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Cheryl

Mamma e papà, non so se posso chiamarvi così, i papà dei miei compagni di classe non li picchiano e non hanno delle botte sul loro corpo, le loro mamme non li sgridano per ogni cosa che fanno dicendo loro che sono una disgrazia per la famiglia, appendono i loro compiti sui frighi, li lodano, li amano, li abbracciano quando hanno paura e dentro quella braccia si sentono così protetti sapete?
Riuscite ad immaginare come sarebbe stato bello se mi aveste dato un po' di questo? Un po' d'amore, ecco cosa mi serviva ma voi non eravate bravi in questo e non vi siete mai fermati a capire cosa c'era che non andava, la nostra babysitter faceva brutte cose con me ed io avevo provato a dirvelo ma non mi avete mai ascoltata, ora però potete stare tranquilli, non dovrete pagare nessuno psicologo infantile per me d'ora in avanti, andrò a salutare JJ e tolgo il disturbo.

La vostra figlia problematica.

Queste erano le parole che scrissi quel giorno e che lasciai sulla scrivania della mia camera, però quel 19 ottobre le aveva lette mio fratello e arrivò in tempo alla piscina.

Erano le 23, mamma e papà stavano già dormendo tranquillamente da un'ora e mezza, Jason invece aveva finito poco prima una partita di calcio con i suoi amici ma ero quasi sicura che si sarebbe addormentato abbastanza in fretta data la stanchezza.

Avevo ripiegato la lettera posandoci un portapenne sopra, infilai le mie pantofole rosse e sgattaiolai fuori dalla stanza camminando in punta di piedi lungo le scale.

Aprì la porta d'ingresso arrivando al giardino sul retro camminando lentamente mentre la pioggia bagnava il mio pigiama di Trilli.

I capelli rossi erano attaccati alla fronte e le lacrime si mescolavano con le gocce dell'acqua piovana.

Serrai le mani a pugno fissando il mio riflesso nell'acqua, ero esausta, le voci nella mia testa erano una tale confusione.

Sfilai le ciabatte e le dita dei piedi toccarono il bordo della vasca, potei sentire già l'acqua fredda attraversarmi il corpo.

Chiusi gli occhi e allargai le braccia lasciandomi cadere a peso morto nell'acqua andando il più a fondo possibile, non ero un'ottima nuotatrice.

Mi abbandonai sentendo l'aria che piano piano iniziava a mancare ma non avevo intenzione di salire in superficie

Percepì una stretta sul braccio, ma ormai sentivo che le palpebre erano diventate pesanti e non riuscivo ad aprire gli occhi.

<<Cher, andiamo, ti prego svegliati, apri gli occhi>> Gridò Jason tra le lacrime mentre cercava di farmi il massaggio cardiaco.

<<Per favore sorellina, non te ne andare>> Continuò imperterrito, dopo poco sputai fuori l'acqua e lui mi strinse tra le braccia tremanti.

Non sapevo cosa dire, mi vergognavo di aver fatto passare quell'incubo a mio fratello, non se lo meritava.

"Ce l'avevi quasi fatta"

Aveva i capelli arruffati e il sudore misto lacrime e pioggia gli percorreva il viso arrossato.

Era terrorizzato.

<<JJ...>> Cercai di dire con la voce spezzata dal pianto, non era l'atto che stavo per fare ad avermi spaventato ma il fatto che mio fratello stesse così male ed era sempre per colpa mia.

<<Sono qua Cher, ci sono qua io>> Mi abbracciò con tutte le sue forze facendomi stringere le braccia esili introno al suo collo.

<<Aggrappati bene, entriamo in casa>> Si alzò lentamente cercando di tenermi in braccio, eravamo bagnati fradici e i nostri genitori non avevano sentito assolutamente niente.

let's save ourselves from this hellDove le storie prendono vita. Scoprilo ora