-Capitolo 59

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CALUM

Era forse mezzo giorno, non avrei saputo dirlo con sicurezza, fatto sta che sentivo una certa fame, così decisi finalmente di lasciare il divano su cui ormai avevo impresso la mia sagoma e dirigermi verso la dispensa di Dylan, alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti.

Mi trovai di fronte a una serie di scaffali e ante che mi misero in confusione, così pescai a caso qualcosa da una di esse e iniziai a gustarla. Sembrava una merendina, ma non mi preoccupai di assicurarmene. Non passarono dieci minuti che il mio stomaco inizió a fare strani versi, e fui sicuro che se non avessi iniziato a correre verso il bagno sarei sboccato sulla moquette di Dylan.

Vomitai tutto quello che avevo dentro, e quando mi alzai dalla tavoletta del cesso mi sentii peggio di prima.
Non mi era mai capitato di star così male e mi preoccupai seriamente.
Poi, non avevo mai immaginato la mia fine in questo modo, solo, piegato su una tavoletta, a vomitare pure l'anima.
Piuttosto avrei preferito chiudere gli occhi una sera, con una bottiglia di birra in mano, e non svegliarmi più. Mi avrebbe fatto certamente più onore.

Eppure, nonostante tutte le mie fantasie sulla mia morte, non morii quel pomeriggio, bensì il destino aveva per me in serbo di meglio di un semplice passaggio all'Inferno: un'atroce sofferenza che si protrasse per tutta la giornata.

Passai, infatti, ore intere tra il divano, la dispensa, e appena dopo della dispensa, il bagno, dove rigurgitavo tutto ció che il mio stomaco non voleva. Finii per rifiutarmi di mangiare e bevvi solamente piccoli sorsi d'acqua per non rischiare di disidratarmi.

Di fronte allo specchio del bagno, guardavo le mie labbra screpolate e mi chiedevo se con un bacio di Harper sarebbe passato tutto. La risposta era ovvia, sicuramente con lei affianco si sarebbe risolto tutto. E questo tutto significava lo spaccio, la mia famiglia ora così lontana, la sofferenza.
Purtroppo peró lei non era qui adesso, e non potevo di certo farla preoccupare, o per meglio dire, non potevo farle scoprire che stavo male a causa della droga.

Tornato in salotto per la ventesima volta, cambiai canale alla tv che mi era stato unico compagno di avventura, e mi rilassai guardando un film d'azione.

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Mi ero finalmente addormentato quando sentii la serratura della porta cigolare e mi drizzai allarmato.
Avevo fatto un incubo, e sicuramente vederlo realizzare non era ció che mi aspettavo al mio risveglio.
Fortunatamente un braccio tatuato e una testa arruffata spuntarono all'uscio e fui sollevato dal constatare che non si trattava del patrigno di Harper che voleva mettermi dietro le sbarre, bensì di Dylan, ora di ritorno dalla sua amica.

«Com'è andata?» chiesi fingendomi interessato, e cercando di tastare il terreno per essere sicuro che non fosse su di giri.

«Bene, puoi dirlo forte. E tu, ti sei ripreso?» domandó a sua volta mentre si passava le mani tra i capelli, rassegnato.

Segnai sulla mia immaginaria lista di cose da fare il fatto che un giorno l'avrei ringraziato per avermi salvato il culo.
«Beh, ora si. Ma ho passato un pomeriggio piuttosto movimentato»
Mi alzai dal divano cautamente e andai a prendermi un bicchiere d'acqua.

«Ad ogni modo, Angel mi ha detto che Harper era un po' triste oggi. Non l'hai chiamata?»

Cazzo. Ero veramente un disastro. Più e più volte avevo scorso in rubrica alla ricerca del suo nome, ma poi, sul punto di chiamarla mi ero fermato. Sicuramente avrebbe capito tutto e sarebbe corsa qui a vedere come stavo, e altrettanto sicuramente non volevo mi vedesse in queste condizioni.
Ma così facendo, ora era triste lo stesso, e la causa ero io.
Cristo.

«Stasera vanno ad una festa, se ti puó interessare. Peró nelle tue condizioni te lo sconsiglio.» stava andando verso il bagno, e pregai di aver tirato l'acqua l'ultima volta che avevo lasciato lì tutto il contenuto del mio stomaco.

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora