Capitolo sessantotto

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Lauren pov

Cinque mesi dopo

Appoggiata allo stipite la guardavo mentre piegava i vestiti. Adesso che le avevo fatto la lista delle cose da mettere in valigia non appallottolava più le magliette.

Una valigia era già pronta, l'altra stava finendo di farla adesso. Non potevo credere che se ne stesse andando... di nuovo. Ma almeno stavolta le cose erano diverse.

Il tentativo di Lucy non era andato a buon fine, ma il giorno dopo aveva divulgato la notizia sulla nostra relazione...
Già. Un colpo basso.

Avevano già deciso di rendere pubblica la cosa, ma Lucy non ci aveva dato il tempo di agire. L'aveva fatto lei al posto nostro.

Per un mese intero eravamo state costrette a restare in albergo, a tenere un profilo basso, ma in effetti i fan non avevano preso male la novità come tutti temevano che accadesse, anzi... I commenti sul web erano più positivi che negativi, anche se le vendite degli album erano leggermente diminuite, dopo pochi mesi avevano ripreso a salire e tutti si erano conformati alla nostra relazione senza tanti problemi. Ancora una volta, Lucy aveva fatto un buco nell'acqua. Certo, aveva avuto la sua rivincita, ma era durata ben poco.

«Hai preso tutto?» Domandai, guardando la corvina piegata sulla valigia.

«A quanto dice la tua lista, sì.» Affermò con un sorriso lei, ma potei intravedere una sfumatura malinconica insinuarsi nella sua increspatura.

Nessuna delle due era felice di separarsi dall'altra per un anno, ma ci stavamo lasciando con una promessa: ci saremo rincontrante.

Camila mi avrebbe aspettato, io pure e al termine dei nostri rispettivi impegni saremo finalmente andate a vivere insieme a New York, in quell'appartamento che avevamo lasciato vuoto troppo a lungo.

Un anno era un tempo infinito per chi come noi non sapeva resistere pochi giorni senza l'altra. In trecentosessantacinque giorni poteva succedere di tutto, noi ne eravamo l'esempio lampante. Ci eravamo divise per tre anni, ma ora tutto era mutato.

Amavo Camila e sapevo che lei ricambiava il mio sentimento, perciò non importavano i giorni, la distanza, il tempo o le avversità; noi ci saremo rincontrare, di quello ero più che sicura.
Era così, come da principio...

Stavo camminando nervosamente avanti e indietro, con il foglio stretto fra le mani. I miei compagni scolastici erano in gita, ma io avevo sacrificato vacanza per poter essere lì quel giorno... ad X-Factor.

Era un sogno, solo un sogno che non potevo nemmeno afferrare, ma solamente lambire. Presto mi sarei esibita su un palco, davanti a milioni di telespettatori. Sentivo la voce mancare, il cuore battere all'impazzata, le gambe tremare... Non ce l'avrei fatta.
Era l'inizio e la fine di un sogno. Non mi avrebbero mai presa, perché io? Cosa avevo di speciale?

Provai un'irrefrenabile istinto di andarmene, di correre senza voltarmi indietro. Avrei deluso la mia famiglia, ma mi sarei risparmiata una figuraccia davanti a tutti. Non potevo cantare, dovevo andarmene.

Con la canzone ancora stretta nelle mani, camminai verso l'uscita. Le porte erano diventante tutt'e uguale, quelle persone sembravano avere tutte dei visi sconosciuti e diffidenti. Il mio respiro si fece più pesante, le mie gambe accelerarono il passo. Merda, stavo avendo un attacco di panico, o forse era d'ansia? Potevo morire? Che stavo succedendo?

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