Le ore non passavano mai.
Dopo un pranzo più lungo del tempo che ci ha messo la Chiesa per accettare che la Terra è sferica, sono giunta a diverse conclusioni.
Primo, il Natale con i parenti è insostenibile.
Secondo, se tuo padre organizza una guerra tra fazioni che shippano coppie diverse, non c'è modo di aprire bocca che vieni sovrastata dalle urla e ciao ciao diritto di parola e tanta bella democrazia.
Terzo, sono rimasta delusa dal fatto che zia Lily si sia coinvolgere completamente dalle cazzate di mia madre, che con occhio vigile sorvegliava l'andamento delle cose.
Come risultato ho dovuto fare da baby-sitter a Timmy e Tommy per impedire che sfasciassero casa, mentre il fantasma di Drew consumava cibo a intermittenza.
Ed è stato tremendamente difficile non scoppiare davanti a tutti, urlare agli adulti che si comportavano da deficienti, ai bambini che dovevano fare le statue o avrei preso le loro testoline bionde e ci avrei giocato a calcio, a Drew che esiste una cosa chiamata "interagire con tua cugina Joyce che si trova in una situazione di merda".
Hanno cercato di corrompermi con i regali, ma dopo oggi penso che il loro valore sia pari al numero di donne emancipate in Burundi.
Cosa me ne faccio di tutti questi vestiti e cianfrusaglie varie se poi sparlano delle persone a cui tengo davanti a me, arrogandosi il diritto di poter litigare sul ragazzo con cui devo o non devo stare.
E i miei genitori, che avrebbero dovuto difendermi, stare dalla mia parte e incanalare la conversazione in temi più consoni, sono stati i primi a darmi in pasto agli squali.
Ah, un'altra cosa che merita considerazione è l'abilità straordinaria di zia Rachel di spettegolare. Non è stata zitta un secondo. Tutto il fottuto tempo a ciarlare, su cose di cui non sapeva un accidente. Ma nel mondo delle pettegole è sempre così: meno sai di una voce messa in giro, più cose a tuo piacimento puoi inventare e più divertente diventa discuterne con gli altri.
In sostanza, ho sentito talmente tante cazzate che ora voglio solo andare e svegliarmi tra le braccia di Christopher, possibilmente reale e non in sogno.
Perciò prendo il telefono e guardo l'ora per sapere se posso chiedergli di venire oppure no.
Sono le cinque passate.
Con tutta la disperazione di cui sono capace, pigio le dita sullo schermo.
Ti prego ti supplico ti scongiuro vieni qui non ce la faccio più potrei morire per favore corriiii
Senza punteggiatura, senza faccine, solo me e il mio tormento.
La mia testa cade sul cuscino e serro gli occhi, il cervello disconnesso.
Dio, fai che legga il messaggio.
Gesù, fai che possa venire.
Spirito Santo, fai che arrivi presto.
Apollo, fai qualcosa.
La mia mente rievoca il sorriso di Chris, la cosa più bella che esista al mondo.
Sorrido un po' anch'io di riflesso, sempre ad occhi chiusi.
- Joyce! - urla mia madre.
Se mi viene a chiedere di sistemare il casino che c'è in cucina, la ammazzo.
Non esiste che io la debba aiutare dopo quello che mi ha fatto passare oggi.
- Joyce, c'è Christopher!
Scatto su come una molla non appena sento il suo nome.
Christopher. È già qui. Quanto lo posso amare?
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Confident
Teen FictionJoyce non capisce niente di matematica, salta gli allenamenti in palestra appena può ed è cotta del suo amico Ben dall'inizio del liceo. Christopher è il figlio del nuovo sceriffo, nato per giocare a football e per risolvere problemi di matematica c...