Mi piacerebbe essere padre.

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Mary.
Mi squillò il telefono, guardai po' schermo.
Numero privato, mi asciugai le lacrime e risposi.
-Pronto?-
-Hey, bella. Quanto tempo, la tua voce mi è mancata così tanto-
Era lui, Luis era americano solo che abitasse in Italia, lì ci siamo conosciuti e, lì, ho conosciuto l'inferno.
-Ti prego, ora sto facendo colazione, lasciami in pace- dissi allontanandomi dagli atri.
-Facciamo solo due chiacchere, ho sentito che stai con Kaulitz... digli che non si deve permettere di toccarti- era nervoso e mi faceva paura.
Mi spostai ancora di più dal tavolo.
-E invece può... se mi vuole toccare, mi tocca. Se vuole baciarmi, lo fa e tu resti a guardare... okay?- alzai la voce, stanca di questi suoi modi di fare.
Gli altri mi guardavano capendo che mi stessi innervosendo, ma in realtà avevo solo paura.
-Non sono stato chiaro. LUI NON DEVE TOCCARTI, ORA CHIEDI SCUSA. SEI LA MIA BIMBA, NO? CHIEDI SCUSA AL TUO PADRONE O PASSERAI LE PENE DELL'INFERNO- urlò infuriato, diede un colpo a qualcosa facendola cadere, scatenando un forte rombo.


Iniziai a piangere inginocchiandomi a terra, col telefono in mano.
-Scusa, padrone, perdonami. Non lo farò mai più, nessuno può toccarmi, ma ti prego, non far del male a nessuno- supplicai piangendo.
-No, un cazzo- Bill prese il telefono.
-Ascolta bene, te lo dico una volta sola, lasciala in pace, lei sta con me. La devi lasciare in pace, chiaro?- riattaccò.
-Piccola, tu non hai padrone, non sei la bambola di nessuno, non sei sotto il controllo di nessuno. Chiaro?- mi tirò su abbracciandomi.

Bill stesso a terra, perdeva sangue dalla bocca e dal naso, era accovacciato in posizione fetale, non si muoveva.
Io correvo, correvo e correvo, cercando qualcuno.
Una pistola giocattolo.
Il bosco.
Una pozza di sangue.
Le sirene dell'ambulanza che riflettevano su una parete scura.
Le mie mani sporche di sangue e bagnate dalle mie lacrime.
Io che piangevo davanti ad una finestra.

-Cosa hai visto?- chiese Vale dandomi un colpo.
Continuava a chiamarmi.
-Bill, lui ti ucciderà- dissi scioccata.
-No no no! Non ti deve uccidere. non può ucciderti, lo sapevo, lo porto solo guai. Lo sapevo!-
Iniziai a piangere come una bambina dandogli dei pugnetti sul petto.
Lui era scioccato e non parlava, così come tutti gli altri.
-Tranquilla, non tutte le visioni si avverano- cercò di drammatizzare Tom balbettando.
-È raro sbagliare... cosa hai visto?- chiese Alex.
-Ho visto il suo corpo disteso in una pozza di sangue, cosa c'è da sbagliare, eh? Bill ti devi allontanare da me... se stai con me morirai, vattene lontano. Anzi no, io me ne andrò lontano, così nessuno ti farà mai del male- dissi piangendo mentre lo guardavo.
Lui mi guardò pronto a dire qualcosa ma poi chiuse le labbra senza dire niente.
Mi morsi il labbro per trattenere le grida ed andai in camera sua pronta a prendere tutto ed andarmene, mi misi seduta con le ginocchia al petto mentre mi tiravo i capelli piangendo.


Si sentirono dei passi veloci e la porta si spalancò.
-No. Tu non te ne vai da me!- disse nervoso.
-CAPISCI CHE TI UCCIDERÀ?- alzai la voce, cosa che non facevo mai.
Lui mi guardò quasi stupito, mi fissava impaurito e preoccupato poi cambiò l'espressione mostrando disperazione.
-E TU LO CAPISCI CHE NON ME NE FOTTA UN CAZZO DI LUI?- chiese alzando la voce anche lui.
-Ti farà del male, cazzo! Io non voglio questo!- gridai piangendo.
-Non lascerò mai che lui ti tocchi un'altra volta, te lo vuoi mettere di testa?- gridò.
-Perché non mi ascolti?- chiesi singhiozzando.
-Perché non voglio che tu torni a tagliarti nè che tu soffra per lui...- rispose.
Restai a bocca aperta, come lo sapeva?
-Come sai che mi tagliavo?- chiesi sconvolta.
Dai miei polsi non si vedeva più niente ormai, come faceva a saperlo?
-Lo so e basta...- rispose abbassando la voce.


-Quindi si farà come dico io- affermò.
-Sei un pazzo suicida- sussurrai asciugandomi le lacrime, mi ero sfogata abbastanza, potevo calmarmi.
-Sono disposto a morire per te- affermò ancora avvicinandosi a baciarmi.
-Sei pazzo...-
-È la nostra promessa. Abbiamo giurato di stare sempre insieme per supportarci. Tu con me, io con te sempre- disse muovendo la testa a ritmo della canzone citata da quell'ultima frase, per farmi sorridere.
Io scossi la testa.

-Nemmeno le parole di Love And Dead possono salvarti...- stramattizzai cercando di non ridere.
-Non piangere e ridi che sei più bella... lui non ci troverà e se per caso lo farà, io ti proteggerò- mi baciò.
-Ma se va a finire in quel modo?-
-Riusciremo ad evitarlo- sorrise dandomi un bacio sulla tempia.
-Resterai sempre con me?- chiesi.
-Unendlichkeit- disse in tedesco.
Mi strinsi al suo petto e mi calmai lentamente.

-Andiamo dagli altri?- chiese sorridendo mentre mi tendeva la mano che afferrai annuendo.
-Eccola, stai meglio?- chiese Lety vedendo che non stessi più piangendo.
-Si, mi sono sfogata un po'- dissi indicando la porta.
-Ha vinto Bill, vero?- chiese Tom guardandoci con un sopracciglio alzato.
Io e Bill ci guardammo ed annuimmo facendolo esultare.
Spostai lo sguardo e i due gemelli ci battetero il cinque.
-Lo sapevo! I Kaulitz vincono sempre!- esclamò troppo esaltato.
Lo guardai male ed iniziai a ridere trasportando gli altri.

Dopo aver ripreso a chiaccherare con i nostri amici, Bill mi fece sedere sulle sue gambe ed io mi appesi al suo collo.
-Bill, Ich liebe Dich- sorrisi.
-Anche io- rispose in italiano.
-Quante cose sai dire in italiano?- chiesi tornando all'inglese.
-Grazie, vaffanculo, ciao a tutti, ciao, principessa, anche io, sono felice...- rispose non ricordando altro.
Gli baciai la guancia.
Tom si alzò.
-Io esco- disse andandosene in camera sua.
-Tom, aspetta... ti devo parlare- disse Ria rincorrendolo.
-Mmh?- si fermò.
-Vieni a fare un giro?- disse lei prendendolo per un braccio.
-Okay, cucciolo... vieni con noi?- chiese al cucciolo che si accucciò per far sì che il padrone potesse mettergli il collare ed uscirono.

-Bill... voi quando avete le prove?- chiesi.
-Oggi... voi?- chiese
-Oggi- sorrisi.
Mi squillò il telefono.
Lo guardai e risposi spostandomi da loro.
-Hey?-
-Ciao, amore, come stai tutto bene?- era mia madre, così risposi in italiano.
-Sì, tutto bene... ah, grazie per averci chiamato quando eravamo a Parigi e a Londra... ci stai aiutando in un modo assurdo- riattaccai in faccia a mia madre.
-Chi era?- chiese Bill curioso.
-Mia madre... Vale spegni il telefono. Non vorrei che ti chiamasse- suggerii arrabbiata.
-Beh, ora a casa a prepararci- disse Dany dando una leggera pacca al sedere di Lety che fosse poggiata sulla sua coscia.
-Oggi torna zio Steve!- dissi entusiasta.
-Ah Lety, io e te dopo dobbiamo parlare- disse Bill guardandola, io li guardai stranita e confusa.
-Non te ne frega, Mary!- esclamò lei ridendo.
Cosa c'era di così importante da lasciarmi fuori?

Andammo a casa, ci preparammo, mangiammo ed andammo a provare, per poi tornare a casa alle nove di sera.
Squillò il telefono a Lety e lei rispose ed andò in camera sua nominando il mio ragazzo ridendo.

Okay, io e Daniele ci siamo rimasti di merda... ma dettagli.

Andai a dormire.

Bill.
-Ciao, Lety. Vedo Mary preoccupata dal giorno in cui fossimo al mare. Rientrando a casa lei ha detto una cosa tipo "Lety aspetta un bambino", vorrei sapere se abbia azzeccato perché la vedo felice ma preoccupata... sei incinta?-
-Ah. Senza giri di parole, eh!- ridacchiò lei.
-Sì, sono così- risposi ridendo.
-Bill, giura di non dirlo a nessuno: sì, lo sono...-
-Giuro, auguri. Ah, una cosa... ti voglio bene-
Riattaccai e mi misi a pensare.
Ero coricato sul letto a pancia in su.
Pensavo a me, Mary, Lety e Dany, ero contento per loro due, sarebbero diventati genitori ed io avevo sempre voluto esserlo per non fare lo stesso sbaglio di mio padre.
Iniziai ad immaginare una bambina piccola, con i capelli scuri come Mary, i suoi occhi, la sua bocca ma con il mio viso, una mini Kaulitz.
Mi addormentai con i pensieri e il desiderio di diventare padre.
Pensai che chiedere non costasse nulla ma sapendo come fosse fatta Maria forse mi avrebbe lanciato una scarpa in faccia.
Era una cosa imbarazzante per lei e forse era troppo presto.

~Mary.

Tokio hotel~NakamaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora