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Toni

Dopo pranzo ero subito salita in camera, Penelope e mio padre erano usciti, Jason era fuori con degli amici e a casa c'eravamo solo io e Cheryl.

Lei dopo aver finito il suo piatto salì in camera, come al solito, in silenzio, mentre io giravo per la stanza in cerca di un discorso decente da fare per intraprendere una conversazione.

Mi stancai delle mie continue paranoie, così uscì decisa dalla mia camera dirigendomi verso la sua porta.

Alzai la mano a pugno per poter bussare ma ad una certa mi fermai.

Non sapevo cosa stesse facendo in quel momento, se fosse impegnata, se stesse riposando, magari l'avrei solo disturbata ma sapevo che non avrei più trovato coraggio se avessi continuato a procrastinare.

Non ne avevo adesso e, probabilmente, non ne avrei avuto neanche tra un paio d'ore, così, decisi di bussare due volte.

Dei rintocchi leggeri per evitare di darle fastidio.

Il respiro mi si mozzò in gola quando la vidi.

Indossava un top sportivo grigio come il cemento e dei pantaloni della tuta del medesimo colore.

La sua pelle luccicava, delle goccioline di sudore ricadevano dalla sua fronte e aveva dei capelli appiccicati ad essa ma non smetteva mai di essere attraente.

Lei mi guardò come se si stesse appropriando del mio corpo, come se mi stesse risucchiando tutte le funzioni vitali, non riuscivo più a reagire o a muovere un muscolo, mi aveva prosciugata solo con uno sguardo.

I suoi occhi mi mettevano i brividi, erano così profondi e scuri, potevano trasmetterti sicurezza o incuterti timore, a me facevano accapponare la pelle, non sapevo però per quale dei due motivi.

<<Ehi>> Riuscii a riacquistare l'uso della parola ma mi sentivo così stupida ad essere lì.

<<Ciao>> La sua voce era gelida, sempre priva di emozioni, forse si stava allenando, potei vedere accanto al letto un tappetino e dei pesi.

<<Scusa, non volevo disturbarti>> Mi metteva una tale soggezione, ero sempre stata brava con le parole, i discorsi, far sentire a proprio agio le persone ma con lei era tutto così difficile.

Probabilmente era lei che mi faceva sentire in soggezione.

<<Allora perché sei qui?>> Questa risposta confermò la mia tesi.

Ero ad un passo dalla tana del diavolo e l' avevo disturbato, ormai tanto valeva farmi sgretolare.

<<Volevo solo parlare, da quando sono qui non l'abbiamo fatto>>
<<Devi ricucire i rapporti con tuo padre, non conoscermi>> Aveva sempre la risposta pronta ma aveva ragione, io non ero lì per conoscere i figli, ero lì per mio padre, ma sapevo che con lui non ci sarebbe stata alcuna speranza.

Io ero ancora troppo aggrappata a quelle immagini di lui dietro quella donna sopra la scrivania del suo ufficio per dimenticare, quelle immagini erano impresse nella mia testa come cicatrici, e per quanto avrei voluto, non se ne sarebbero mai andate.

Prima che potessi ribattere sentì un forte profumo di orchidea innondarmi le narici, come poteva emanare questo profumo anche mentre le gocce di sudore cadevano lentamente sul suo top sportivo?

Deglutii non appena me la ritrovai a pochi centimetri dal mio viso, per una frazione di secondi abbassai lo sguardo sulle sue labbra prive di qualsiasi tinta rossa e poi sul suo reggiseno, riportandolo infine nuovamente ai suoi occhi.

let's save ourselves from this hellDove le storie prendono vita. Scoprilo ora