XLI

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Tentó più volte di avvicinare le tronchesi al filo metallico, ma si era stretto così tanto intorno ai polsi da limitarle qualsiasi movimento. Il dolore non si affievoliva, anzi sembrava aumentare di secondo in secondo. Le dita stavano perdendo sensibilità e lei si sentiva sfinita. Accostò la schiena alla parete e inspirò a fondo. Una calda lacrima percorse la guancia fino al mento per poi finire sul pantalone ormai logoro. Strozzò a stento un singhiozzo.
Non può finire così....ripeteva a se stessa come un mantra, non quando era così vicina ad una svolta.
Strinse il labbro tra i denti, afferrò con forza la tronchese, con il medio tastò il polso sinistro e quando toccò il filo avvicinò le estremità appuntite.
Con un colpo secco lo tagliò.
Dopo qualche secondo era riuscita a liberare entrambe le mani. Pianse come se fosse finalmente al sicuro da un incubo, ed invece quello era solo all'inizio e per quanto riguardava la fine, beh nessuno poteva ancora sapere quale sarebbe stata . Guardò le mani imbrattate di sangue e strappo due lembi di tessuto dalla maglia. A denti stretti li avvolse ben stretti intorno alle ferite e chiuse con un nodo. Recuperò le tronchesi che in caso di necessità sarebbero potute essere utili e si avvicinò alla finestra. Dinnanzi alla vista di quel dirupo che ormai conosceva bene ogni barlume di gioia sparì. Sospirò di frustrazione.
<Perché niente va nel verso giusto? >Con rabbia colpì la parete. Fece girovagare lo sguardo nella stanza buia alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa potesse esserle di aiuto. Rilevò con la coda dell'occhio una struttura simile ad una porta, così piena di speranza si avvicinò,ed era proprio una porta. Accostò l'orecchio al legno freddo e rimase in ascolto. Non c'era alcun rumore il che significava che all'interno di quella stanza non vi era nessuno. Abbassò con delicatezza la maniglia e aprì di poco. Osservò il locale completamente vuoto e vi entrò. Per quanto dovesse essere cauta,non poteva dimenticare ciò che era successo al suo primo tentativo di fuga,quindi doveva essere più veloce quella volta. Raggiunse la finestra al lato opposto di dove si trovava e con un sospiro di sollievo notò che questa dava direttamente sul bosco. Girò la maniglia e tirò verso di lei,ma quella non si mosse.
Sembrava bloccata.
Nadia la afferrò con entrambe le mani e con uno strattone riuscì nel suo intento.
Scavalcò il davanzale in legno e subito si inoltrò tra gli alti alberi di conifere.
Non c'era tempo per controllare il terreno così corse più che poteva.
Era un suolo pieno di radici, pietre e buche. Il buio non aiutava ma lei continuò ugualmente la sua fuga forsennata. All'improvviso il piede rimase intrappolato in un groviglio di rovi e lei cadde rovinosamente a terra. Istintivamente portò le mani davanti e si ritrovò a gattoni sulla gelida terra. Si mise a sedere strofinando le ginocchia brucianti, poi aggrappandosi ad un tronco si issò in piedi, ma le gambe cedettero e si ritrovò nuovamente sul terreno. Non aveva mai provato una sensazione simile. Ogni parte del suo corpo la implorava di fermarsi. I suoi muscoli sembravano punti di continuo da centinaia di aghi.
Ma per quanto potesse sentirsi sfinita sapeva di non essere ancora arrivata al suo limite. Così con grande difficoltà artigliò le dita sulla ruvida corteccia e si alzò.
Riprese a correre con il sudore che imperlava la sua fronte, ma per quanto si sforzasse pareva rallentare sempre più.
La testa le iniziò a girare e fu costretta a reggersi ad un tronco. Con respiri affannoso si guardò intorno. Era da un pò che fuggiva, ma non vedeva altro che alberi e alberi. Doveva avvicinarsi di più alla strada, almeno per cercare di capire in quale direzione stesse andando.
Si mise in piedi a fatica e cambiò strada, dirigendosi alla sua sinistra. Man mano che camminava il bosco si faceva meno fitto e quando intravide la piccola stradina sorrise. Ce la stava facendo!
La sua attenzione fu subito attirata dal rombo di un'auto e dallo stridore delle ruote sul suolo breccioso. Si voltò verso quel rumore e vide delle luci avvicinarsi.
Si nascose bene dietro ad un albero e trattenne il respiro. Possibile che Federico l'avesse già trovata ?!
Fu abbagliata dai fari non appena l'auto svoltò l'angolo. La figura scura avanzava e le passò proprio di fianco. Quegli attimi si susseguirono ai suoi occhi a rallentatore. Come un insieme di fotogrammi scomposti.
Quell'auto fin troppo familiare, vista più e più volte. Quando il suo sguardo si posò sul guidatore il cuore prese a battere all'impazzata e la sua testa sembrava essere finita in una roulette russa.
<No! No! No! >Gridò seguendo con lo sguardo l'auto che si faceva sempre più lontana <No! Fermati! >Urlava con quanto fiato avesse inseguendo Nicolas e sbracciandosi affinché riuscisse a vederla. <Non andare >Strillò ancora disperata. Poco le importava di non essere più nascosta dagli alberi. Poco le importava di essere in bella vista e un facile bersaglio. Doveva fermarlo. Me lei era troppo stanca e l'auto troppo veloce. Si inginicchiò completamente a corto di fiato e con le lacrime che bruciavano gli occhi. Alzó la testa per vedere il veicolo sparire lungo la salita e mise una mano sul petto, tentando di calmarsi.
Doveva raggiungerlo.
Raggiungerlo e salvarlo.
Si mise di nuovo in piedi con gambe instabili e riprese a correre,prendendosela con se stessa per non essere in grado di andare più veloce.
Le sembrava un tragitto interminabile finché iniziò ad udire delle voci.
Svelta si spostò tra gli alberi facendo attenzione a non essere notata. Continuò a camminare fino a raggiungere il punto in cui si trovavano diversi uomini. Nicolas era completamente solo di fronte a Federico e ai suoi scagnozzi.
Nadia era sconvolta,non capiva cosa gli era saltato in mente.

Nicolas scese dall'auto e osservò i diversi volti che aveva dinnanzi, poi posò il suo sguardo sul loro capo.
Capelli brizzolati e baffi ben curati. Anche se non erano parenti somigliava molto a quel bastardo di Tommaso.
Sentì il disgusto crescere, ma non mutò la sua espressione cinica. Volse ancora lo sguardo in tutte le direzioni alla ricerca di Nadia, ma lei non c'era. Non riusciva a credere di essere in ritardo. Non poteva pensare che lei fosse già.... No! Impossibile! Si diceva. Federico l'ha usata come esca, non l'avrebbe mai uccisa senza prima raggiungere il suo obiettivo.

Risa agghiaccianti riecheggiarono nell'aria e Nicolas riportò i suoi occhi su di lui<Ed ecco qui il grande Trani. Tutto solo soletto. Sai ti facevo più intelligente e invece sei venuto qui a cercare la morte di tua spontanea volontà. Tutto poi per una puttana! >
Nicolas strinse il pugno nascondendo la rabbia che sentiva. Estrasse una sigaretta dal pacchetto e la portò alla bocca con fare indifferente. Quell'atteggiamento di superiorità suscitò immediatamente l'ira di Federico.
Prese la pistola dal fodero e la puntò dritta su Nicolas che non fece alcun movimento. Anzi alzó un angolo della bocca e guardò l'uomo armato davanti a lui con fare irriverente. <Ti sei prodigato parecchio per attirarmi qui. Ne sono davvero onorato. Ci tieni così tanto a me? >
<Tu! Lurido figlio di puttana! Dovevi morire tanto tempo fa, ma non è mai troppo tardi>La sua voce trasudava tutta la rabbia che sentiva.
<Dov'è lei? >Chiese soffiando via il fumo.
Federico si lasciò andare ad una grassa risata <Che destino crudele. Innamorarsi proprio della figlia del tuo aguzzino! Però c'è un lato positivo>alzó di poco il braccio<Morirete insieme qui ed oggi. >con un sorriso spaventoso premette il grilletto colpendo Nicolas all'altezza del petto. Nadia a pochi metri da loro sgranò gli occhi e per qualche secondo non ebbe la capacità di muoversi. Era pietrificata.
Le lacrime che a lungo aveva trattenuto iniziarono a scendere copiosamente e con la poca forza che le restava corse, corse più veloce che potesse. Raggiunse Nicolas facendo da scudo con il suo corpo proprio nel momento in cui un secondo colpo partí colpendola all'altezza della scapola.
I due iniziarono a rotolare giù per una scarpata. Nicolas avvolse le sue braccia intorno all'esile corpo di lei, evitandole ferite. Andò a sbattere con la schiena contro un tronco che fermò la loro discesa. L'uomo tossí dolorante e abbassò lo sguardo su Nadia.
<Cosa stavi... >il tono burbero venne interrotto dalla mano di lei che tastò il punto in cui era penetrata la pallottola<Stai bene>Disse sorridendo.
<Il giubbotto antiproiettili mi ha protetto, ma tu... >
<Stai bene. >Ripeté ancora iniziando a piangere di gioia<Stai bene! >ribadí felice.
<Si io sto bene, ma tu. Tu non stai bene.>Affermò alzando la mano he aveva tenuto dietro la schiena di lei. Era completamente coperta di sangue. <No! >si tolse la giacca appallottolandola e la premette sulla ferita provando a fermare l'emorragia. <Guardami. >Le ordinò prendendole il viso con la mano libera <Non ti addormentare ok? Continua a guardarmi.>Nadia sorrise con palpebre pesanti che non riusciva più a tenere aperte.
<No! >gridò lui<Non ti addormentare! >

Non Ti OdioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora