-Capitolo 35

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CALUM

Erano giorni, forse mesi, o addirittura anni che non mi svegliavo con il sorriso; o almeno non con uno tanto vero.

Scesi dalla brandina e nemmeno il suo scricchiolare mi diede fastidio, contrariamente agli altri giorni. Arrivai in cucina dove ad aspettarmi c'era il latte.
Latte andato a male.

Alzai le spalle e mi diressi nel salotto. Non riuscivo a togliermi il sorriso dalle labbra, e questa storia andava avanti da un paio di giorni: dall'appuntamento con Harper.

Mi capitava spesso di sognarla, ma avere la consapevolezza che si fosse divertita con me e che, anche quel giorno, mi aspettava per accompagnarla a scuola mi faceva passare con spensieratezza le mie mattinate.

Mi affacciai alla finestra e «Buongiorno Chicago!» urlai agitando le braccia come un uomo felice, quale stranamente ero.
Riuscii a cambiarmi in poco tempo, restai a digiuno ma ci avrei fatto presto abitudine, e poi arrivai nel garage.

Accesi il motore della moto e sistemai lo zaino sulle spalle per poi sfrecciare a casa di Harper.

Strade vuote e umide accoglievano le ruote del mio veicolo rendendo piacevole il viaggio verso casa sua.

Un'Harper infreddolita e raggomitolata nel suo cappotto nero mi aspettava, seduta sul marciapiede del suo piccolo condominio.
«Thomas!» si agganció al mio collo stringendomi in un abbraccio, incastrando il suo naso rosso e freddo sul mio collo.

«È una seccatura andare all'università anche la Vigilia di Natale» si lamentò armeggiamdo con il casco.
«Davvero. Non ha molto senso come cosa» meditai mentre alcuni nuvoloni nascondevano i flebili raggi del sole
«Vieni, ti aiuto» dissi regalandole un sorriso, mentre l'aiutavo con il casco. Abbassó il capo e saltó in sella.

Le presi le mani e le guidai fino alla mia vita, dove si strinsero e tornai sulla strada, diretto al campus.
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«Dai, dai perchè no?» quell'irritante nerd dal nome imbarazzante mi assillava da tutta la lezione. «Non passeró un altro pomeriggio con te. Non mi piaci» sputai acido continuando la mia camminata fuori dall'aula di biologia.
«Andiaaamo, devi ammettere che sono un ottimo insegnate» si vantó da dietro le mie spalle.
«Levy. Giuro che se dalla tua bocca esce un'altra parola ti chiudo dentro lo stanzino del bidello» gli puntai il dito contro e lui alzó le mani in difesa.
«Uff, dovrebbe dartela più spesso la moretta. Perchè è lei che ti mette di buon umore la mattina, no?»
Ribollii di rabbia e strinsi le mani in due pugni prima di iniziare una rissa di cui poi mi sarei pentito.
«Già.. Dovrei proprio chiederle di uscire» parló ad alta voce tra se e se.
«Ti stacco le gambe e te le riattacco al contrario se solo le rivolgi la parola» sentivo il cuore battere più forte per il nervosismo e quasi lo presi per il collo.
«Uh, sembra doloroso» pressó le labbra.

Scossi il capo ed entrai nella classe successiva, attendendo che la professoressa di chimica facesse l'ingresso con la sua assordante voce acuta.
Mi sistemai accanto ad un banco vuoto, sperando che non venisse occupato da nessuno, quando la donna entrò.

Sbuffai, ero troppo annoiato per concentrarmi, ma raccolsi tutta la mia forza di volontà e prestai attenzione al proiettore e alle parole stridule della prof.

Scarabocchiai qualcosa sul quaderno e giocherellai con i fili della tracolla per far passare più velocemente l'ultima ora della giornata.

Un sospiro di sollievo si levò tra gli alunni quando la campanella trillò.

"Sono fuori" il messaggio di Dylan fece vibrare la tasca dei miei jeans scuri. Accesi il display e corsi fuori dai cancelli.
La voglia di salutare Harper prima di andarmene mi faceva tremare le ossa e mi voltai per un secondo prima di uscire dal campus. Era tardi, sarà sicuramente stata da Wordy's.

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora