandomi di controllare la velocità con il piede.
Il suo viso divenne rosso mente le sue dita si spostarono per toccare il punto dove lo aveva avuto in precedenza.
Io:"Non preoccuparti se ti manca, puoi sempre averne un altro. Basta chiedere, piccola." Risi ammiccando verso di lei, il che la fece arrossire solo di più.
Martina:"Oh accidenti, Jorge. Stai zitto." Mi colpì il braccio giocosamente. "Che tipo che sei." Scosse il capo ridacchiando. Adoravo la sua risatina.
Io:"È una buona cosa che lo sia." Risi, concentrandomi di nuovo sulla strada.
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Martina:"La spiaggia?" Un sorriso si espanse sul suo viso, i suoi occhi si illuminarono mentre si slacciava impaziente la cintura di sicurezza.
Annuii, ridendo per la sua felicità mentre anche io scendevo dall'auto. Mi avviavi dalla sua parte e portai con naturalezza un braccio attorno alle sue spalle, fingendo uno sbadiglio.
Lei alzò gli occhi al cielo scherzosamente per il gesto stereotipato ma non rimosse il mio braccio, il che fu buono. Iniziammo la nostra passeggiata sul lungomare in quella posizione. Presto, avvolse esitante un braccio attorno alla mia vita, facendomi sorridere verso di lei. Diamine, era così fottutamente carina. Mi sentivo una femminuccia a pensare in quel modo quando le ero attorno.
Martina:"Mio padre era solito portarci qui molto spesso quando eravamo più piccoli." Parlò improvvisamente, una traccia di tristezza nella sua voce. Le strinsi un poco la spalla così da farle sapere che la stessi ascoltando. "Ma ora, difficilmente passa del tempo con noi per 'quanto il suo lavoro lo tiene impegnato'." Fece le virgolette con le dita, lasciando che un grugnito amareggiato sfuggisse dalle sue labbra.
Io;"Dove lavora?" Domandai, mostrandole che fossi interessato.
Martina:"Lavora per il dipartimenti di polizia di New York." Mi raggelai sul posto, facendo fermare entrambi mentre raggiungevamo i primi negozi e i banchetti con del cibo del lungomare. "Ironico, eh?" Rise, notando la mia espressione.
Io:"Magari lo conosco." Scherzai, ricominciando a camminare mentre lei annuì, ridacchiando ancora. Perlomeno non sembrava più triste."Hai fame?"
Martina:"A dire il vero, sì." Ammise, strofinando lo stomaco.
Io;"Pizza?" Domandai mentre passavamo davanti ad un posto che emanava il profumo della pizza appena sfornata, rendendo anche me all'istante affamato.
Lei annuì sorridendo e ci spostammo di lato per raggiungere il 'ristorante'. Non avevo mai sentito prima il desiderio di abbracciare una ragazza -oltre a mia mamma e mia sorella- quindi quando avevo confessato a Martina che mi piacesse, mi ero sentito sollevato, come se un peso fosse stato rimosso dalle mie spalle. Non mi sentivo più strano per il volerla stringere e baciare, ed era una rassicurazione sapere che per lei era lo stesso verso di me. Era bizzarro che mi piacesse una ragazza per qualcosa di più oltre all'aspetto e al sesso ma era bello aver finalmente trovato qualcuno per cui valeva la pena provare dei sentimenti. Semplicemente non ci ero abituato ed ero spaventato, non mentirò, di rimanerne ferito.
Martina:"Io prendo quella con il prosciutto." La voce di Tini mi riportò alla realtà giusti in tempo per fare il mio ordine.
L'uomo dietro il bancone, che sembrava aver mangiato troppe pizza per quanto grasso fosse, mi guardò attendendo la mia risposta.
Io:"Io prendo lo stesso." Gli porsi i soldi, rifiutando l'offerta di Martina di pagare. Potevo dire che si sentisse a disagio per il fatto che pagassi io siccome sapeva non fossi propriamente ricco, ma le indirizzai un sorriso rassicurante ed utilizzai una parte dei soldi che Anthony mi aveva dato l'altro giorno.
Mentre aspettavamo, beccai Tini ad osservarmi. "Che c'è?" Lasciai uscire una piccola risata, guardandola divertito ma cauto con l'angolo degli occhi.
Lei fece spallucce. "Mi piace il tuo berretto." Prima che potessi anche solo vedere le sue mani muoversi, mi sottrasse il cappello rosso dalla testa e lo infilò nella sua, aggiustando i capelli sotto ad esso.
Io;"Te lo lascerò indossare solamente perché ti sta bene." Dissi aggiustandomi i capelli con le dita, guadagnando un sorriso a trentadue denti da parte sua.
Poco dopo, l'uomo grassoccio ritornò con le nostre pizze e noi uscimmo da quel posto, spostandoci su una panchina vicina per sederci e mangiare. Non appena ci sistemammo, diedi un morso alla mia fetta, mugugnando per la delizia.
Io:"È eccezionale." Dissi con la bocca piena.
Martina ridacchiò. "Sei disgustoso."
Le indirizzai uno sfacciato sorriso a labbra strette dopo aver deglutito il cibo. "Non mangi?" Aggrottai le sopracciglia, indicando la fetta intatta nelle sue mani.
Martina:"Uhm, a dire il vero non so propriamente come mangiare la pizza senza posate." Confessò, abbassando lo sguardo imbarazzata.
Scoppiai in una risata. "Sei seria? Ecco perché aspetti in maniera così strana." Continuai a ridere, incapace di smettere anche se mi stava fulminando.
Martina:"Hai finito?" Roteò gli occhi infastidita.
Io:"Scusa, è solo che è... divertente e strano." Mi sforzai a smetterla. Ora che lo ricordavo, aveva usato una forchetta e un coltello l'altro giorno a casa sua. Bizzarro.
Martina:"Invece di ridere, potresti farmi vedere come si fa." Mi suggerì, abbozzando una piccola risata alla fine. Sì, la mia risata era contagiosa.
Io:"Okay. Tienila così." Le mostrai dove mettere le dita sotto la base. "Proprio così. Ora mangia."
Fece quanto detto e morse l'estremità della sua fetta, nella sua maniera raffinata. "È più buona così." Sorrise e le lanciai un'occhiata d'intesa.
Martina:;"Voglio veder quanto è fredda l'acqua." Sostenne, alzandosi e camminando determinata verso la sabbia una volta che finimmo di mangiare. Come pensi sia in novembre? Avrei voluto chiederle ma sarebbe stato maleducato quindi la seguii semplicemente, guardando come invece di camminare normalmente, faceva dei piccoli saltelli. Scossi la testa, ridendo. Questa ragazza...
La spiaggia era pressoché deserta siccome faceva freddo e il più dei negozi e del Luna Park era chiuso a mezzogiorno del lunedì.
Io:"Dovremmo venirci un'altra volta nel finesettimana, quando il parco divertimenti è aperto." Feci scivolare la braccia attorno alla vita di Martina, abbandonando il capo sulla sua spalla mentre entrambi guardavamo il mare. Il sole era ancora alto nel cielo, non una sola nuvola visibile.
Martina:"Stai già pensando ad un secondo appuntamento?" Piegò un sopracciglio, sogghignando verso di me mentre le sue mani si posavano sulle mie sopra il suo stomaco.
Io:"Quindi hai deciso di definire questo un appuntamento allora?" Ricambiai il suo sorrisetto e lei si nascose sotto il mio berretto e i suoi capelli alla mia risposta. Oh, pensava di avermela fatta, che carina. Risi leggermente e le baciai una guancia prima di lasciarla.
Martina:"Dove vai?" Mi disse.
Io:"Non volevi vedere se l'acqua era fredda?" Mi avvicinai innocentemente all'acqua e mi preparai a schizzargliela addosso, attento a non bagnarmi i pantaloni o le scarpe.
Lei aprì la bocca, i suoi occhi si spalancarono e gridò, scappando via quando realizzò le mie intenzioni. Le corsi dietro e lei continuò costantemente a voltarsi per vedere se le fossi vicino, strillando e ridendo incontrollatamente.
Martina:"No, no, Jorge, lasciami stare!"
Continuai ad inseguirla -il che era facile perché non era la corritrice migliore di sempre- e avvertii il suo penetrante grido agghiacciante quando la sollevai nelle mie braccia.
Martina:"Aaah, mettimi giù!" Cercò invano di sgusciare via dalle mie braccia.
Io:"Niente da fare, piccola." Girai in cerchio finché entrambi non cademmo sulla sabbia, lei sopra di me, ridendo.
Il vento le spostò i capelli biondi dal viso, lasciando che i nostri occhi si incontrassero e si guardassero intensamente. Le risate si smorzarono, lasciandoci solo ad osservarci.
Io:"Sii la mia ragazza."dissi, cogliendola completamente alla sprovvista.
MARTINA POV.
Mi sedei dritta sulla sabbia soffice, lasciando il grembo di Jorge mentre mi sistemavo i capelli dietro le orecchie.
Mi aveva appena chiesto di essere la sua ragazza o stavo sognando?
Jorge seguii i miei movimenti e si sedé a sua volta. Si stava mordendo impazientemente il labbro e probabilmente temendo che fosse troppo presto per chiedermi una cosa simile. Il problema non era che fosse troppo presto e, se non avessi avuto problemi di fiducia, avrei detto di sì senza pensarci.
Stavo guardando ovunque fuorché lui, cercando di far sì che i miei denti lasciassero le mie labbra, che erano piegate dentro la mia bocca. Lui mi prese il mento, forzando la mia testa a smetterla di muoversi e ad incontrare i suoi occhi.
Jorge:"Se non vuoi essere la mia ragazza, va bene." Disse tranquillamentema sapevo che non fosse così. Lo vedevo nei suoi occhi. Ne sarebbe stato deluso e sarebbe stato come un proiettile diretto al suo ego. Volevo urlare chedavvero lo volessi, che ero solo spaventata ma non riuscivo a trovare un modo per dirlo.
Io:"Non è questo." Sospirai, riposizionandomi meglio così che il mio corpo fosse rivolto verso di lui trafficavo con le dita sul mio grembo.
Jorge:"Allora cos'è?" Domandò leggermente, ma la sua voce era urgente come se avesse bisogno si sapere la risposta il prima possibile.
Io;"Hai detto che non fai questa cosa della 'tua ragazza'." Feci spallucce, alzando infine i miei occhi castani sui suoi verdi, solo per lasciarli cadere subito dopo. Okay, questa era una delle motivazioni. Non volevo essere solo un'altra ragazza sulla sua lista delle buone scopate.
I ricordi del pomeriggio del nostro appuntamento fra amici al Betty's tornarono nella mia mente e, dall'espressione sul suo volto e da come le sue labbra fossero dischiuse, pensai anche lui le stesse ricordando.
*FLASHBACK*
"Quando non hai mai fatto sesso prima, lo vedi solo come fare l'amore e pensi che lo farai solamente con la persona giusta. Ma, dopo questo, realizzi che per questa gente non ne vale la pena."
"Lascia solo che ti dica che non credo più nell'amore."
"Il mio motto è: non permetterti di amare qualcuno e loro non finiranno con il ferirti."
*FINE FLASHBACK*
Lui si inumidì le labbra. "Mi hai fatto cambiare idea." Bisbigliò, sollevandomi il mento così l'avrei di nuovo guardato in volto. Potevo vedere quanto fosse difficile per lui, essere così sdolcinato e carino quando si comportava per tutto il tempo come un tipo tosto e noncurante ma la mia mente -o il mio cuore, non lo sapevo- ancora non voleva credergli. Che ne era di quello che mi aveva detto Stephie?
Io:"Ti aspetti davvero che ti creda, Jorge? Chi mi dice che non mi scaricherai nel momento in cui non vorrò fare sesso con te?" Domandai dopo un grugnito che chiaramente lo sorprese. La mia voce era seria; non volevo mi prendessero in giro... di nuovo.
Jorge:"Perché dici questo?Tini, ti ho già fottutamente detto che mi piaci. Sei speciale e ti ho chiesto di essere la mia ragazza perché so quanto ti ha turbato quando l'idiota del tuo ex non l'ha fatto." Disse a voce più alta, iniziando ad essere leggermente infastidito da me, anche se stava cercando di controllare il tono sapendo quanto facilmente gli venisse facile arrabbiarsi.
Le mie labbra si dischiusero nel sentire questo. Aveva già toccato un punto debole, ma non in una cattiva maniera. Gli avevo detto che mi aveva disturbato che Nate non mi avesse chiesto ufficialmente di essere la sua ragazza e stava cercando di farmi vedere che lui fosse diverso. Il mio cuore si sciolse e quasi sorrisi. Il modo in cui diceva tutte quelle cose dolci e carine ma ancora riuscisse a suonare sexy e duro mi colpiva, ma i miei dubbi erano ancora lì, persistenti nella mia mente.
Jorge;"So che c'è qualcos'altro che ti preoccupa. Parlamene." Mi ordinò, divenendo impaziente mentre mi guardava giocare con la sabbia.
Espirai udibilmente prima di mordermi le unghie. "L'altro giorno..." Iniziai. "Dopo averti lasciato a casa tua quando tornavamo dalla stazione di polizia, ho visto Stephie."
Solo al menzionare il suo nome Jorge roteò gli occhi e sibilò qualcosa a sé stesso come 'Stupida troia che non riesce ad accettare il fatto che non mi piace.'
In seguito, parlò. "Ascolta,Tini. Qualsiasi cosa ti abbia detto, non crederle, okay?" Prese le mie mani, bloccando il mio giochicchiare.
Mordicchiai il mio labbro inferiore. "Mi ha detto che sono stupida a pensare che tu possa mai provare qualcosa per me e che tu vuoi le ragazze solo per il sesso e che alla fine ti saresti stancato di me." Ricordai, guardandolo tristemente.
Jorge:"Quando vedo quella puttana... non vedrà la fine di tutto questo." Mormorò. "Ma ho bisogno che tu mi creda,Martina. Ho bisogno che tu mi dia una possibilità e ti prometto che cercherò di fare il mio meglio in questa cosa della relazione." La sincerità impregnava le sue parole e i suoi occhi apparivano sinceri, rendendomi difficile non fidarmi di lui. "So di essere un'idiota e non sono fiero di alcune cose che faccio ma so anche che mi piace. Non sono mai stato così sdolcinato con una ragazza e guarda quanto sto suonando smielato ora." Rise leggermente, cercando di tirarmi su di morale. "Ti giuro che non ti voglio per il sesso, mi piaci veramnete. Cambierò. Solo per te." Sussurrò l'ultima parte, le sue guance divenendo leggermente rosse per la confessione.
Il mio cuore si squagliò nuovamente e ne rimasi quasi sbalordita. Permisi ad un sorriso di formarsi sulle mie labbra e annuii.
Jorge sorrise ampiamente. "Sì?" Domandò, esaltandosi.
Io:"Sì, sarò la tua ragazza." Affermai felicemente ed entrambi ci allungammo per scambiarci un bacio. Potei sentirlo sorridere contro le mie labbra mentre avvolgeva le sue braccia attorno alla mia vita e mi tirava verso il basso per farmi distendere su di lui sopra la sabbia. Giocai con i suoi capelli e ringraziai Dio che la spiaggia fosse deserta perché stavamo totalmente mettendo in scena la PDA (Pubblica Dimostrazione d'Affetto).
Quando ci ritraemmo in cerca di aria, stavo sorridendo come un'idiota. "Sei così carino,Yoyi." Gli diedi un buffetto sul naso, arricciando il mio.
Lui rise, sedendosi dritto. "Non sono carino." Sibilò.
Io:"Ma lo sei." Iniziai a giochicchiare con i bottoni della sua giacca, ancora seduta sulle suo grembo, la mia schiena posata contro le sue gambe piegate. Le sue mani reggevano i nostri pesi, posizionate sulla sabbia morbida.
Avvertii i suoi occhi su di me per tutto il tempo. "Grazie per aver detto di sì." Bisbigliò, strofinando il naso contro il mio collo.
Ridacchiai alla sua improvvisa timidezza.
Io:"Era difficile rifiutarti dopo quel discorso smielato che mi hai fatto."
Jorge:"Taci." Borbottò contro il mio collo, baciandolo rapidamente. "E non abituartici troppo, sono ancora un tipo tosto." La sua risata inviò brividi attraverso la mia pelle. Non potei far altro che ridacchiare ancora.
Io:"Non voglio di già altri succhiotti, Jay." Lo informai quando notai la sua lingua picchiettare contro la mia pelle.
Jorge:"Scusami, hai un collo davvero baciabile." Si ritrasse, ridacchiando e gli diedi un bacio sulle labbra.
Io:"Facciamo una foto." Proposi esultante, estraendo il mio iPhone e impostando la telecamera interna.
Jorge sembrò riluttante in un primo momento poi si fece più vicino a me così lo schermo inquadrò entrambi i nostri visi. Scattai la foto e in seguito spostai il telefono così che entrambi potessimo vederla.
Jorge:"Mi piace." Commentò .
Io:"Anche a me." Gli sorrisi. Jorge aveva il suo sguardo sexy nella foto e io sorridevo. Non male per essere la nostra prima insieme.
Jorge:"Andiamo." Disse dopo qualche minuto di quel confortevole silenzio, facendomi segno di alzarmi.
Io:"Dove?" Aggrottai le sopracciglia incuriosita, un sorriso timido ancora stampato sul mio volto.
Jorge:"A casa." Fece spallucce come se fosse annoiato.
Io:"Di già?" Le mie spalle crollarono per la delusione. Perché improvvisamentevoleva andarsene? Stavo passando del bel tempo.
Jorge:"Possiamo andare a casa mia se vuoi." Suggerì con un sorriso angelico, fermandosi davanti a me.
Resistetti all'impulso di stringergli le guance fino alla morte e mormorai solo un 'okay' cercando di suonare indifferente. Lui rise, vedendo oltre la mia apparenza, e fece scivolare un braccio attorno alla mia vita, dove lo mantenne per il resto della camminata fino all'auto. Stringevo le labbra cercando di non sorridere ma mi arrendevo ogni volta che mi guardava con quel suo adorabile sorriso. Davvero questo ragazzo è tutto mio ora?
Ci allacciammo le cinture nella macchina di Jorge, che non era propriamente discreta dato il suo acceso colore arancio, e guidò fino a casa sua.
Jorge:"Allora, com'è andato l'esame?" Mi guardò rapidamente dal lato del guidatore.
Io:"Bene, suppongo. Non il mio meglio ma penso di essere passata." Risposi, disegnando delle figure astratte sul tessuto dei miei jeans.
Jorge:"Sono certo che sei stata bravissima." Mi diede delicatamente delle pacche sul ginocchio. "Sembri una secchiona comunque."
Boccheggiai udibilmente. "Cosa?"
Jorge scoppiò in una risata mentre lo guardavo infastidita. "Non sono una secchiona, sto solo cercando di lavorare sodo così da poter frequentare un buon college." Ribattei, cercando di difendermi mentre le mie braccia si incrociavano sul mio petto.
Jorge:"Certo, Tini. Se questo serve a farti sentire meglio." Ripeté la stessa frase che avevo precedentemente usato contro di lui.
Io:"Sei meschino." Misi il broncio, facendo sfuggire dalle labbra di Jorge la sua caratteristica risata.
Jorge."Ti sto solo prendendo in giro, piccola."
Il modo in cui mi chiamava con quei nomignoli mi faceva formicolare dentro, come se qualcuno stesse giocando con i fuochi d'artificio dentro il mio stomaco. Quanto ero stupida?
Jorge:"Perché sorridi in quella maniera?" Mi domandò, guardandomi stranito.
Io:"Per nessuna ragione." Mentii, coprendo i denti con le labbra ed evitando il suo sguardo.
Lui mantenne quell'espressione stranita sul volto e infilò la mano nel portaoggetti.
Io:"Che fai?" La domanda lasciò la mia bocca prima che i miei occhi potessero vedere un pacchetto di sigarette spuntare fuori. Ruotai gli occhi teatralmente, assicurandomi mi vedesse.
Lui mi ignorò e prese una sigaretta da mettere fra le labbra con una mano, mentre l'altra controllava il volante. L'accese e gettò di nuovo tutto dentro il portaoggetti.
Io:"Smetterai mai di fumare?" Iniziai a sentire l'odore di fumo, arricciando il naso per il disgusto.
Jorge abbassò il finestrino e lasciò che la nube grigia uscisse dall'auto. "Devo ricordarti che hai detto che mi trovi sexy quando fumo?"
Feci scattare la testa nella sua direzione, ricevendo il suo infame sorriso trionfante di rimando. "Non l'ho mai detto." Grugnii, scuotendo una mano.
Jorge:"Certo che sì! Eri ubriaca quindi probabilmente non lo ricordi ma l'hai detto." Affermò, ridendo. Il fumo assumeva diverse forme nell'aria quando lasciava le sue labbra.
Io:"Ugh, come vuoi. È lo stesso dannoso." Mi arresi, sapendo di aver perso questa battaglia.
Ricordavo di averlo detto ma non c'era bisogno che lui lo sapesse, okay?
Dopo altri venti minuti o giù di lì, ci ritrovammo nel Bronx e Jorge parcheggiò davanti al suo edificio. Ero sorpresa che nessuno gli avesse ancora rubato la macchina. Probabilmente sapevano fosse meglio non mettersi contro di lui...
Quando scendemmo, sentii delle urla e delle maledizioni venir urlate. Mi voltai e vidi un ragazzo premuto contro una macchina da due poliziotti. Uno di loro gli stava girando il braccio in maniera dolorosa, mentre l'altro cercava la sua borsa.
Quando Justin lo notò -dopo di me, perché era abituato a vedere cose del genere ogni giorno- venne vicino a me e mi strinse a sé, bloccandomi la vista sulla scena. Si affrettò a farci entrare in casa sua ma non prima che io potessi sentire un pugno e l'uomo urlare.
Io:"Cos'è stato?" Domandai tremante una volta che avevamo raggiunto la sicurezza di casa sua.
Jorge:"Niente, dimenticalo solamente, okay?" posizionò le mani ad entrambi i lati del mio volto in maniera rassicurante. Annuii con esitazione. Ai poliziotti era permesso fare quelle cose? Non credo.
La mia confusione morì quando sentii la dolce voce di un bambino echeggiare per la casa.
Daniel:"Jorgeeeeee!" arrivò correndo nell'atrio dov'eravamo e Jorge lo alzò fra le braccia. Poi, il bimbo si accorse della mia presenza."Ciao,Tini!" Si chinò per darmi un bacio sulla guancia.
Io:"Ciao,Dani." Gli scompigliai i capelli sorridendo.
Daniel:"State insieme voi due?" Domandò, alternando lo sguardo fra di noi.
Jorge:"Sei troppo piccolo per capire, amico." lo rimise giù ma Daniel stava sorridendo come se avesse invece capito. Il suo sorrisetto era come una piccola versione di quello del fratello.
Daniel:Tini, Tommy può venire al mio compleanno? È giovedì." Mi pregò con occhi speranzosi.
Io;"Certo, lo accompagnerò qui." Risposi, facendolo strillare e correre nuovamente nella sua stanza. "Tuo fratello è così carino."
Jorge grugnì scherzosamente. "Io lo sono molto di più."
Inarcai un sopracciglio. "Pensavo tu fossi 'tutto fuorché carino'." Citai le sue parole dette una delle prime volte che si eravamo incontrati.
Lui non disse nulla ma invece mi baciò. Lo spinsi via siccome eravamo nel mezzo dell'atrio di casa sua.
Io:"Se tua madre ci vede?" Bisbigliai, facendo scendere la zip del mio cappotto. Jorgescosse il capo e lo prese per me, appendendolo all'appendiabiti. Feci lo stesso con il suo berretto.
In quel preciso istante, la mamma di Jorge apparve dalla porta della cucina. Indossava dei jeans e una maglietta stretta nera. Aveva un corpo magnifico se si teneva conto che aveva avuto tre figli, ed era davvero giovane.
Pattie:"Hey, ragazzi." Ci salutò. Jorge le baciò una guancia e in seguito si grattò la nuca imbarazzato, inumidendosi le labbra. Avrei voluto la smettesse di farlo, distraeva troppo.
Jorge:"Uhm, mamma, lei è Martina.Piccola, questa è mia mamma, Pattie." Ci presentò.
Pattie:"Ci conosciamo già. Piacere di incontrarti di nuovo tesoro."sorrise, dandomi un piccolo amorevole abbraccio.
Io:"Uguale è per lei, signora Blanco." Le sorrisi di rimando.
Pattie:"Oh, chiamami Pattie, per favore. Signora Blanco mi fa sentire così vecchia." Rise, scuotendo le mani nell'aria.
Io:"Certo, Pattie." Risposi educatamente.
Jorge si sentiva completamente in imbarazzo, avreste potuto dirlo dall'espressione sul suo volto. "Andiamo in camera mia." Informò sua mamma e mi prese la mano per trascinarmi lungo il corridoio.
Pattie:"Non dimenticarti di lasciare la porta aperta!" Disse, ridendo sotto i baffi. Io feci altrettanto e Jorge grugnì solamente e ci lanciò un'occhiataccia. Mi piaceva già la personalità di Pattie. Era una donna davvero simpatica e calorosa, proprio come la ricordavo da quel giorno alla Sede dei Servizi Sociali.
Attraversammo una porta che indirizzava alla camera di Candelaria e Daniel e passammo oltre anche al bagno prima di raggiungere la stanza di Justin.
Io:"Tua sorella non è a casa?"
Jorge:"Deve essere fuori con il suo ragazzo." Le parole scivolarono fuori dalla sua bocca con astio. Afferrai al volo che non gli piacesse poi più di tanto il ragazzo.
Quando raggiungemmo la sua camera, mi accorsi che non l'avevo vista l'altra volta che ero stata a casa sua - non che avessi visto molto in quello stato. La decorazione dell'appartamento era in generale semplice, sui colori blu e azzurro, e un mucchio di fotografie erano riposte su delle mensole o appese alle pareti.
Io:"Hai una bella casa." Mi complimentai. Jorge mi guardò e grugnì come se volesse dire 'prossima battuta, prego'. Mi accigliai. Ero seria ma lasciai perdere poiché non volevo causare un litigio.
La porta della sua stanza era bianca e aveva dipinto su di essa il nome 'Jorge' fatto in stile graffiti. Figo. Non sapevo cosa aspettarmi. Speravo solamente che non avesse poster di ragazze nude o cose simili.
Per mia sorpresa, la sua stanza non era nulla che avessi mai visto prima. Era quasi in ordine -probabilmente grazie a Pattie- e una delle pareti era fatta in mattoni. Le altre erano di un blu scuro ma la camera non era scura per merito della luce che proveniva da una grande finestra su un lato. La testiera del suo letto era contro il muro in mattoni e sopra di essa era appena una grande foto di NYC di notte. Sotto la finestra c'era una scrivania con una lampada e qualche quaderno e penna. Sulla parete opposta c'era un armadio e un comodino e gli spazi del muro erano decorati con delle foto incorniciate. Vidi la sua chitarra appoggiata contro la parete in un angolo e sorrisi al ricordo di lui che cantava e suonava.
Io:"La tua stanza è forte."
Jorge:"Grazie."
Notai anche alcuni scaffali colmi di libri vicino alla scrivania. A Jorge piaceva leggere? Le mensole erano fatte da tavole di legno ed erano sostenute da una costruzione in mattoni.
Io:"Sai che una famiglia vive sotto un ponte poiché tu hai rubato loro quelli, vero?" Indicai i mattoni, facendo alzare gli occhi al cielo a Jorge per la mia esagerazione.
Mi avvicinai alla parete con le foto e le esaminai. Ce n'era una di Jorge e Xabi in cui sembravano più piccoli e i capelli di Jorge gli coprivano la fronte, il che mi fece ridacchiare. Era tenero ma ora era decisamente molto più sexy. Un'altra era di un bambino con una donna che riconobbi essere Pattie.
Io:"Aw, il piccolo Yoyi era così adorabile." Mi strinsi le guance fra le mani per la dolcezza della foto.
Jorge venne dietro di me e mi avvolse i fianchi con le mani. "Smettila di guardare quelle foto." Nascose il volto nell'incavo del mio collo.
Ridacchiai e continuai ad analizzarle. Dopo un paio di Jorge con i suoi amici o i suoi fratelli, mi imbattei in una della famiglia intera. Un Daniel bambino, una piccola Candelaria e un Jorge dodicenne erano circondati da due persone più vecchie, supponevo i suoi nonni, una donna, Pattie, e un uomo che non avevo mai visto prima. Nella foto, sembrava essere suo padre ma siccome non lo avevo mai incontrato non potevo saperlo.
Io:"Chi è lui?" Domandai in maniera azzardata. Quando Jorge non rispose e avvertii le sue mani abbandonare i miei fianchi, entrai nel panico.
Oh no, cos'avevo fatto?

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