Capitolo 7: Il tempo è un amante crudele

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22 dicembre

Durante la sua incarcerazione a Villa Malfoy, Hermione realizzò che il tempo era un crudele, piccolo egoista amante.

Il tempo era indifferente. Non gli importava che, a ogni ticchettio dell'orologio, Hermione sentisse il suo tenace spirito di Grifondoro scivolare via, che sentisse il fuoco nel suo ventre e quel coraggio ardente spegnersi a ogni sorgere del sole. Che ogni giorno, quando Malfoy aggrediva bruscamente Hermione con il suo marchio particolarmente crudele di magia Legilimens, una piccola parte di lei si staccava. O che lui la stesse strappando, facendo a pezzi la sua psiche mentre le lacerava la mente. Al tempo non importava che lei si sentisse indebolita, scheggiata, pezzo dopo doloroso pezzo.

No, certo che no. Al tempo non importavano cose banali come questa. Non gli importava della guerra o delle milioni di vite perse durante le sue rotazioni. Non gli importava se Voldemort vincesse o se eliminasse ciò che restava dell'Ordine e il mondo fosse stato eclissato dalle sue tenebre. L'unica cosa di cui il tempo si preoccupava era di assicurare che la luna tramontasse ogni sera e che Elio facesse sorgere il sole ogni mattina con il suo carro dorato.

Gli obiettivi del tempo erano semplici, non ambiziosi: portare la promessa di un nuovo giorno. La speranza di un nuovo inizio, di una tabula rasa.

Anche se alcune persone non volevano un nuovo giorno. Anche se la speranza era un lusso che alcuni non potevano più permettersi.

I giorni si trascinavano senza sosta. Hermione ripeteva la stessa noiosa e banale routine a ogni sorgere del sole.

Le mattine iniziavano con Malfoy che spalancava la porta della sua camera da letto— il suono del legno che sbatteva violentemente contro il muro la scuoteva sempre dallo stato onirico in cui stava tramando.

Le offriva la pozione anti-magia.

Lei la rifiutava con un secco; "Fottiti," o "Vai all'inferno."

Malfoy le comandava di berlo, con più forza la seconda volta.

Hermione era solita lanciare via la sua mano tesa o sputagli in faccia; qualsiasi cosa le sembrasse opportuno al momento; qualsiasi cosa pensasse facesse ribollire lo stomaco di Malfoy. La maggior parte delle volte, sceglieva di sputare.

Lui reagiva in uno dei due modi: o paralizzandola con una maledizione e versandole il liquido in gola, o bloccandola contro una superficie, aprendole la bocca e versandoglielo come aveva fatto il primo giorno. Come Hermione, di solito sceglieva l'opzione più dura delle due. Quel bastardo malato probabilmente si divertiva a sopraffarla in quel modo.

Dopo, dava istruzione a un elfo domestico di aspettare con lei che la pozione facesse effetto, e spariva. Gli elfi parlavano con Hermione mentre aspettavano il suo ritorno, cercando di sciogliere la terribile tensione nell'atmosfera. L'elfo le parlava con disinvoltura mentre lei si agitava, ignorandola mentre rovesciava tutti i mobili della sua stanza e prendeva a pugni le pareti in preda alla rabbia.

E quando alla fine Malfoy riappariva, irrompeva nella sua mente. La sua magia le si conficcava nel cranio come una mazza, e poi l'immagine di lui appariva nella sua mente proprio accanto a lei.

La loro routine all'interno della sua mente era altrettanto ripetitiva. Si trovavano fianco a fianco e fissavano la fortezza che lei aveva costruito per tenerlo lontano dai suoi ricordi, lui faceva un commento sprezzante— di solito sul suo aspetto o sulla mancanza di creatività nella sua progettazione— poi si lanciava in avanti e cercava di abbattere le porte.

Gli ci vollero quattro giorni per aprirle.

Le aveva sorriso compiaciuto da sopra la spalla quando ci riuscì; i suoi occhi bruciavano trionfanti mentre entrava nell'albergo e Hermione l'aveva seguito da vicino. Il suo sorriso era svanito quando erano entrati in un lungo corridoio, fiancheggiato da decine e decine di porte di legno di colori diversi, tutte rinforzate come quella dell'albergo.

Secrets and Masks | Traduzione in ITALIANODove le storie prendono vita. Scoprilo ora