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Tom Odell, Sirens

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Harry continua a tenere lo sguardo fisso sulla foto di Edward e, per quanto si sforzi di nasconderlo, a me continua a sembrare che ci sia qualcosa che non va.

"Stai bene?" chiedo piano.

Lui mi guarda per un po' senza rispondere, mettendomi un po' in soggezione, anche se credo involontariamente. I miei occhi incrociano inevitabilmente i suoi, e noto che non ho mai visto occhi come i suoi in nessun altro, prima d'ora. Non è solo il colore, verde come quel bosco in cui sembra trovarsi così bene, è come mi sento quando sono su di me. Piccola, vulnerabile, mi sembra che tutto quello che sono e che ho vissuto sia sotto il suo sguardo, ma allo stesso tempo non mi sento giudicata. È come se dentro di me si fosse improvvisamente accesa la piccola speranza che lui potrebbe in qualche modo imparare a capirmi. Ma forse è solo che ho un disperato bisogno di credere che qualcuno sia in grado di farlo davvero.

Non so per quanto tempo rimaniamo in silenzio, ma lo facciamo finché è lui a interromperlo. I nostri silenzi sono gli unici confortanti e non imbarazzanti o da riempire che conosca.

"È meglio che vada" esordisce poco dopo aver sentito il rombo dell'auto di mio padre di ritorno dal lavoro.

Abbasso lo sguardo mormorando un 'ciao' un po' imbarazzato.

"E cerca di tenerti lontana dal bosco" aggiunge, rimanendo ancora di fronte a me, come se fosse in attesa di una mia reazione. "Ti prego."

Non voglio mentirgli dicendogli che lo farò, anche perché lo verrebbe a sapere comunque, com'è successo oggi. E non voglio rinunciare a quel posto in cui mi sento così in pace, dove la solitudine non mi pesa cosí tanto e dove mi sembra di riuscire a perdere me stessa e dimenticare il dolore, anche se solo per un po'.

"Harry..." inizio, e per un attimo mi sembra che qualcosa in lui cambi improvvisamente, al pronunciare del suo nome.

"Perché?" dice poi improvvisamente, con un tono molto più duro di quel che mi aspettassi.

Indietreggio istintivamente, e la mia schiena aderisce al mobiletto alle mie spalle, mentre lui si avvicina a me.

"C-cosa?" balbetto in un sussurro, mentre il mio respiro inizia ad accelerare.

"Perché non puoi semplicemente dimenticarti di quel posto?" dice, stavolta ammorbidendo il tono, che rimane comunque fermo.

Vorrei davvero potergli dare una risposta, ma so che se provassi a spiegargli le mie contorte ragioni lui non capirebbe, non potrebbe e non sarebbe colpa sua. Fatico a farlo persino io stessa. Sento uno strano legame con quel luogo, ne sono come attirata, in un modo strano e irrazionale che non saprei come spiegare.

Inoltre la sua vicinanza mi causa una strana sensazione, così come il suo sguardo che brucia su di me. Al suo cospetto mi sento cosí vulnerabile, e in questo momento detesto questa sensazione.

"E tu perché non puoi semplicemente dimenticarti di me, di dove vado o di cosa faccio?" domando a mia volta colta da un improvviso scatto d'ira, scaturito dall'incapacità di uscire da questa situazione in altro modo. "Sul serio, che diavolo ti importa? Tu non mi conosci, non sai niente di me, quindi smettila di preoccuparti. Non sono la tua Elizabeth."

Nel momento esatto in cui le ultime parole lasciano la mia bocca, mi porto una mano su di essa, pentendomi immediatamente di averle pronunciate. È abbastanza chiaro che questa Elizabeth per lui sia o sia stata qualcuno di importante, e usare contro di lui le parole che gli ha detto Niall nel bosco è stato davvero un colpo basso.

Ma non ho il tempo di scusarmi o di ricevere una sua reazione, perché prima che me ne renda conto è sparito, lasciando dietro di se soltanto la porta aperta ancora in movimento.

*

Le domande di mio padre sulla mia giornata suonano lontane e ovattate nella mia mente, mentre muovo distrattamente la forchetta nel mio piatto.

Mi sento terribilmente in colpa per quello che ho detto a Harry, ho avuto paura e ho perso il controllo, ma so che comunque non lo meritava. È che il modo in cui mi sono sentita, il suo corpo così vicino al mio e i suoi occhi dritti nei miei, mi ha spaventata. Non saprei come descriverlo, ma comunque non ero a mio agio e ho cercato in modo impulsivo di uscire da una situazione che stava mettendo a dura prova i miei nervi.

La mia mente è continuamente martellata dalle numerose domande senza risposta riguardo a Harry e a tutta questa situazione. Perché non vuole che vada nel bosco? C'è qualcosa che dovrei sapere al riguardo? Che cosa si nasconde tra quegli alberi che non vuole che io scopra? Perché si preoccupa per me e si comporta come se gli importasse? Chi è Elizabeth e che cosa la collega a me? Perché al solo pronunciare del suo nome lui reagisce in quel modo?

Tutti questi dubbi sono un chiodo fisso nella mia testa e mi torturano continuamente, e l'unico modo per liberarmene mi sembra ottenere delle risposte.

Anche per questo ho intenzione di tornare nel bosco, ma la ragione principale rimane parlare con Harry e scusarmi con lui. Se per qualche ragione dovesse succedergli qualcosa, non mi libererei mai del peso di aver lasciato la situazione in questo stato, lo so meglio di chiunque altro.

Alla fine riesco a mandare giù qualcosa dal mio piatto e liquidare le domande di mio padre rispondendo a monosillabi.

È chiaro che queste mie risposte evasive non bastano a placare la sua preoccupazione, ma in questo momento non ho alcuna voglia di parlare. Noto quante attenzioni mi sta riservando da quando sono tornata dalla clinica e so che lo fa per evitare che l'accaduto si ripeta, ma questa non è proprio la serata giusta.

Quando nel mio piatto rimane poco meno di metà del cibo, decido che è abbastanza e lascio la tavola, chiudendomi nella mia camera.

Mentre mi preparo per la notte, lo sguardo mi cade sul libro di Harry ancora sul comodino, e mi rendo conto che, se da una parte ho già iniziato gli altri che ho comprato, non ho ancora avuto modo di aprire questo.

Indosso velocemente il pigiama e mi sdraio sul letto, iniziando a sfogliarlo un po' prima di cominciare la vera e propria lettura. Leggo qualche stralcio e noto diverse sottolineature, provando a immaginare chiunque possa averle fatte e chi abbia tenuto fra le mani questo libro prima di me.

Poi torno all'inizio del libro e, saltata la lunga prefazione che altro non è che un'analisi critica di tutta l'opera, arrivo finalmente al primo capitolo. Ed è qui che trovo un'annotazione.

Si trova sulla stessa pagina in cui è riportata la dedica dell'autrice a un certo W.M. Thackeray, e la grafia è raffinata e ordinata.

Ad H con amore, dalla tua amata Elizabeth

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