Capitolo 33.

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"Fatto?"

Fa un cenno di assenso con il capo, come a dire "ho dovuto" , al ché gli lancio un'occhiataccia (senza però riuscire a trattenere una risata) ,ma successivamente decido di non badarci, troppo curiosa di vedere quale desiderio si avvererà.

Chiariamoci, non che ci creda veramente. So che per fare avverare i desideri, sogni, obiettivi o come vogliamo chiamarli ci vogliono impegno, costanza, determinazione, e anche qualche sacrificio se serve, però mi piace l'idea!

Alzo piano piano il dito, e vedo che la ciglia è rimasta sul mio polpastrello.

"Me l'ha insegnato mia mamma da piccola" gli racconto.

"Quindi non hai soltanto ricordi negativi di lei..." osserva sarcastico guardandomi negli occhi.

"No! Ed è brava come madre, solo... Si preoccupa troppo di tutto, e mi dispiace" gli spiego. "Però non posso farci niente, perché se glie lo fai notare ti urla addosso, e anche nonna si arrabbia perché dice che la critichi... Anche se non è una critica, io vorrei soltanto che fosse serena! Che capisse che nella vita non ci sono soltanto problemi da risolvere o cose da fare, che è giusto e va bene prendersi periodi di pausa e che dovrebbe iniziare a farlo. Dovrebbe iniziare ad amarsi un po' di più... È questo che mi dispiace fondamentalmente: il fatto che sia così insicura!"

Luca mi accarezza i capelli, aumenta leggermente la stretta delle sue braccia intorno al mio busto, e posa un dolce bacio sulla mia fronte.

"Però, per quanto faccia male, deve capirlo lei. E deve fare qualcosa lei, volendolo. Se glie lo diciamo noi si arrabbia e basta, quindi lasciamo stare, però non è giusto!" continuo.

"Giusto o sbagliato che sia, i genitori si mettono sempre all'ultimo posto. Prima i figli, e tutte le loro necessità. Poi il lavoro, le bollette e la quotidianità. Se avanza tempo, si occupano di loro stessi e dei loro problemi personali" riflette. "Sbagliamo tutti, genitori e figli, e tutti abbiamo le nostre insicurezze, punti deboli e punti di forza. Perché cambiarci? Perché non lo riesci ad accettare? Capisco che ti dia fastidio, che ti faccia male vederla sempre di corsa, ma lei è così! Amala per com'è, no?" sussurra.

"Si sta facendo del male!" dico ovvia.

"Ma non ti ha mai chiesto di aiutarla, e se a lei sta bene così..."

"A lei non sta bene così!" lo interrompo. "Non le può stare bene così..."

"Chi te lo ha detto?" mi interrompe.

Lo guardo.

"Chi starebbe bene rinchiuso nelle sue paure? È un incubo!" sbotto spontanea.

"Per alcuni l'incubo è rappresentato dallo staccarsi dalle proprie certezze, per quanto sbagliate o corrette esse siano" mi fa notare, ed io mi ammutolisco.

"Non siamo tutti uguali, principessa... Ma questo sono certo tu già lo sappia" bisbiglia prima di darmi un bacio.

"Sì, però.... Se ci penso... Al pensiero di avere un problema irrisolvibile... Neanche ci voglio credere, perché mi sento mancare l'aria! E poi nulla è irrisolvibile. Se qualcosa non va, la si affronta. Si parla, o si mette nero su bianco, e già il cinquanta per cento del problema a via!" continuo.

"Va bene. Questo è il modo più corretto, nessuno lo mette in dubbio. Ma a volte, quando qualcosa ci spaventa tanto o semplicemente siamo orgogliosi, non ne parliamo.

Ci chiudiamo in noi stessi, cercando di uscirne da soli, pur sapendo che stiamo sbagliando. E lo facciamo perché non vogliamo coinvolgere gli altri nei nostri problemi. Purtroppo è raro vedere un genitore chiedere aiuto al figlio, o alla figlia, ne so qualcosa anch'io, e concordo sul fatto che non sia giusto, ma non possiamo scavalcare le loro volontà. Non puoi costringerla a parlare, o ad attuare diversamente! Però puoi rispettarla, e avere pazienza.

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