-Capitolo 19

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HARPER

«Okay Thomas. Sei pronto?» Dissi al ragazzo in posa difronte a me, puntandogli l'obiettivo.

Eravamo al parco vicino a casa mia. Mancavano due giorni alla mostra, era l'ultimo servizio prime dell'esposizione delle mie, anzi nostre, foto e non sarei potuta essere più agitata: le ginocchia sembravano gelatina e mi tremavano le mani.

«Prontissimo» alzó il mento, guardando oltre la macchina fotografica.
Scattai alcune foto, ormai il sole stava calando e l'aria si alzava man mano; cominciavo a sentire freddo ma non volevo andare a casa.

«Stai bene? Hai freddo?» chiese lui, avviciandosi e posandomi le mani sulle spalle.
«No, sto bene» mentii «Continuiamo, ancora un paio di scatti» feci un passo indietro e fotografai la sua buffa espressione. Thomas scoppiò a ridere e scosse la testa, tornando nella sua posizione accanto ad una quercia.

Alzò lo sguardo e lo immortalai velocemente, prima che potesse cambiare posizione. Era straordinario il modo in cui la sua spontaneità facesse trasparire così tanto di un ragazzo, con una sola foto.

«Harper, hai le labbra viola, andiamo a casa» disse con tono gentile, avvicinandosi di nuovo.
«Ma le foto..» dissi, mentre scorrevo mentalmente gli album finora fatti.
«Avrai un centinaio di mie foto, credo basti così» sorrise dolcemente prendendomi i polsi.

«Okay, beh, allora vieni a casa mia così le scegliamo?» chiesi, e me ne pentii subito. Lessi lo stupore nei suoi occhi e scommetterei di essere avvampata per qualche secondo.
«Scusa, lascia stare» dissi, non sentendo risposta. Continuava a fissarmi senza espressione mentre io, a disagio, iniziai a mettere apposto le mie cose, infilandole nella capiente borsa che mi ero portata.
Mi girai per andarmene, ma il moro mi bloccó una mano.
«Mi piacerebbe molto» sorrise e mi affiancò.

Il sole si tingeva di bellissimi colori a quest'ora della giornata, e nonostante il vento soffiasse da un po', il cielo non sembrava in combutta con lui, anzi, sarebbe potuto sembrare un tramonto primaverile. Fatto sta che rabbrividii sotto il cappotto pesante e mi nascosi dietro alla mia sciarpa.

Appena un paio di minuti dopo mi trovai davanti alla mia porta, intenta a cercare le chiavi nelle tasche e, quando finalmente le trovai, le infilai nella serratura.

Grazie al cielo avevo acceso il riscaldamento, e in casa si stava molto meglio.
«Hai fame o sete? Vuoi qualcosa?» chiesi aprendo i bottoni del cappotto.
«Magari solo un po' d'acqua» rimase in piedi nel mezzo della stanza a guardarsi in giro.

«Puoi sederti, Thomas, il divano non è fatto di spine» sorrisi prendendo un bicchiere dalla dispensa e versandogli l'acqua.

Girai l'isola della cucina per porgerglielo
«Grazie» mi sorrise prendendo a bere l'acqua.

Andai velocemente nella mia camera e cercai le foto fatte durante questo mese. Aprii la cassa di fronte al letto e trovai i miei due album sotto agli altri, così presi un respiro profondo e tornai in sala con le fotografie che traboccavano dalle cartelle.

Thomas aveva le mani nelle tasche dei pantaloni grigi, il cappello ancora adosso, ma nel frattempo si era tolto il giubbotto. Aveva lo sguardo fisso sulla mia collezione di macchine fotografiche e io amavo il modo con cui le guardava, quasi ammirato.

«Belle eh?» posai le foto sul tavolino di fronte al divano.
«Sono davvero magnifiche. Anche se non sono un intenditore» rise, per poi guardarmi e notare le fotografie.

Nessuno dei due era particolarmente a disagio, quindi ci sedemmo vicini e iniziammo a scorrere gli scatti.

CALUM

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora