XIV

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Il sole era sorto da un pò ormai e Carlotta iniziava a sentire le palpebre farsi sempre più pesanti. Aveva passato l'intera notte al fianco di Nadia e non aveva chiuso occhio. Dopo aver saputo che la sua amica era stata drogata aveva deciso di tenerla sotto controllo per essere certa che non le succedesse niente.
Il naso le colava forse a causa del freddo che aveva preso la notte precedente e quando cercó di trattenere uno starnuto quello uscì più forte che mai.
A causa del rumore Nadia aprì gli occhi spaventata e si guardò intorno. Le ci volle qualche secondo per capire dove fosse e fu felice di ritrovarsi in quella stanza.
<Ehi come stai? Come ti senti? Stai bene? >Carlotta le fece una raffica di domande senza darle neanche il tempo di rispondere.
<Mmmh sto bene. >Le disse ancora frastornata e con la testa pulsante.
Con le mani si massaggiava le tempie per attenuare un pò il dolore.
<Scusami. >Le disse la sua amica prendendola per mano.<Scusami se a causa mia finisci sempre nei casini. Io....>
<Tu dovresti davvero smetterla. >la interruppe sorridendo<Non è colpa di nessuno se non di quella merda di Ferro. >Disse con rabbia.
Il solo pensiero che un essere viscido come lui l'avesse toccata le faceva ribrezzo.
Solo in quel momento si ricordó che lui era su di lei e stava per...
Presa dal panico spostò le coperte e si rilassó solo quando vide che era ancora vestita.
<Non ti ha fatto nulla. Sono venuti in tempo. >La tranquillizzó Carlotta che subito dopo abbassò lo sguardo con un'espressione triste sul viso.
<Carlotta. >La richiamò Nadia <Smetti di fare questa faccia altrimenti vado via. >
<No no non muoverti.  La smetto ok!? >
<Bene! Vado a farmi una doccia adesso >La informò alzandosi piano dal letto ma un giramento di testa la costrinse ad appoggiarsi al muro.
<Vengo con te >Disse Carlotta tenendole un braccio.
<Sto bene! Farò attenzione. >Le rispose entrando nel bagno.
Nonostante le continue vertigini il desiderio di levarsi ogni traccia che le mani di quell'uomo aveva lasciato su di lei era troppo grande.
Entrò nella cabina doccia senza aspettare che l'acqua diventasse calda e insaponó il suo corpo tre volte.
Strofinó più forte possibile, ma la sensazione di sporco era sempre lì. Gettò la spugna in un angolo con rabbia e appoggiò le mani sulla parete lasciandosi accarezzare dal getto.
Iniziava piano piano a sentirsi più leggera e avrebbe volentieri continuato a stare in quel modo se l'incessante bussare alla porta non l'avesse interrotta.
Indossò l'accappatoio, andò ad aprire e per poco Carlotta non bussò anche sul suo naso.
<Tutto bene? Stai bene? >Le chiese già in preda al panico <È da molto che sei chiusa qui dentro e pensavo ti fossi sentita male. >Si giustificó la ragazza con le guance rosse.
<Sto bene puoi stare tranquilla. >Le disse accennando un sorriso.
Non poteva avercela con lei.
Non poteva arrabbiarsi perché alle volte era troppo invadente.
Non poteva gridarle in faccia che in realtà ciò che le era successo l'aveva scossa nel profondo.
Non poteva!
Perché lei era lì tremante, che cercava di ricacciare indietro le lacrime e nascondere i suoi sensi di colpa.
Perché quella ragazzina ingenua non aveva responsabilità per il marcio che dilagava nel mondo.
Non poteva, semplicemente perché lei era una sua amica, la sua unica amica.
Una di quelle poche persone che le avevano dimostrato che oltre al buio c'era anche la luce e riuscire a vederla era una fortuna.
La abbracciò d'istinto e quella fu la prima volta che sentì il bisogno di ricevere affetto da qualcuno.
Forse la paura di essere violentata o addirittura uccisa le avevano fatto apprezzare quei piccoli gesti in grado di liberarti dal male.
<Ti voglio bene!> le disse Carlotta sorpresa.

I giorni passarono molto lentamente e Nadia trascorse gran parte di quelli all'interno della sua stanza.
Non le andava di parlare o interagire con gli altri e passava il suo tempo a guardare il soffitto e pensare.
Quel giorno entrò nel bagno e si guardò allo specchio.
Il livido sulla sua guancia si stava schiarendo e non faceva più tanto male al tatto.
Alle volte riusciva a sentire la forza con la quale l'aveva colpita e la ferocia nello sguardo di quell'uomo ancora le provocava brividi.
Si concesse un lungo sospiro e tornó in camera. Si distese sul letto coprendosi con le lenzuola profumate. Carlotta era scesa per incontrare Massimiliano, ma lei non aveva alcuna voglia di vedere nessuno.
Anche se faticava ad ammetterlo a se stessa, la verità era che si sentiva delusa.
Delusa da Nicolas.
Le volte in cui lo incontrava all'interno della villa lui la evitava chiaramente.
Perché doveva farlo? Non doveva essere lei quella offesa perché lui non era stato in grado di proteggerla dentro la sua casa? E allora perché continuava a sentirsi sbagliata?
Lei che era stata una vittima veniva trattata in quel modo assurdo.
Sbuffó sonoramente e mise  un braccio sugli occhi perché in quei giorni non sopportava neanche il sole.
Sentì la porta aprirsi e convinta che Carlotta fosse tornata per prendere qualcosa che aveva dimenticato continuò a restare nella sua posizione.
Non avvertì alcun passo. Perché mai doveva restare davanti alla porta senza muoversi?!
Alzó il busto e vide Nicolas con le braccia incrociate al petto che la osservava.
Non riusciva a decifrare l'espressione sul suo viso e la cosa la rendeva confusa.
<Vestiti.>Le disse.
Nadia rimase per un attimo interdetta.
Per giorni non aveva fatto altro che evitarla e di punto in bianco entra nella sua camera e le dà ordini.
Lo guardó con aria di sfida e dopo aver schioccato la lingua sotto al palato tornó a sdraiarsi.
Nicolas appoggiò una spalla allo stipite e alzó un angolo della bocca.
Quel suo atteggiamento da guerriera non si spegneva mai.
<Vestiti. >Le ordinò nuovamente.
La ragazza si alzò e appoggiandosi sui gomiti lo osservò con calma.
Stava cercando di mantenere un atteggiamento rilassato, ma dentro di sé era felice che finalmente lui si fosse avvicinato a lei.
<Buongiorno anche a te. >disse alzando un sopracciglio.
<Vestiti .>Ripeté ancora lui che adorava quel tiro alla fune.
<Perché non piombi nella nostra stanza senza alcun preavviso e fregandotene della privacy >Disse in tono sarcastico Nadia.
 Nicolas mise le mani nelle tasche dei pantaloni e fece un passo verso di lei  <È casa mia vado dove voglio! Saresti già pronta se non perdessi tempo in questioni inutili, vestiti.>
Nadia sospirò cercando di ingoiare  tutti gli accidenti che avrebbe voluto urlargli addosso,spostò il lenzuolo e indicò il suo corpo<Come vedi sono già vestita.>
<Quello è un pigiama.>Le fece notare, posando gli occhi sulla spallina della canotta che, caduta, lasciava intravedere parte del seno destro.
<Davvero? Non ne avevo idea.>
Lui continuò a fissarla senza dire altro.
Il suo sguardo era così profondo che Nadia si sentì messa sotto pressione e decise di arrendersi.
Si portò le mani sul viso e affondò nel cuscino sconfitta.
<Te ne vuoi andare così mi vesto e la smettiamo con questa storia?>chiese senza guardarlo.
Lui rimase qualche altro secondo ad osservarla , come calamitato da quel corpo perfetto.
Si girò e chiuse la porta alle sue spalle,lasciando Nadia nella conduzione più totale.
1Non era la prima volta che lui si comportava in modo enigmatico e ogni volta non riusciva a decifrarlo.

Nicolas scese le scale ed entrò nello studio .
In quei giorni aveva pensato molto a Nadia e a quanto era successo.
Il suo orgoglio ne era rimasto gravemente ferito come la sua dignità.
Non poteva permettere che tutto finisse in quel modo.
<Capo ci hai chiamati? >Chiese Massimiliano aprendo la porta.
<Ferro non può restare impunito. >Spiegò Nicolas appoggiandosi alla scrivania.
<Lo penso anche io, ma non è il momento di muoverci. >Disse il ragazzo che aveva deciso di mantenere a bada la sua irruenza. Non voleva creare ulteriori problemi.
<Non sei tu che prendi decisioni. >Lo rimproveró rude Nicolas.
<Ma se lo facciamo avremo tutti addosso. >Cercò di farlo ragionare.
<Nessuno saprà chi c'è dietro. Il piccolo Ferro morirà a causa di un incidente. >Spiegò risoluto.<Te ne occuperai tu. Pensa a qualcosa e tra qualche giorno attua il piano. >Poi si voltò verso Amir <Tu continua le ricerche sulla talpa. È tutto! >.
Non era la sua prassi quella di eliminare qualcuno e non prendersene i meriti così da far aumentare il suo prestigio,ma la situazione quella volta richiedeva di essere cauto.
Ferro doveva essere punito e se quello era l'unico modo non gli importava di agire di nascosto.
Prese la giacca dalla sedia e uscì dalla stanza incrociando proprio Nadia.
Con la mano le fece segno di seguirlo e insieme entrarono in auto.
Nicolas mise in moto e partì senza dire una parola. Così continuó per tutto il viaggio e dopo un'ora di assoluto silenzio Nadia si sentiva annoiata e stanca.
Sbuffó sonoramente per farsi sentire, ma lui non le diede retta.
<Adesso posso sapere dove stiamo andando?>gli chiese non riuscendo a trattenere uno sbadiglio,tutta quella strada le aveva fatto venire sonno.
<Tieni.>devió volutamente la domanda, prese una borsa dai sedili posteriori e la appoggiò sulle gambe di Nadia.
Lei la guardò sospettosa,mentre migliaia di teorie vorticavano nella sua mente.
<Hai fame no?! È per questo che ti lamenti in continuazione.>
<Io non mi lame...>Ma Nadia non finì la frase perché si ritrovò a sospirare, era totalmente inutile iniziare una discussione con lui.
Aprì la borsa e ne estrasse una busta di patatine,iniziando a sgranocchiarne qualcuna cercando di ingannare l'attesa.
Con aria tediosa guardava fuori dal finestrino. Era ormai tanto tempo che stavano viaggiando e l'eccitazione del momento aveva lasciato spazio solo alla noia .
Si mise comoda sul sedile poggiando la testa su un lato, tanto valeva riposarsi.
Pochi minuti dopo sentì la macchina spegnersi, aprì gli occhi e guardó Nicolas dubbiosa.
<Siamo arrivati. >le spiegò semplicemente aprendo lo sportello.
Nadia osservò intorno a lei e quando il suo sguardo si posò sull'immensa distesa azzurra sentì il cuore accelerare pericolosamente.
Scese dall'auto in preda all'eccitazione raggiungendo in fretta la spiaggia.
Tolse scarpe e calzini ed iniziò a camminare sulla sabbia umida godendosi ogni singolo passo.
Non aveva mai provato quella sensazione, certo aveva immaginato spesso come potesse essere, ma la realtà minimizzava ogni sua aspettativa.
Quando l'acqua fredda raggiunse i piedi si fermó e osservò davanti a sé. Tutto era di un azzurro intenso, le onde le accarezzavano la pelle e la dolce brezza le spostava dolcemente i capelli.
<Allora hai anche tu un cuore?>Chiese a Nicolas con gli occhi chiusi per godersi ogni suono, ogni profumo.
<Se intendi il muscolo cardiaco essenziale per vivere. Allora si.>
<No intendevo nel senso figurato.>Rispose acida lei.
<Ne sono nato sprovvisto mi dispiace>
Nadia sbuffó sonoramente.
<Sbuffi spesso. >le disse .
<Solo quando sono con te.Perché mi hai portata qui?>
<Mi andava di vedere il mare>
<Potevi venire anche da solo. >Gli fece notare stizzita.
Nicolas alzó semplicemente le spalle senza dare una risposta.
Nadia si voltò a guardarlo, i loro sguardi si incrociarono e come sempre sentì uno strano formicolio allo stomaco.
<Non vieni?>Gli chiese lei spostando una ciocca di capelli che le era finita sul viso.
<No! .>disse appoggiandosi al muretto e mettendo le mani nelle tasche.
<Hai paura di sporcare le tue costose scarpe? >
Non ottenne alcuna risposta così decise di puntare tutta la sua attenzione al mare.
Vide in lontananza una barca a vela che sembrava danzare tra le onde.
Non poteva credere che una semplice distesa d'acqua la facesse sentire tanto bene.

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