-Capitolo 26

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LUKE

La situazione mi stava sfuggendo di mano. Calum e Harper erano molto più vicini di quanto dovessero, e questo mi avrebbe messo nei casini con mio padre e allo stesso tempo Harper avrebbe sofferto.

Ken, o almeno cosí credetti si chiamasse il mio compagno di stanza, era uscito con una ragazza la sera prima e quella mattina era in post-sbornia così non andò a nessuna lezione. Dal canto mio invece saltai le prime due ore della mattina, ero troppo stanco e annoiato per seguire le lezioni, quindi mi decisi a restare in camera cercando di avere qualche approcio con il mio compagno di stanza. Ad ogni modo una cosa era certa: non avrei potuto non partecipare a filosofia dove Harper sarebbe sicuramente stata presente.

Uscii dalla stanza e camminai per il corridoio. Accostai lentamente le mie vans scure fino alla cucina messa a disposizione ad ogni piano per prepararmi qualcosa di caldo. Accesi la macchina del caffè e aspettai che fosse pronto.

Era deserto, nessun alunno passeggiava nei dormitori durante l'orario scolastico, la maggior parte se ne stava in giardino o, come in questo caso, al bar o in biblioteca per evitare il temporale.

Presi la tazzina dal bancone e mi sedetti su una sedia a bearmi del silenzio e a godermi il mio caffè.
Meditai sulle mie azioni e complottai tra me e me un piano per allontanare quel criminale da Harper. Di sicuro se lei avesse cominciato a provare qualcosa per lui, la mia missione sarebbe andata a rotoli perchè, beh, io non sono nessuno per mettere limiti all'amore.

Lavai la tazza e la riposi sullo scaffale. Misi le mani in tasca e tornai in stanza con passo trascinato. Ken era ancora sul letto, con la testa sotto il cuscino e il viso pallido, quindi decisi che rivolgergli la parola sarebbe stato troppo strano. Nemmeno sapevo il suono della sua voce, tantomeno il suo cognome.

Presi i libri di filosofia dal mio armadio e li riposi nello zaino. «Ci si vede stasera» dissi, prima di dirigermi in classe.

HARPER

Thomas era passato a prendermi all'appartamento molto presto, e arrivammo a scuola con l'autobus, ovviamente. Inviai un veloce messaggio a Talìta, avvertendola che non sarei passata da lei quella mattina.
Ci fermammo al bar, facemmo insieme colazione e, per la prima volta, riuscimmo a tenere in piedi una conversazione senza imbarazzo; anzi si rivelò molto più simpatico di quanto immaginassi e passai una buona mattinata.

«Tra cinque minuti inizio filosofia, mi sa che devo andare» mi alzai dal tavolino e lasciai i soldi sotto la tazza del cappuccino.

«E tra dieci io ho algebra» mi imitò e uscimmo insieme dal locale.
Il temporale incombè su di noi violentemente, quindi fummo costretti ad abbracciarci rapidamente e poi correre entrambi in direzioni opposte tra i corridoi delle varie classi.

Affrettai il passo per evitare un richiamo per ritardo e raggiunsi l'aula.

Il professore arrivó subito dopo e da quel momento iniziarono i cinquanta minuti più difficili della settimana.
Cercai di stare attenta il più possibile, ma spesso mi ritrovavo a frugare con il naso nella felpa, nell'inutile tentativo di sentire le ultime tracce del profumo di Thomas.
Non seppi riconoscerlo come un vero e proprio prodotto commerciale; era qualcosa che apparteneva solo a lui : un misto di pioggia e fumo.
Solo allora mi chiesi se fumasse davvero. Glielo avrei chiesto.

Qualcuno fece muovere la mia sedia con i piedi e infastidita mi girai a vedere chi fosse.
«Che cosa..?» bisbigliai, ma lui fu più svelto a fermarmi e dire «Dopo, aspettami fuori che devo parlarti».
Scossi la testa ma lui annuii indicandomi di girarmi.
«Singorina Andrews, qualche problema?»
Mi richiamó il vecchio professore.
«No, no affatto. Mi scusi» risposi un po' imbarazzata.
Stronzo biondino.

Imagine [C.H] #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora