-Capitolo 36

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CALUM

Televisione accesa, coperta e qualche dolcetto. Cosí avrei trascorso il mio Natale. Nessuno qui a farmi gli auguri, nessuno qui ad abbracciarmi e ad augurarmi un buon anno, buone feste. Da solo con la mia solitudine.

Erano le dieci della mattina di Natale. Un giorno come tanti altri. La neve scendeva candida dal cielo azzurro, bambini saltellavano con i regali tra le mani e i Babbo Natale suonavano i campanacci.
Le campane della chiesa si udivano piano ma suonavano a festa ed il clima era gioioso, festivo, allegro.

Chiusi la finestra dopo aver gettato giù dal terrazzo il mozzicone della sigaretta. Chiusi fuori tutto ciò che quella giornata portava e la felicità che trasmettva.

Non dormii per tutta la notte. Il sapore delle dolci e morbide labbra di Harper mi avevano tormentato il sonno, intrappolando nella mia mente l'immagine di noi, uniti in un bacio, nel nostro primo bacio.

Era una vita che aspettavo quel momento, sentivo il bisogno e allo stesso tempo l'insicurezza nei suoi gesti e ho amato ogni singolo secondo. Eppure un disagio mi pervadeva le ossa, mi logorava dentro. Quel bacio non sarebbe potuto significare per lei quello che avrebbe voluto, non sarebbe potuto essere l'inizio di una storia e la fine di un'amicizia, non avrebbe potuto tramutarsi in qualcosa che l'avrebbe distrutta.

Baciandola, l'avevo illusa. Illusa di poter creare qualcosa con me. Ma il castello che aveva fatto crollare con le sue labbra, non poteva creare nient'altro, se non altre mura.

Il fastidioso vibrare del telefono mi costrinse a togliermi le mani dai capelli e mi incuriosii a pensare a chi, in quella giornata, potesse avermi pensato.

"Buon Natale :) x"
Harper.

Scossi il capo, ancora insicuro. Avrei fatto la figura dell'idiota e le avrei solo rovinato le feste con la mia costante paura quindi:
"Tanti auguri x" digitai.

Tornai a sedermi cercando di far passare quel noioso e frustrante giorno il più velocemente possibile.

HARPER

"Tanti auguri x" recitava il messaggio di Thomas. Sorrisi involontariamente e nascosi il telefono nella tasca del cappotto. Mi trovavo in stazione, a minuti sarebbe arrivato il treno che mi avrebbe portata da mia madre e da Alan. Ero seduta sulla mia piccola valigia quando una dolce bambina mi affiancò con un lecca-lecca.
Un tenero sorriso sdentato era impresso sul suo visino appiccicoso e oscillava le gambe mentre gustava il suo dolcetto.

«Dove vai?» mi chiese tirando fuori la lingua. Presa alla sprovvista mi voltai lentamente e le sorrisi «Vado a trovare la mia mamma, e tu?» le feci velocemente il solletico alla pancia.
«Vado dalla nonna per il cibo. È buono il suo, sai?» sporse in fuori il labbro senza smettere di gustare ció che aveva tra le mani.

«Sono Lizzie, comunque» scosse la testa come se seguisse un ritmo, lo stesso dei suoi piedi «Io mi chiamo Harper» guardai l'orologio. Il treno era in ritardo.
«Anche mia sorella si chiamava così» disse abbassando il lecca-lecca. «Papà dice che si è trasferita in cielo, è il primo Natale senza di lei» rigirava lo stecchino tra le fragili dita.
Rabbrividii al pensiero di questa povera creatura; aveva perso una sorella ed era così piccola, non avrà avuto 6 anni e i suoi occhioni nocciola erano i più grandi che avessi mai visto.

«Sono sicura che ora sta meglio» le dissi abbottonandole l'ultimo bottone del cappotto «E prima è venuta a casa mia sai? Mi ha chiesto di darti questo. Dice che tra 'Harper' ci si fida» mi voltai per poco, cercando nella mia borsa un piccolo pupazzetto. Lo portavo con me da anni ormai, era uno dei miei primi giocattoli ed ero più che felice di poterlo donare a qualcuno che lo potesse utilizzare meglio di me.

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora