-Capitolo 10

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HARPER

«Ti dico che è cosi, Harper!» gesticoló Talìta, insistendo sul suo noioso discorso.
«Tali, non ha il minimo senso! Non posso essere svenuta l'altra sera» ribatteri per l'ennesima volta, varcando i grandi cancelli del campus.

«Ci rinuncio, spero solo che quel ragazzo si faccia vivo e ti spieghi tutto, così potró rinfacciartelo a vita!» scosse il capo e l'argomento finì lì.

Scelsi un posto nella classe di filosofia, salii i gradini e mi sedetti su una sedia appartata accanto alla mia migliore amica; accesi il computer per prendere alcuni appunti e aprii il mio vecchio quaderno.

Numerosi studenti si fecero largo nella stanza posizionandosi velocemente sulle sedie, e così anche il biondino che mi parve chiamarsi Luke. Aveva tutta l'aria di essersi svegliato da pochi minuti ed essersi precipitato nell'aula come un fulmine.

Passò affianco a me, con lo zaino ancora barcollante, e mi lanciò un occhiolino quando mi camminò a fianco. Lo salutai con un semplice gesto della mano: la sua eccessiva confidenza non mi dispiacque , la trovai solo un po' strana.

Durante la lezione incespicai sulle parole che scrivevo sui fogli bianchi, copiando spesso da Talìta che adorava questa materie, anche se io proprio non ne capivo il motivo.

Spesso mi addormentai, risvegliata solo da una gomitata da parte della riccia accanto a me. Quando finalmente la lezione finì, fui contenta di non avere altri corsi da seguire quel giorno.

Accompagnai la mia migliore amica alla sua successiva classe: chiacchierammo appena fuori dall'aula prima che venisse inghiottita dagli altri alunni dell'università.

Erano giorni che non pioveva a Chicago nonostante l'autunno fosse ormai inoltrato da un pezzo e la brezza procuró brividi sulla lunghezza della mia colonna vertebrale.

Lentamente avanzai per i giardini ben tenuti dell'istituto: sotto gli enormi alberi molti ragazzi ripassavano le lezioni o leggevano un buon libro. Trovai l'occasione perfetta per scattare qualche foto al verde ingrigito dalle nuvole e ai sorrisi involontari di qualche ragazza che si divertiva con le amiche.

Puntai un paio di volte l'obiettivo a caso, senza un soggetto volontario da illuminare con il flash.

Era venerdí, il mio giorno libero da Wordy's, ma ció non significava che non potessi entrarci. Presi al volo l'autobus pronto a partire. All'interno brulicava di persone stanche o assonnate, molte delle quali erano liceali o semplici uomini cittadini.

Le solite cuffiette nelle orecchie risuonavano alcune delle mie canzoni preferite e quasi mi appisolai con la testa appiccicata al finestrino.

Uscii dalle porte automatiche rifugiandomi all'interno del locale, avvolta dalla usuale musica jazz tenuta a basso volume, capace di rilassare chiunque.

Salutai al volo Cam, intento a servire un anziano al bancone e mi accomodai accanto alla libreria. Osservai attentamente ogni libro ed encicolpedia poggiata sugli scaffali scuri, indecisa su quale iniziare a leggere.

«Offerta da Cameron» la voce allegra del moro mi fece voltare. Mi accorsi di una cioccolata fumante sistemata al centro del tavolino.

«Come mai qui?» continuò pogiandosi il vassoio contro il petto.
«Mi andava di rilassarmi un po'. Tra poco torno a casa, sono davvero esausta» gli sorrisi e cominciai a sorseggiare il liquido caldo, sfogliando una delle brevi rilegature che mi colpì maggiormente.

Alle 8:00pm fui già dentro al mio letto pronta a lasciarmi coccolare da un dolce sonno.
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Sabato. Stavo a poltrire sull'imbottitura del divano chiaro del mio appartamento, immersa tra la miriade di cose che ancora mi mancavano da studiare.

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora