Capitolo 25

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Non ho avuto nessuna esitazione ad accettare la collaborazione con Louis tre mesi fa.

Non l'ho fatto perché non sarei mai riuscita a scappare da questo posto, ma solo per vendetta. Per ripicca nei confronti di Michael.

Il quale, in questi mesi, è stato tutto il tempo con quella ragazza che ho scoperto si chiamia Julia e con i ragazzi. Li osservo a volte, sono così determinati a trovare una via d'uscita, ma questo luogo sembra un'immenso labirinto la cui uscita è collegata ad un altro passaggio che ti riporta sempre più al centro. Hanno provato altri modi per uscire, ma gli è costato una settimana senza cibo. Io, Louis e Mary, la ragazza che porta sempre con sé la bambola, abbiamo provato a trovare qualche punto debole della recinzione dell'istituto per un mese, ma non abbiamo ottenuto nessun risultato. I cancelli sono inviolabili e la recinzione elettrificata e troppo alta da scavalcare nel caso riuscissimo a togliere l'elettricità. Le due parti di cartellone non le ho ancora mostrate a Louis, le ho conservate nella valigia. Non mi fido ancora di lui, c'è qualcosa nei suoi movimenti e nei suoi modi di fare che lo rendono sospetto di qualcosa che mi inquieta particolarmente. I suoi occhi blu trasmettono irrequietezza, vendetta, violenza. Il modo in cui parla, come si muove, hanno un qualcosa misto di misterioso e affascinante.

Un miscuglio di caratteristiche con tutte le sue sfumature che riesco a cogliere. Michael invece è tutto il contrario. Lui è un miscuglio incomprensibile di caratteristiche che riescono ad attirarmi a lui anche senza volerlo. Riesce ad accendere quella scintilla nei miei occhi ormai spenta da anni. Il problema è che ci accorgiamo troppo tardi di ciò che abbiamo perso. E fa male. Fa male vederlo con un'altra. Fa male il fatto che per lui non esisto. Fa male tutto ciò. Fa male vedere i suoi occhi illuminarsi non per me. Fa male sapere che non è più mio. È una costante angoscia che ti porta a infinite paranoie. Ma ero consapevole che lo avrei perso. Ero consapevole che il destino ci avrebbe divisi. Solo che non ero consapevole che me ne sarei innamorata. Eppure non ho fatto nulla per evitare che accadesse. Il fumo della sigaretta passa leggero tra le mie labbra per poi disperdersi per la stanza già occupata dalle urla, dai rumori, dal silenzio. Il silenzio, un nome astratto, così come si presenta. Il silenzio non è l'assenza di suono. Il silenzio è quel rumore che ti devasta l'udito e ti porta automaticamente a tapparti le orecchie per la sua potenza. Il silenzio è un susseguirsi di urla e di vibrazioni. Il silenzio è ciò che riesce a superare il volume dei miei pensieri.

- Passami una sigaretta.-

Dice Luke sedendosi sulla sedia di fronte alla mia. Nella stanza ci sono una dozzina di pazienti.

Prendo una sigaretta dal pacchetto sul tavolino alla mia destra e la porgo al biondo, il quale l'accende con l'accendino che gli ho passato dopo la sigaretta.

Dopo aver assaporato un paio di volte il sapore aspro e rilassante della nicotina, alza gli occhi e si morde il labbro inferiore.

- Allora Alison, come te la passi?-

Aspiro del fumo dalla mia sigaretta per poi soffiarlo fuori dalla mia bocca con molta calma.

- Molto bene, Luke. Tu?-

Abbassa la testa e la scuote leggermente ridendo.

- Oh benissimo! È sempre stato il mio sogno stare chiuso in questo posto. Una meraviglia.-

Conclude dicendo l'ultima frase con disgusto.

- Ora che mi hai fottuto una sigaretta e informata del fatto che odi questo posto come tutti d'altronde, sei venuto per qualche altro motivo o posso avere l'onore di levarti di torno per poter finire di fumare la mia dose giornaliera di veleno?-

Dico scettica accavallando le gambe.

- Calma Dama Rossa, volevo solo sapere come stavi.-

Dice Luke osservandomi in attesa di una risposta che non tardo a dargli.

Insane || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora