Capitolo trentasette

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Lauren pov

«Beh, allora? Ti piace l'appartamento?» Domandai, girandomi verso di lui.

«È sicuramente... sopra la media.» Rispose con un sorriso beffardo, facendo scivolare una mano attorno alle mie spalle.
«Ma d'altronde, cos'altro ci si può aspettare dalla mia sorellina?»

Alzai lo sguardo su di lui in maniera truce, alzando un sopracciglio «Mi stai dando della superficiale?» Chiesi in tono scherzoso. Lui fece balzare la testa da una parte all'altra, stampandosi una smorfia in faccia che non ebbe bisogno di ulteriori spiegazioni.

«Scemo.» Lo ripresi, colpendolo sul braccio con la mano serrata a pugno.

Gli feci visitare tutto l'appartamento, descrivendogli stanza per stanza i lavori che avevamo effettuato, a partire dallo scartare i muri, ai cuscini, dal verniciare, ai poster -che per la cronaca, continuavo ad odiare.

Ci accomodammo in cucina, versai due bicchieri d'acqua e gliene porsi uno, poi presi posto sullo sgabello di fronte a lui.

Mio fratello Chris era decisamente cresciuto. Non lo vedevo da mesi, non solo per via della mia carriera, ma anche per la sua passione -divenuta poi una professione- di girovagare attorno al globo penzolando da funi appese fra le bocche delle montagne. Non so chi di noi fosse il più sano di mente.

Lo vedevo più uomo, con la barba più ispida, le labbra screpolate dai venti gelidi o afosi -a seconda di quale habitat scegliesse - ai quali spesso era sottoposto. Le mani più callose, ma allo stesso tempo più forti, i capelli castani, più folti adesso, ricadevano sulla fronte scarmigliati, diramandosi in ciocche sfilate sopra gli occhi.
Era sempre mio fratello, solo che ora era mutato, -non so dirvi quando questo fosse successo- non era più un adolescente.

«Insomma, sei felice. Lo sei davvero.» Disse Chris, posando una mano sopra la mia.

«Sì, lo sono davvero.» Abbassai lo sguardo sul bicchiere. Sorrisi.

La mia felicità dipendeva da tutt'altra cosa, da tutt'altra persona. Ma questo non potevo dirlo. Avevamo lasciato le cose in maniera... sospesa.

Chris fece domande su Lucy, al che risultai molto evasiva, cercando di dirottare l'argomento su altre conversazioni.
Lucy era partita per lavoro. Era stata chiamata da un'importante agenzia che le aveva offerto un contratto come modella per uno stilista affermato. Per lei era stato l'avverarsi di un sogno e per me pure, perché passare una settimana da sola per schiarirmi le idee sembrava la cosa più giusta al momento.

«Lo sai, sei mia sorella e mi sento in dovere di farti notare che...» Il suo sguardo si spostò dalle nostre mani ai miei occhi. Un mezzo sorriso apparve sulle sue labbra, un increspatura che celava il presentimento di una ramanzina.

«Che in tutti questi anni non sei mai stata così raggiante e ora improvvisamente... Sei cambiata, sorellina.» Sbagliavo.
Il suo non era un rabbuffo, ma un'allusione vaga ad un dubbio insorto spontaneo. Sapevo dove stava andando a parare.

Sfilai la mano dalla sua, scossi la testa e mi girai per poggiare i bicchieri nell'acquaio.
Chris continuò a seguirmi con lo sguardo, riuscii a intravedere di sfuggita i suoi occhi scrutarmi attentamente come se stesse cercando di risolvere un enigma complesso.

«È successo qualcosa Lauren?» Si alzò in piedi, venendo a posizionarsi davanti a me, poggiando le mani sulle mie spalle e fissando il suo sguardo scrupoloso nel mio, che invece lo distolsi.

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