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Il mio corpo viene colpito da infinite goccioline di pioggia che sembrano spilli acuti sulla mia pelle, ancor di più per il fatto che sto correndo.
I miei piedi nudi affondano nel terreno smosso e zuppo d'acqua e questo rallenta la mia corsa.
Riesco a stento a trattenere un urlo per il dolore che provo ai polpacci, ma dalla mia bocca escono lamenti e suoni gutturali.
Non so da quanto tempo io stia correndo, ma nonostante voglia fermarmi, non riesco a smettere.
I capelli completamente bagnati si muovono liberi dietro la mia schiena comandati dall'andamento della mia corsa disperata e a volte si avvolgono sul mio viso e sul mio collo come tentacoli che si stringono stretti sulla mia pelle. Mi accorgo di indossare il camice bianco dell'istituto ormai fradicio e macchiato dal fango.
L'acqua sembra schiacciarmi sotto il suo peso e sento le mie gambe cedere, ma i miei piedi non riescono a fermarsi.
Non posso urlare o capirebbero dove sono e mi troverebbero per riportarmi lì con la forza.
Continua la mia corsa senza freni attraverso il bosco.
Non mi importa dei rami che intralciano il mio cammino graffiandomi il viso, le braccia, le gambe o a cui s'impiglia il camice stracciandolo.

Giro il capo indietro cercando di capire se qualche guardia è ancora dietro di me, ma anche per capire quanto io sia distante dall'istituto che sembra essere sparito nella nebbia e tra la pioggia.
Ed è qui che mi fermo perché mi rendo conto di essere sola.
Ho perso di vista gli altri non appena abbiamo sentito gli spari.
Cerco di riprendere fiato girandomi intorno e provando a vedere qualcuno tra gli alberi.
Finalmente dalla mia gola riesce a liberarsi un urlo.
- Michael!-
Mi piego su me stessa per il dolore lancinante al petto provocato dal mio urlo.
La pioggia cade veloce e fitta davanti ai miei occhi distraendomi e coprendo gli altri suoni.
Un altro sparo e io inizio a correre.
Ma questa corsa dura poco perché inciampo in una radice e cado rovinosamente a terra proteggendo il viso con le braccia.
Stordita, provo a rialzarmi il più velocemente possibile guardando indietro, ma mi blocco immediatamente.
Non sono inciampata su una radice.
Un urlo esce incontrollato dalle mie labbra e indietreggio automaticamente.
Il corpo inerme e infangato di Luke mi fissa con occhi spalancati.
Mi riavvicino a lui iniziando a scuoterlo e a chiamarlo, ma non può più sentirmi ormai.
Mi giro a destra e vedo i corpi degli altri immobili a terra.
Ci sono tutti, morti.
Mi alzo di scatto ricadendo a terra a pochi passi dal corpo esangue di Michael. Striscio fino a lui lasciando che le lacrime si mescolino con la pioggia.
- Michael, svegliati.-
Sussurro proteggendo il suo viso dalla pioggia con il mio.
Porto entrambi le mani sul suo volto protraendolo in avanti fino a far sfiorare le nostre fronti.
- Ti prego.-
Sussurro tra un singhiozzo e l'altro.
Ad un tratto i suoi occhi si spalancano e le sue labbra risucchiano più aria possibile facendogli alzare il petto finora immobile.
Poggio una mano sulla ferita sul suo petto provocata da un proiettile mentre si mette seduto con il mio aiuto. Il suo viso si trasforma in una smorfia di dolore.

- Alison.-
Sussurra trattenendo le lacrime.
La pioggia sembra bloccarsi, sospesa a mezz'aria tra cielo e terra.
Riporto le mani sul suo viso.

- C'è qualcosa che non sai e che non posso più nascondere.-
Continua a parlare con tono risentito.
Sul mio viso appare un'espressione confusa. Annuisco freneticamente non riuscendo a dire una sola parola.
- Io...-
Tre spari.
Tre proiettili gli perforano il petto uccidendolo.
- No!-
Urlo con tutta la forza che mi è rimasta nelle viscere girandomi di scatto verso chi ha sparato quei tre colpi, ma non appena lascio le mie gambe stendersi per alzarmi, un proiettile perfora il centro del mio petto.
Il mio corpo si sbilancia indietro come se una gran forza mi avesse spinto e cado affianco al corpo di Michael.
La pioggia si risveglia dal suo stato di trans e rinizia a cadere copiosa sul mio corpo.
Chiudo gli occhi.
È finita.
E poi mi risveglio.
Mi metto a sedere ansimando e porto una mano sulla fronte perlinata di sudore.
È stato solo un incubo.
Un dannato incubo.
Anche lì l'angoscia di non sapere cosa si nasconde dietro la tristezza e la freddezza improvvisa di Michael mi perseguita.
Il cigolio della porta della mia cella mi fa indietreggiare facendomi sbattere le spalle contro la spalliera di ferro del letto.
La figura minuta di Brittany si insinua nella mia cella richudendo la porta dietro di sé e avvicinandosi a me, fino a sedersi ai piedi del letto.

Insane || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora