Capitolo trentacinque - Parte tre

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Lauren pov

Ci fermammo a mangiare qualcosa al fast-food.
Era da una vita che non mangiavo porcherie e mi sporcavo le mani di olio, o sugo piccante. Camila strappava a morsi feroci la carne dall'osso, poi si passava il dorso della mano sulle labbra e solo dopo essersi accorta del mio sguardo contraddittorio, si scusava e passava la mano sul tovagliolo usando come espediente il fatto che non mangiasse dalla mattina.

Avevamo ancora tanto di cui parlare, ma restare al sicuro nella nostra bolla, anche se solo per una notte, era piacevole.

Controllavo spesso il telefono, lanciandogli occhiate furtive come se avessi il potere di farlo accendere con il pensiero. Sapevo che stavo scappando da Lucy, dagli impegni che erano annessi a lei, dalla vita che avevo scelto.
Era un continuo scappare.
Eppure, per la prima volta, non mi reputavo codarda, ma mi sentivo sollevata perché andavo in quella direzione con Camila.

La guardavo mentre si abbuffava con i bocconcini di pollo, la salsa piccante colava a rivoli sulle sue dita e lei sembrava non curarsene. Mi sovvenne il ricordo di sei anni prima.

Eravamo appena entrata nella rosticceria, un posto tranquillo e ospitale. Eravamo in tour da qualche settimana e i nostri manager ci avevano proibito di uscire a divertirci; sostenevano che avremo soltanto attirato attenzioni inutili.

Per un po' ci eravamo adattate a quelle condizioni, ma Camila non ce la faceva più a stare rinchiusa sul pullman e l'unica cosa che voleva davvero erano una coscia di pollo. Ricordo come lo disse, con un guizzo negli occhi che prevenne la sua folle idea di "evadere" per andare a cenare fuori.

Tutte le ragazze avevano declinato la proposta, ritenendola troppo avventata. Camila si era afflosciata sul divano, le braccia incrociate al petto e l'espressione corrucciata. Si era rifiutata di mangiare e a gran voce diceva che dovevamo visitare la città, che non le importava dei fotografi, degli ordini dei manager, dei fan scatenati: voleva solo del pollo.

«Anch'io ne avrei voglia.» Avevo mormorato, riaccendendo in lei la speranza di una trasgressione.

«Camila tu sei pazza, ma tu Lauren lo sei decisamente di più.» Ci aveva ripreso in tono materno Ally, ma non importava ciò che dicevano le altre perché noi avevamo già deciso: saremo uscite quella stessa sera.

La corvina mi strinse la mano, un sorriso spontaneo apparve sulle mie labbra.
Al tempo eravamo soltanto amiche, non facevo caso al costante brivido che mi pervadeva quando lei mi toccava, alla voluttà che cresceva in me quando la sua mano, involontariamente, finiva troppo in basso sui miei fianchi.

Corremmo per tutto il tragitto, la sua mano non lasciò per un momento la mia e anche se avesse tentato di dissolvere quel legame, io non avrei lasciato andare le sue dita.

«Lo sai che stiamo rischiando grosso per una coscia di pollo, vero?» Disse in affanno, voltandosi verso di me, continuando a correre.

«Lo sai che per te rischierei per molto meno, vero?»

Il suo sorriso crebbe esponenzialmente, il mio seguii il suo esempio e capii che nessuno avrebbe mai potuto farmi sorridere a quel modo.

A distanza di sei anni non avrei mai immaginato che ci saremo ritrovate in un fast food a mangiare pollo, a discutere di noi.
Addirittura non avrei mai immaginato che ci sarebbe stato un noi, ma le cose migliori sono quelle che non ti aspetti.

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