Capitolo 65: All night long

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16 aprile

"Theo...non mi piace questa cosa."

"Sarà finita tra un minuto. Promesso."

"Mi sento stupida."

"Beh, è strano. Non sembri stupida. Sei bellissima."

"Ti prego non fare battute ora. Non mi piace. Non riesco a vedere niente!"

"È questo il punto, Daph. È una sorpresa," ridacchiò Theo dietro di lei. Il suo respiro le solleticò la nuca e le fece venire la pelle d'oca sulle braccia. "Il primo gradino è proprio davanti a te, quindi cammina con molta attenzione-"

"Come faccio a farlo se non riesco a vedere dove cazzo sto andando?"

"Non preoccuparti, non ti farò andare a sbattere contro niente." Quando Daphne fece un verdo d'irritazione, ci fu una breve pausa e Theo aggiunse. "Se non correggi il tuo atteggiamento, allora sei da sola, donna."

Daphne sapeva che non era serio, ma il suo cuore affondò comunque. Dei lampi di luce spessi e artificiali svolazzavano dietro i palmi di Theo. Odiava questa situazione. Stare al buio senza poter vedere ciò che aveva davanti... le ricordava...

Se qualcuno, oltre a Theo, le avesse chiesto di farlo, lo avrebbe mandato a quel paese. Odiava stare al buio in questi giorni, anche solo il pensiero le dava un po' di nausea. Doveva essere in grado di vedere tutto ciò che la circondava in ogni momento, doveva essere in grado di vedere ogni angolo per essere sicura che nessuno potesse avvicinarsi di soppiatto.

Blaise aveva detto che non c'era da vergognarsi a dormire con una candela accesa sul comodino, ma lei si sentiva comunque un po' sciocca.

Daphne non aveva mai avuto paura di nulla prima d'ora. A parte la perdita della sua famiglia, non aveva vere fobie o paure. Non aveva paura dei ragni, delle altezze o delle cose che si muovevano nella notte.

Un tempo era in grado di massacrare una stanza piena di gente senza sbavature di trucco. Un tempo un esercito di soldati babbani avrebbe potuto puntare i loro fucili contro di lei e il suo cuore non avrebbe battuto un colpo, ma ora? Le mani di suo marito le coprivano gli occhi da appena trenta secondi e il sudore le saliva alle tempie e le ginocchia le tremavano per la paura.

Daphne Nott, la più letale Mangiamorte donna mai esistita, aveva paura del buio, cazzo. Oh, Bellatrix l'avrebbe adorato.

Odiava se stessa per aver permesso lo sviluppo di questa paura irrazionale. La faceva sentire patetica. La faceva sentire piccola e indifesa e tutto ciò che non era e non voleva essere, ma soprattutto le ricordava Crouch.

Questo era il vero problema. Questa paura del buio veniva da lui. Quello che per lui era stato un gioco, per lei si era trasformato in un trauma paralizzante.

Lo faceva sempre. Aspettava la notte fonda, spegneva tutte le candele del suo maniero e aspettava che lei passasse. Si nascondeva dietro gli angoli bui e l'attaccava. Si barricava in una stanza con lei e poi la pedinava. Le lanciava maledizioni. La seguiva. L'accoltellava. La lasciava nel panico, terrorizzata e incapace di vedere da dove o quando sarebbe arrivato il prossimo attacco.

Era andata avanti così per anni, anni e anni finché alla fine, ogni volta che rimaneva in una stanza buia, ogni volta che non poteva vedere, la sua adrenalina saliva e il suo cuore balzava in gola, aspettando che lui la trovasse, che la prendesse, che...

Questa nuova paura del buio era solo un'altra cosa che Crouch aveva lasciato dietro di sé e che lei doveva eliminare.

Aveva letto delle pergamene sui traumi ed erano sempre descritti in due modi; il soggetto aveva la sensazione di essere perseguitato da un mostro che gli rendeva impossibile dimenticare ciò che gli era successo, oppure si sentiva come se avesse un grande buco nel corpo scavato da qualsiasi esperienza lo avesse traumatizzato. La maggior parte delle persone si riprendeva combattendo il mostro o cercando di ricostruire la propria vita e di riempire il buco, ma Daphne non sentiva nessuna delle due cose.

Secrets and Masks | Traduzione in ITALIANODove le storie prendono vita. Scoprilo ora