-Capitolo 65

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CALUM

Un ragazzo con gli stessi vestiti del giorno prima, e di quello prima ancora, un bicchiere di vodka tra le mani, una sigaretta tra le labbra e lo sguardo perso chissá dove, ecco cosa avrebbe immortalato Harper in questo momento, se con la sua macchinetta avesse voluto farmi un'ultima foto ricordo.

Dannazione, erano passati giorni, settimane o forse mesi, avevo perso il conto, e io continuavo a pensarla incessantemente a ogni tichettio di quel dannati orologio rotto sulla parete, producendo sempre lo stesso effetto instantaneo al mio fisico: dolore.

Un dolore atroce, capace di tagliarti la pelle senza nemmeno sporcarsi le mani, e farti sentire piccolo ed inutile difronte a quelle strade e a quel mondo che continuava a girare come se niente fosse.
Ma cazzo, nessuno capiva che era cambiato tutto?
Alzai un'altra volta il gomito dal tavolo, portando alla bocca quel bicchiere sporco che ormai aveva la traccia delle mie labbra ovunque sul suo bordo, e mentre con una mano poggiavo il mozzicone di sigaretta in mezzo alla cenere che aveva perso sul tavolo, con l'altra prendevo il biglietto di viaggio verso l'oblio.

Il liquido scese veloce verso lo stomaco, dove inizió a bruciare, ma ormai quel gusto cosí famigliare era riuscito a rimpiazzare quello delle labbra di Harper, ed era questo l'importante: se ancora non riuscivo ad accettare, almeno avrei provato a dimenticarla e questo era il mio metodo.

Mentre sbattevo il bicchiere sul tavolo, il cellulare inizió a squillare e dopo aver visto con sguardo annoiato, assente, di chi si trattasse decisi di non rispondere.

Dylan, l'ultima volta che aveva cercato di aiutarmi, era finito a terra sul tappeto di casa mia, pieno di sangue che ancora adesso non andava via, e lividi che tutt'ora immaginai si portasse sulla pelle, eppure tentava ancora invano di tenermi a galla, cercando di salvarmi.
Avrei voluto dirgli che una barca sta a galla finché non c'é alcun buco a far passare l'acqua, ma da quando Harper aveva lasciato quel enorme vuoto dentro di me, l'acqua aveva iniziato ad entrare e io stavo affondando senza tregua, in un profondo abisso di rimorsi.

Il cellulare squilló altre tre volte, finché decisi di rispondere, e misi in vivavoce per non dover nemmeno fare la fatica di tenere la mano alzata verso l'orecchio.

«Hey coglione, guarda che il credito lo consumo pure io, quindi vedi di rispondere piú in fretta la prossima volta» Dylan inizió subito a lamentarsi e a me duoleva la testa, non potevo continuare ad ascoltarlo. Espressi la mia opinione mugolando qualcosa di incomprensibile, al che lui riprese
«Scendi, ti porto fuori, c'é anche James, e se non muovi il culo veniamo a prenderti di peso»

Non seppi come interpretare quelle parole, se come un invito o come una minaccia ma in entrambi i casi, me ne fotteva poco meno di nulla, quindi gli chiusi la chiamata in faccia.
Non gli avrebbe fatto piacere, ma sperai invano che almeno capisse il mio punto di vista.
Feci appena in tempo ad alzare il culo da quella sedia dove ormai avevo messo radici, che il campanello trilló nelle mie orecchie producendo un forte fischio nella mia testa.

Proseguii il mio cammino verso il tubetto di aspirine che si trovava sul comodino in camera, prestando attenzione a non inciampare sui miei stessi passi, mentre il campanello continuava a torturami. Prima o poi si sarebbero arresi, mi dissi. Ma naturalmente, una testa di cazzo come Dylan, aggiunta a un barbone qual era James, non potevano portare a nulla di buono quindi presto mi trovai fuori dal mio appartamento, in macchina con due drogati.

«Eddai Hood, faccelo un sorriso» mi prese per il culo James, mentre mi guardava dallo specchietto retrovisore.
Non risposi, e continuai a guardare impassibile le strisce gialle che si muovevano veloci sotto le ruote della macchina. Non avevo la più pallida idea di dove saremmo andati, ma entrambi sembravano molto contenti e ansiosi di arrivarci quindi pensai subito ad un rave.
Ed in effetti non fui nel torto, perché dopo mezz'ora di viaggio, durante il quale non spiaccicai parola e ascoltai le loro inutuli conversazioni, davanti ai miei occhi si presentó un grande magazzino, dal quale proveniva una forte musica house.

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora