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Ed Sheeran, Thinking Out Loud

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Le parole di Edgar mi lasciano completamente senza fiato.

La prima cosa che mi verrebbe da fare è chiedergli di ripetere quello che ha detto e dirmi che cosa significhi, ma mi rendo conto che il tempo è poco, così come le parole che possono uscire a fatica dalla sua bocca.

Comunque sia, in fondo so che cosa ho sentito e che cosa significa: l'Harry della foto non aveva figli, perciò non è possibile che avesse dei nipoti. E allora l'ennesima domanda affiora nella mia mente, ma questa volta non riesco a trattenermi.

"Chi ho visto allora?" chiedo, con voce tremante e appena udibile.

La sua reazione mi fa rabbrividire. Mi fissa negli occhi e scuote piano la testa, mentre un'evidente senso di paura inizia ad offuscargli lo sguardo.

"Che... che cosa significa?" riesco a dire, ormai senza fiato.

So che dietro quello sguardo si nasconde molto di più, c'è qualcosa di profondamente strano e anormale in tutta questa storia, lo so e credo di averlo sempre saputo. A questo punto, non posso più tirarmi indietro fingere che non sia mai successo niente, non ci riuscirei.

In ogni caso, la mia ultima domanda rimane senza alcuna risposta, perché il paramedico ci interrompe, rivolgendomi uno sguardo severo e poi sollevando con l'aiuto di un collega la barella su cui giace il nonno di Louis, che mi pare abbia nuovamente perso i sensi.

Louis.

Incrocio il suo sguardo, e non riesco a decifrare il modo in apparenza impassibile e privo di emozioni con cui mi sta guardando.

L'ultima cosa che vedo è una lacrima che gli riga la guancia, poco prima che le porte dell'ambulanza vengano chiuse ed essa parta assieme al suono assordante delle sirene.

Non so per quanto tempo rimango su quella strada, mentre il freddo mi penetra oltre la pelle, fissando il punto in cui l'ambulanza è sparita in lontananza.

Comunque, dopo un po', finalmente decido di muovermi, e lentamente mi avvio verso casa, profondamente pentita di non esserci rimasta prima, invece di venire qui.

Per quanto continui a ripetermi che dovrei dimenticare tutto, che dovrei smettere di pensarci, che non ha assolutamente senso e non dovrei preoccuparmene, il pensiero di Harry rimane fisso nella mia testa, e anzi adesso è ancora più radicato. Non so più cosa pensare, né di quello che mi ha detto Edgar né di quello che ho potuto capire fino ad ora. Tutto quello che so è che la mia testa è sul punto di scoppiare.

Ho il tempo di muovere soltanto pochi passi, prima che la voce di Louis che pronuncia il mio nome alle mie spalle mi costringa a fermarmi.

Quando mi volto, lo vedo corrermi incontro, pallido in viso e completamente fuori di sé, mentre l'ambulanza è già partita con le sirene spiegate.

"Ho... ho bisogno di te" balbetta con il respiro affannato.

"Che-" inizio, ma lui mi interrompe bruscamente e mi prende per un braccio, trascinandomi con sé.

"In ospedale" spiega, tentando a fatica di mantenere la calma.

Nel frattempo, abbiamo aggirato l'edificio della libreria, per poi varcare un portone color carbone, che dà su un cortile delimitato da un lato dal retro del negozio e dagli altri tre da anonimi edifici che non riconosco. Qui sono parcheggiate alcune auto, che immagino siano la destinazione di questa corsa.

Louis si avvicina a una delle auto, un vecchio pick-up rosso scuro e, dopo averla aperta con le mani tremanti, mi fa cenno di salire. Senza dire nulla, prendo posto accanto a Louis, che invece si mette al volante e fa partire l'auto a una velocità che immagino vada ben oltre il limite di una strada del centro. Comunque sia, decido di non dire nulla.

Non so se in questo momento dovrei provare a parlargli, a dirgli qualcosa, so solo che qualunque parola non mi sembra degna del momento, e il silenzio è così opprimente.

Ma, quando inizia a un tratto a parlare, capisco che tutto ciò che devo fare è ascoltare. Quello di cui ha bisogno è qualcuno che lo ascolti e basta.

"Sai, i miei genitori non sono mai stati molto presenti, hanno sempre lavorato molto... ero soltanto un bambino, ma potevo capire le loro ragioni: c'era bisogno di soldi e bisognava guadagnarli; non per questo la loro assenza faceva meno male, però. Loro erano fuori casa praticamente tutto il giorno, quindi io stavo sempre da mio nonno. Lui mi dava tutto l'affetto di cui avevo bisogno e, lo ammetto, mi viziava un po'. È la mia famiglia."

Non dico nulla, tentando di rielaborare tutto questo discorso pronunciato veloce e di getto. Non posso realmente capire che cosa significhi non ricevere abbastanza affetto dalla propria famiglia. La mia era perfetta, almeno durante l'infanzia. Ho sempre avuto tutto ciò di cui avevo bisogno e i miei genitori non hanno mai perso occasione per dirmi che mi volevano bene. Credo che la nostra famiglia per com'era all'epoca non possa essere meglio rappresentata che da quella foto sul mobiletto, quella che Harry osservava intenerito quando è stato a casa mia.

Le nocche delle mani di Louis sono bianche per la forza con cui stringe il volante, gli occhi chiari, di solito così limpidi ma oggi incupiti e arrossati per l'intensa preoccupazione, sono fissi sulla strada e tentano di non lasciar scendere le lacrime, mentre una gamba gli trema nervosamente.

"Ho paura, Jane" ammette all'improvviso.

Le sue parole mi lasciano completamente senza fiato, e non so cosa rispondergli perché non potrei rassicurarlo. So perfettamente in che cosa consiste quella paura disperata di perdere qualcuno a cui vuoi bene, insieme all'agonia del tempo, che affievolisce le speranze fino a spazzarle via, lasciandoti sola con la parte peggiore: il dolore, quel senso di mancanza che potrebbe non colmarsi mai. Puro e inevitabile, pesa sul petto come un macigno, e ti porta giù con sé. La salvezza dipende solo da quanto profondo è il pozzo in cui affondi, e da chi è disposto a porgerti la mano.

Tutto quello che posso fare per Louis in questo momento è alimentare le speranze. Credo sia l'unica cosa in grado di farlo sentire meglio, anche se, nel caso in cui dovesse andare male, sarebbe un po' come mentire. Ma spesso preferiamo le bugie a una dura verità.

"Andrà tutto bene" dico piano, guardandolo. "È forte, si riprenderà."

Rimaniamo in silenzio per il resto del viaggio, finché Louis ferma l'auto davanti all'ingresso del pronto soccorso e si precipita all'interno.

Lo seguo lasciando alcuni passi di distanza fra di noi, come se il suo dolore avesse bisogno di uno spazio che non ho il diritto di violare.

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