LVI.

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Vic mollò la mano del marito, si distese sul letto a braccia aperte e sospirò. Una tacca, una sola ed unica tacca rosa. Dam se ne stava ancora seduto sul letto a realizzare tutto quello che era appena successo. Nessuno dei due osò proferire parola, quello che era certo è che il tempo per loro andava man mano esaurendosi. E lei sarebbe dovuta star meglio in meno di quattordici giorni, non tanto per potersi occupare di Jules, per quello c'erano lui medesimo insieme ad altri mille parenti e amici, era fortunata ad avere una così grande e amorevole famiglia, ma per poter suonare era necessario che tornasse in forma. Solo lei poteva suonare il basso nella loro band, in caso contrario, i concerti sarebbero stati annullati uno per uno, perfino tutti, se fosse stato necessario. Dopo un paio d'ore a contemplare il silenzio, fu lui a parlare per primo.

- Ora..che cosa senti?

- Sento la testa che pulsa, non ce la faccio ad alzarmi...

- Fa' sentire.- le fece cenno di avvicinarsi con la fronte alla sua mano, per la prima volta non le tastò il calore corporeo con le labbra.

- Cazzo, scotti!

Lei si ributtò sul letto esule e respirava a fatica. Le misurò la temperatura. Il termometro segnava quaranta gradi.

- Vic..non va per niente bene, questo! Aspetta, ti vado a prendere un altro cuscino.- Tornò con un guanciale in gommapiuma e glielo mise sotto al suo quotidiano, le scostò i capelli e l'aiutò ad appoggiare la testa, lei aggrottava a fasi alterne le sopracciglia e si massaggiava la fronte. Richiamò il medico subito riferendo della febbre come ultimo sintomo manifestatosi in quella mattinata, il dottore prescrisse per lei un antibiotico che Dam uscì immediatamente a comprare, quando tornò la ragazza si era già riaddormentata. Si sdraiò ancora vestito vicino a lei, la guardava, l'ammirava, la contemplava nelle sue guance rosse che contrastavano con la pelle candida. Non poté fare a meno tuttavia di ripensare alle confessioni che lei gli aveva fatto poco prima. Non pensava di restarci così male, invece sentiva dentro di sé insorgere uno certo stato di malessere quasi esagerato, vista la situazione. Poteva fargliene una colpa? Poteva forse farsene lui una colpa? No che non poteva. La sua era una decisione premeditata o, probabilmente, si era trattato di una reazione spontanea ad un campanello d'allarme? E cosa significava, davvero, quel campanello? Chi poteva dirlo con certezza? Ciò che lei provava era anche questo, mentre aspettava la loro bambina, mentre la stava dando alla luce, mentre la metteva nel suo lettino, mentre li osservava la sera prima di andare a letto? E, soprattutto, provava lo stesso mentre buttava a terra il test negativo e tirava un sospiro di sollievo? Quel che era certo, è che non gliene aveva mai parlato e questo lo devastava. Giunse alla conclusione che, probabilmente, era tutta colpa sua, era colpevole di aver dato per scontato troppe cose nel loro matrimonio o, peggio, nella loro relazione fin dal principio. L'abbracciò piangendo, non seppe mai se lei si fosse o meno svegliata in quel frangente perché aveva la febbre alta e non era proprio in sé. Dopo aver chiamato Nica per chiederle di occuparsi di Vic e chiedere ai suoi di tenere la bambina ancora per qualche giorno, informò gli altri due che avrebbero dovuto fare le prove in tre almeno per qualche giorno, li raggiunse quindi allo studio nel primo pomeriggio.


Aveva l'aria cupa mentre cantava e prese più volte male le note alte.

- Non è possibile, canto da schifo!- s'infuriò con sé stesso una volta finita la prima sessione.

- Ma no, Dam, non sei molto in forma, capita.- Thomas gli mise una mano sulla spalla, lui si scansò infastidito.- Sì ma calmati, Dio Santo, che ti ho fatto di male?!

- Mi hai fatto di male che non mi dici la verità. Siamo una band, no? Quando qualcuno di noi è bravo e innovativo gli diciamo che spacca mentre quando lavora male gli diciamo che è na pippa. Voi questo dovreste dirmi, che sono una pippa, una fottutissima pippa!

𝐹𝑜𝑟 𝑦𝑜𝑢, 𝑙𝑜𝑣𝑒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora