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Christina Perri, A Thousand Years

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Jane's POV

Le sue labbra sono gelide, come il resto del suo corpo, ma in questo momento non mi importa.

Il bacio è dolce e lento, i movimenti lenti e delicati, e dopo poco ci allontaniamo.

Ci guardiamo negli occhi per secondi interminabili, ma poi lui mi alza il mento con le dita e unisce nuovamente le nostre labbra.

Questa volta andiamo più veloce, e con più voracità. Schiudo le labbra quando la sua lingua giunge a sfiorarmele, e allora il bacio diventa più intenso.

Appoggio le mani sul suo petto, e lentamente faccio scorrere la destra fino al suo collo, e poi la poggio sulla nuca per portarlo più vicino a me.

Nel frattempo, anche lui esercita un po' di pressione sulla mia schiena, per avvicinarmi a sé. Inizio a giocherellare con i suoi capelli e a tirare leggermente alcuni ricci fra le dita, e lo sento gemere un po'.

E, Dio, vorrei che questo momento durasse in eterno. Chiudo gli occhi ed esistiamo solo noi, insieme alle miriadi di sensazioni che mi si agitano dentro, contorcendomi lo stomaco e portando a mille il battito del mio cuore.

Quando ci dividiamo, le mie labbra riprendono calore, mentre quello sulle mie guance inizia a disperdersi.

Con il pollice lui mi accarezza leggermente la zona dietro il lobo dell'orecchio, poi, un po' riluttante, io allontano la mano dai suoi capelli, portandola vicino all'altra sul petto. Lui le prende entrambe fra le sue, e le lascia andare dopo poco.

Il mio respiro accelerato comincia a rallentare, mentre i miei occhi roteano ovunque pur di non incontrare i suoi.

Ma lui mi prende il viso fra le mani e mi costringe a guardarlo, ed io arrossisco inevitabilmente.

Abbozza un sorriso, che gli fa spuntare una fossetta, e tanto basta per rilassarmi.

"Grazie" dico senza pensare.

Quando me ne rendo conto arrossisco violentemente e distolgo lo sguardo da lui, mentre lo sento trattenere una risata.

"Ringrazi per un bacio?" dice con un sorriso divertito, guardandomi come si guarda una bambina che ha appena detto qualcosa di ingenuo.

"No, per... prima, sai..." farfuglio, totalmente in imbarazzo.

"Quindi non ti è piaciuto?"

Sento le guance andare a fuoco più di prima, se possibile. "Sì, ma..."

Poi mi rendo conto che si sta prendendo gioco di me, e lo colpisco a un braccio mentre sul suo volto compare un sorriso sghembo.

"Sei un..." inizio, mentre l'imbarazzo inizia a svanire lasciando spazio a un sorriso divertito.

"Cosa?" ribatte lui, avventandosi su di me e iniziando a solleticarmi la pancia.

Cadiamo a terra entrambi, mentre lui continua con il solletico e io lo prego di smettere tra le risate.

Dopo un po' smettiamo, e rimaniamo sdraiati l'uno accanto all'altra, a riprendere fiato.

Ci giriamo entrambi di profilo, trovandoci faccia a faccia. Harry mi sfiora una guancia con la mano e poi inizia ad arricciarmi una ciocca di capelli. Mi rendo conto di come sia sempre così delicato nel toccarmi, come se volesse assicurarsi che io sia davvero lì ma al contempo temesse che mi possa rompere o che possa scomparire.

"La tua mano è così... fredda" osservo senza pensare.

Lui allora la allontana dalla mia guancia, ma io la prendo e la rimetto dov'era.

"Non intendevo-" inizio, continuando a tenere la mia mano sopra la sua, sulla mia guancia, e iniziando a disegnare sul dorso piccoli cerchi con il pollice. "Dico solo che è... strano."

E lo è davvero. Non ha semplicemente le mani fredde, è come se fosse lui stesso ad emanare il gelo.

Rimaniamo così, sdraiati l'uno accanto all'altra, per un tempo che mi sembra troppo poco, prima che lui decida di riaccompagnarmi a casa.

Per tutto il tragitto, noto che sta attento a non sfiorare la mia pelle, e per qualche ragione sento la mancanza del suo tocco, e anche del suo freddo.

Quando fra gli alberi si inizia a intravedere la strada che costeggia il bosco, una strana malinconia inizia a insinuarsi dentro di me, mentre mi rendo conto che è il momento di uscire dal mio piccolo angolo di paradiso per tornare alla grigia e monotona realtà.

Il cielo sta incominciando a scurirsi, mentre il sole tramonta all'orizzonte, tingendo le nuvole di rosa e di arancione.

Harry mi accompagna fino all'ingresso di casa, camminando al mio fianco, senza guardarmi.

Quando ci troviamo a pochi passi dai gradini che precedono la porta, ci fermiamo.

Lo guardo, illuminato dalla luce del sole che si fa sempre più debole e tiepida, e mi sembra così diverso fuori da quel bosco. È come se fosse un po' meno reale, come se tutto quello che è successo fosse già un lontano ricordo.

"Allora ciao" mormoro.

Eppure, la sensazione delle sue labbra sulle mie, delle nostre bocche che si muovono l'una insieme all'altra, è ancora vivida nella mia mente. Non mi importa del suo freddo, di tutti i misteri e delle strane circostanze in cui ci siamo incontrati. Tutto quello a cui riesco e voglio pensare è quell'inebriante sensazione, che è forse la cosa più vera che io abbia mai provato in tutta la mia vita.

"Ciao" risponde Harry in un sussurro, mentre la sua mano mi accarezza la guancia e il pollice segue la linea delle mie labbra.

Poi mi solleva il mento e fa incontrare ancora una volta le nostre labbra. E, ancora una volta, esistiamo solo noi, ogni cosa intorno a me perde di forma e di colore, mentre chiudo gli occhi e mi lascio inebriare dalle miriadi di sensazioni che lui è in grado di agitare nel mio petto.

Il mio cuore batte rapidamente all'interno della gabbia toracica, mentre fatico a respirare e ho solo voglia di continuare a muovere le mie labbra insieme alle sue. Mentre una mano di Harry mi sfiora una guancia e mi accarezza i capelli sulla nuca, l'altra preme sulla mia schiena, riducendo ulteriormente la distanza fra di noi.

La mia mente è un insieme di sensazioni intense ed inebrianti, mentre una strana eccitazione mai provata in vita mia pesa sul mio petto, facendo quasi male.

Dopo un tempo che non sembra abbastanza, dividiamo le nostre labbra, e riprendo fiato mentre la mia fronte è poggiata contro la sua.

"Mi dispiace" mormora Harry sulle mie labbra e, prima ancora che abbia il tempo di realizzarlo, si è già allontanato, sparendo fra gli alberi.

E così mi lascia lì, a domandarmi perché diavolo si sia scusato, mentre mi pare di sentire ancora il sapore delle sue labbra sulle mie.

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