CALUM
«Ehy Thomas, oggi sei più macabro del solito. Cos' hai amico?» Levy accanto a me punzecchiava il mio braccio in cerca di risposte. In questa settimana avevo scoperto che non era così scemo come lasciava credere, anzi, era un asso nel campo dell'informatica e in altri ambiti. Era un fottuto nerd ma non lo dava a vedere.
Dal canto mio, gli lasciavo credere quello che voleva.
«Niente, amico» pronunciai quella parola in modo ironico, io non avevo amici.
Ad ogni modo, il tipo non aveva tutti i torti; specchiandomi questa mattina avevo notato le occhiaie più profonde del solito, e inoltre avevo l'umore sotto la suola delle scarpe.
Era l'otto dicembre. E io non sarei stato lí dove sarei dovuto essere. Nel luogo da cui non sarei mai dovuto partire.
Tenni talmente forte la penna stretta fra i denti, che riuscii a romperle il tappo. Fantastico.
«Okay, penso che per oggi potrei lasciarti stare, prima di ritrovarmi con il naso rotto» disse il ragazzo moro allungando la "A" nella prima parola più del dovuto.
Lo ringraziai mentalmente e mi alzai dal mio posto.
Levy levó lo sguardo, ma appena lo fece, lo incenerii con il mio e decise di non intervenire.
«Hood, cosa pensa di fare?» chiese la professoressa.
Non la badai ed uscii dall'aula.Accesi la terza sigaretta nel giro di venti minuti e sputai fuori tutto il fumo che potei, rischiando di intossicarmi con il solo respiro.
Alcuni anziani signori mi passarono affianco guardandomi preoccupati, ma non fecero niente per intervenire. Mi ritrovai per l'ennesima volta a pensare a quale disastro fossi. Pensai di scappare in quello stesso instante, tornare indietro, rivedere la mia famiglia e passare gli ultimi attimi con loro, prima di porre fine a tutto questo, poi mi accorsi di quello che stavo dicendo e mi fermai, stringendo forte la felpa tra le mie mani quasi volessi strapparmela di dosso.
Dentro la mia testa una voce urlava forte cercando di uscire, ma non riuscendoci smise, e lasció il vuoto più pieno che avessi mai sentito. Percepii il buio dentro di me, mi accasciai ancora con la stoffa stretta nelle mani e decisi di smettere di fare quello che stavo facendo per un secondo. Restai a terra con la gente che mi passava accanto, ma non la notai nemmeno, se non per chi mi veniva addosso spingendomi. In quegli istanti non pensai più a niente, soltanto al vicolo cieco che era la mia vita. Poi vidi una luce in fondo a quella strada chiusa, e decisi di alzarmi.
Mi sistemai la felpa, alzando il cappuccio a coprirmi il viso e attraversai la strada.----
All'interno del locale il suono del solito campanellino ad accogliermi e la famigliare musica jazz a sciogliere un po' la tensione. Mi sedetti sul medesimo divanetto, riparato da ogni contatto esterno, ed aspettai che Cameron venisse a prendere l'ordinazione.
«Ehy Thomas, cosa ti offro?» chiese il cameriere prendendo il suo taccuino in mano.
«Un.. The caldo» dissi biascicando le parole quasi fossi ubriaco. Lui se ne accorse ma cercó di non farlo notare.
Da dietro il bancone vidi spuntare quella luce che illuminava il mio vicolo cieco. Harper. Anche lei puntó il suo sguardo su di me e non esitó un attimo a sfoggiare uno dei suoi sorrisi capaci di scaldare anche la più fredda giornata.
«Thomas, che ci fai qui?» chiese sistemandosi la coda, ma non feci a tempo a rispondere che lei vide in che condizioni mi trovavo e si sedette prendendo le mie mani tra le sue.
«Che succede?» con tono serio, preoccupato ma dolce, rassicurante, mi domandó.
«Io..» abbassai il capo e arriciai il naso per non lasciare nessuna lacrima traditrice abbandonare quelli che erano i miei occhi.*Flashback*
«TANTI AUGURI» gridammo all'unisono io e i miei genitori entrando in camera di Mali-Koa, che ancora dormiva avvolta dalle coperte.
Era l'otto dicembre e come al solito tutta la famiglia si riuniva in camera sua per svegliarla e farle l'ennesima sorpresa di compleanno.
Lei aprii lentamente quelle noccioline che erano i suoi occhi, così simili ai miei, e strusciandoci sopra le mani disse «È il mio compleanno, di già?»
Io andai vicino al suo letto e l'abbracciai.
Così piccola e fragile che sembrava uno scriciolo tra le mie braccia.
«Si, sono già sette anni. Stai crescendo principessa» dissi pronunciando le due esse quasi fossi un serpente, a causa di un dente che non si degnava a crescere.
Lei allora saltó fuori dalle coperte e inizió a saltellare per la casa in cerca dei regali che mamma aveva nascosto.
Era così che trascorravamo ogni suo compleanno. Io ormai ero grande e non valeva più per me, ma vedere la mia sorellina sorridere era l'unica cosa che contava. Con lei potevo parlare apertamente, era la sola che sempre mi avrebbe coperto dalle mie cazzate e la mia unica roccia stabile, anche se in teoria sarebbe dovuto essere il contrario.
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Imagine [C.H] #Wattys2016
FanfictionSfogliando le ultime foto scattate, Harper notò il ricorrente volto del ragazzo con il mistero impresso nello sguardo. «Stai lontana da Calum» «Chi è Calum?» -In fase di REVISIONE-