Capitolo ventinove

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Camila pov

Era passato un mese.
Un mese dal giorno in cui io e Lauren ci eravamo scambiate quel bacio e avevamo passato la notte assieme abbracciate.

Non ne avevamo più parlato. Lei aveva chiuso più volte la discussione, continuava a scappare e io davvero non capivo da che cosa si stesse nascondendo.

Il tour continuava con il solito ritmo frenetico. Ci spostavamo per il paese, passavamo la maggior parte del tempo sul pullman o in albergo. Ci riunivamo ogni tanto con le ragazze, prendevamo parte agli usuali pigiama party, con l'eccezione che Lauren non si presentava più.
Passava quelle serate in camera sua.

Chelsea ed io continuavamo a sentirci. La bionda, effettivamente, si era rivelata essere un'ottima distrazione. Era simpatica, gentile, molto carina e quando mi chiamava non intercorrevano mai momenti di silenzio, riuscivamo ad avere una conversazione senza interromperci mai e la sua risata mi piaceva, ma mi sentivo in colpa a ridere delle sue battute, perché, una parte di me, sentiva di non essere genuina.

Quella sarebbe stata l'ultima sera prima di dividerci. Ci eravamo meritate una pausa e, anche se eravamo consapevoli che il tour avrebbe ripreso, tutte noi eravamo afflitte dal doverci separare. Soprattutto io.

Per quanto lontana, complicata, evasiva potesse essere Lauren, era l'unico modo che avevo per starle vicino e tornare a casa senza di lei mi lasciava una strana sensazione di vacuità dentro, come se la stessi perdendo per la millesima volta.
E un po' era così, perché sapevo che Lauren durante la pausa sarebbe andata a New York, a firmare i documenti per rendere ufficiale il suo trasferimento.

Non sapevo cosa ne avesse fatto del nostro appartamento, non volevo saperlo. Una volta ero sul punto di chiederle se potesse lasciarlo a me: avrei preferito viverci io, subire le ombre che si affollavano negli angoli della casa piuttosto che consegnare le chiavi ad un'estraneo, uno sconosciuto che avrebbe invalidato maggiormente il nostro passato, che l'avrebbe smerigliato ancora di più.

Poi rinunciai. Perché? Perché una parte di me era fermamente convinta che Lauren non avesse preso in considerazione l'idea nemmeno per un secondo. A lei quell'appartamento serviva tanto quanto a me.

Dinah era appena rientrata dopo aver finalmente ceduto alle lusinghe estenuanti di Chad, l'autista.
Poggiai la tazza del caffè sul tavolino accanto al mio e mi spostai sul fondo del divano, facendole segno di sedersi accanto a me.
Le altre ragazze erano sistemate sulle poltrone, tranne Ally che era stravaccata dall'altra parte del divano.

«Allora?!» La incalzai, toccandole il braccio con la punta del piede.

«Allora... Mi ha baciata.» Disse, ma con tono quasi scocciato. Girò la testa verso di me, sbuffando appena.

«E quindi?» Domandai, protendendo leggermente la testa in avanti.

Dinah sospirò affranta, poi fece una smorfia indecifrabile e alzando le braccia verso l'alto per poi farle ricadere pensosamente, aggiunse
«È stato vischioso.»

«Ah, okay... Vischioso non è il genere d'aggettivo che userei per descrivere un bacio.» Ironizzai. Dinah lanciò lo sguardo al cielo, poi si guardò attorno e scosse la testa, come se volesse cambiare argomento, ma fu qualcun altro a farlo per lei.

Qualcuno bussò alla porta. Normani, che era geograficamente -per citare Ally- la più vicina, si alzò faticosamente dalla poltrona e andò ad aprire.

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