Alla Baita (Parte 3), 6 Febbraio 2020

4 2 0
                                    

Sono solo in mezzo al nulla.

Il cellulare prende a stento, ci sono momenti in cui il segnale si azzera completamente ad altri in cui tenta di agganciarsi a un qualche ripetitore ubicato chissà dove.

Appena Bruno se n'è andato ho acceso il camino e ho dato un'occhiata in giro.

La baita è sostanzialmente divisa in due vani. C'è una zona giorno, quella in cui mi sono intrattenuto con Bruno prima che mi lasciasse qui da solo, che oltre al camino ospita due tavoloni disposti a L con panche di legno e varie sedie impagliate. In un angolo, tra la porta e il camino, un modesto quanto datato fornello a quattro fuochi e una credenza divorata dai tarli resistono stoicamente al trascorrere inesorabile del tempo. Sull'altro lato, una porta conduce alla zona notte dove ci sono una decina di letti a castello e un paio singoli. Regna un silenzio inquietante.

All'esterno, a una decina di metri dalla baita, c'è la costruzione in legno, una sorta di seconda baita in formato ridotto. Dal tetto pende un pezzo di legno sul quale qualcuno ha scarabocchiato con della vernice gialla la scritta "Bagnio" (sì, proprio con la i). A tal proposito confesso che non mi entusiasma affatto l'idea di dover uscire nel freddo della notte per fare i miei bisogni, senza poi contare che Bruno ha detto che è zona di orsi e di lupi. Credo che in caso di necessità mi arrangerò in altro modo.

Comunque, superata la scalcinata porta di legno senza serratura sopra la quale pende l'orrore ortografico, ci si ritrova in una specie di antibagno, un locale buio con un lavandino ammantato di ruggine e calcare dirimpetto a tre porte chiuse.

Sulla prima, con la stessa vernice utilizzata all'esterno, vi è riportata la medesima dicitura: bagnio. All'interno c'è un semplice buco nel pavimento e un rotolo di carta igienica appoggiato sul davanzale di una minuscola finestrina con il vetro rotto.

Sulle altre due non c'è scritto niente. Quella al centro si apre su un corridoio buio con a lato uno scaffale colmo di roba da mangiare che si perde nell'oscurità. Oltre la terza porta c'è il deposito degli attrezzi, uno spazio di circa sei metri per tre che contiene di tutto: assi di legno, tubi di metallo, un pezzo di gronda, qualche mattone, due paia di sci di legno e uno di vecchie ciaspole simili a racchette da tennis. In un angolo sono stati parcheggiati una datata stufa e un materasso. Su uno scaffale di metallo c'è una pila di coperte accanto a due cuscini. E poi sedie, un paio delle quali rotte, bombole di gas forse vuote, qualche tanica di benzina, una falce, un paio di scuri da boscaiolo, un'antica sega di legno e altri datati arnesi da lavoro di cui mi sfugge la destinazione d'uso.

Il locale ha un'unica finestra anche quella con il vetro rotto nell'angolo inferiore.

Ho recuperato la borsa attrezzi e, con il sole che scendeva sull'orizzonte, mi sono messo al lavoro.

Il blog di ArmandoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora