-Capitolo 55

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CALUM

Difronte alla televisione della mia ragazza, sgranocchiavo il toast che si era preoccupata di prepararmi.
Sapeva ogni piccolo particolare di me ormai. «Tutto quello che non le nascondi» disse la mia coscienza e io per poco non mi soffocai con un boccone di pane e formaggio fuso.

Harper si era scusata andando nell'altra stanza per chiamare la sua migliore amica «Non ce la faccio a vederla così. Non posso essere così egoista» aveva mormorato prima di chiudersi nella sua stanza e iniziare un'animata conversazione.

Ammetto che la tentazione di andare là e appoggiare l'orecchio per origliare era tanta, ma allo stesso tempo non potevo lasciare il toast sul bancone senza che nessuno lo mangiasse. Lei si era preoccupata e io non volevo che si offendesse, inoltre il mio stomaco brontolava ormai da parecchie ore.

Scorrendo i canali non trovai nulla di interessante, quindi finii col tracciare i ricami del copridivano di Harper, seguendo sempre le stesse linee che formavano un intrico caotico sotto il mio tocco.
Assorto da quel gioco infantile sentii a malapena la porta della sua stanza essere aperta, e mi svegliai solamente quando due fragili braccia da dietro si legarono al mio collo per poi appoggiarsi sul mio petto, che nel frattempo aveva accelerato i suoi movimenti respiratori.

Piegai il capo all'indietro per incontrare gli occhi ora azzuri chiari a causa del tempo, di Harper guardarmi. Restai a contemplarla per qualche istante e poi congiunsi le nostre labbra in un tenero bacio.

«Ti è piaciuto il toast?» chiese poi, sedendosi al mio fianco, le gambe strette lungo i fianchi e la testa appoggiata al mio petto.

Le acarezzai i capelli morbidi e annuii.
«Com'è andata oggi piccola?»
Cercai un argomento di cui parlare, per non restare oppresso in quel silenzio che mi pesava sulle spalle, quasi a ricordarmi che qualcosa non andava bene, che non avrei dovuto mantenere quella maschera, non con lei.

Sotto il mio tocco, Harper prese un profondo respiro e per pochi istanti pensai che si fosse accorta di qualcosa, che mi avrebbe chiesto di dirle la verità, e invece inizió a raccontarmi della sua mattinata, del litigio con Talìta, delle lezioni noiose delle quali non aveva capito nulla e infine dell'incontro con un ragazzo che l'aveva riconosciuta come partecipante alla mostra Evans al lavoro.

«E cosa voleva quel ragazzo?»
La mia voce stizzita la fece girare preoccupata.
«Thomas» disse seria.
Non feci a tempo a rispondere che lei già si preoccupava di sciogliere le rughe che si erano formate in mezzo alle mie sopracciglia con le sue dolci labbra. Il sapore di quelle rosee porzioni di pelle mi sarebbe rimasto dentro e lo avrei potuto utilizzare come unico alimento per il resto della mia misera vita. L'unico alimento che realmente servisse a qualcosa.
Mi rigenerava e puliva tutto ció che di tossico scorreva nelle mie vene.

«Har..» iniziai, ma lei mi interruppe nuovamente.
«Hai già capito.»
Annuii e sorrisi. Sicurezza era ció che lei era in grado di dare al forte e cazzuto Calum Hood, che con una sola folata di vento sarebbe potuto cadere in frantumi.

Si alzó per andare a pulire il piatto su cui avevo mangiato e per sistemare le rose che le avevo regalato.
Finora niente stava andando storto, quasi mi dimenticai del perchè di tutta quella scenata, finchè non vidi il suo cellulare vibrare sul tavolino difronte a me: un messaggio da Angel ad illuminare il display.

Indiscretamente mi sporsi per vedere cosa volesse la ragazza da lei, quando la voce di Harper mi fece drizzare, spaventato.
«Che stai facendo?» chiese
«Hai dimenticato il cellulare qui, volevo portartelo, penso tu abbia un messaggio»
Fortunatamente non era arrivata in tempo per vedermi sbirciare tra le sue cose, altrimenti avrei dovuto darle spiegazioni in più che non avevo voglia di inventare.

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora