Mi tappo le orecchie sperando di non sentire più quelle crudeltà, ma le voci si fanno ancora più chiare e acute. Più cerco di non ascoltarle, più gridano.
Affondo il viso nel cuscino e chiudo gli occhi. Questo però non fa altro che peggiorare le situazione. Nella mia mente si insinuano i ricordi di tre giorni fa.
Le mie mani sporche di sangue. La lama del coltello che tengo nella mano destra è sporca del suo sangue. Il suo corpo inerme sul pavimento.Inizio a gridare, ma nessuno può sentirmi.
Piccola Alison, non devi aver paura di noi. Devi ringraziarci. Noi vogliamo il meglio per te.
Le voci ripetono quella frase senza fermarsi. Si accavallano quelle parole, si confondono tra loro.
Quella settimana avevo ucciso un'altra persona da aggiungere alla mia lista di omicidi. Era la vittima 105. Era mia sorella.
L'ho uccisa per invidia, per vendetta o l'ho uccisa senza un motivo come alle altre vittime?
Non riesco a fermarle.Tutto ciò che succede, accade per un motivo preciso, piccola Alison.
Grido di nuovo. Mi alzo dal letto correndo e cerco di scappare da quella stanza, ma la porta è chiusa. Inizio a buttare pugni alla porta, a gridare, a piangere. Nessuno avrebbe mai pensato che una ragazza di diciotto anni fosse l'assassina che aveva mandato nel caos tutta Londra. 105 vittime morte in modo osceno e fuori dal normale.
È colpa delle voci. Sono loro che mi hanno spinto ad uccidere tutta quella gente.
Ti sbagli piccola Ali. Noi ti vogliamo aiutare.
Urlo ancora. Prendo i capelli tra le mani e li tiro per la disperazione. L'ansia si impossessa del mio corpo. Vado in panico. Il battito cardiaco aumenta provocandomi una respirazione alterata che non mi permette di respirare bene. Poggio le spalle al muro. Mi tremano le gambe, le mani, la testa. Sento che morirò. Senza che me ne renda conto sono a terra che piango e urlo. Non riesco a pensare, le immagini degli omicidi mi girano per la testa. Forse le vittime vogliono vendicarsi e sono le loro voci quelle che sento. Sono loro che mi condannano a una vita da pazza e assassina. Mi concentro sulla respirazione e cerco di ritornare a respirare normalmente. Ci vogliono venti minuti circa prima che riesca a calmarmi del tutto. Rilasso i miei muscoli e provo ad alzarmi da quel pavimento freddo. Mi corico sul letto come inerme in attesa che il sonno plachi i miei pensieri confusi, ma so già che gli animi assetati delle vittime stanno aspettando di trasformare i miei sogni in incubi, dove sono loro a uccidere me.
Buonanotte, piccola e dolce Alison.