Capitolo cinquantasette - Parte uno

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Camila pov

90/10.

Esiste una regola in psicologia che si chiama proprio 90/10. Sostiene che il 90% degli avvenimenti spiacevoli che accadono nella nostra vita dipendono da noi, mentre il 10% è quella piccola parte che sfuggirà sempre al nostro controllo, la percentuale che non possiamo governare, ne tantomeno prevedere.

Il 10% delle cose accade per sventura, caso, destino, in qualunque cosa crediate sappiate che quel numero racchiude tutti gli eventi -fortunati o meno- che succedano nella vostra vita. Mentre il restante 90% è il male che vi procurate da soli, reagendo in maniera eccessiva, e più o meno sbagliata, ad una fatalità che non include nessuna logica.
Quindi il susseguirsi di eventi spiacevoli, il più delle volte, dipende dalle vostre reazioni.

L'ho sempre trovata una teoria affascinante, mi sono ispirata a questo modello filosofico per cercare di limitare i danni, ma quando accade qualcosa di terribile, qualcosa che annulla totalmente la ragione, lasciando che i sentimenti prevalgano dispoticamente, quel 10% maledetto influenza il seguente 90% e le azioni che dovresti controllare -o almeno tentare- sfumano in modo irrazionale.

90/10 si annullano a vicenda.

Era a questa teoria che cercavo di aggrapparmi, mentre me ne stavo in piedi di fronte a Lauren, con le mani tremanti, il corpo squassato da brividi e il respiro mozzato.

90/10 Camila, 90/10. Mi ripetevo mentalmente come una cantilena.

«E tu... tu che hai fatto, Lauren?» Chiesi per l'ennesima volta, con voce più tremula delle mie stesse mani.

«Camz..» Scosse leggermente la testa, abbassando lo sguardo scoraggiata.

«Che hai fatto?»Ripetei a bassa voce, un sussurro appena udibile che toccò le corde più remote del suo essere. Una lacrima percosse le sue guance.

«Camz.» Mi richiamò di nuovo, stavolta quasi un supplichevole perdono che non trovava sfogo perché intrappolato fra i singhiozzi e l'apparente stato di shock.

«Non chiamarmi così, per l'amore di Dio!» Sbraitai, coprendo il viso con le mani, a nascondere le stesse lacrime che ora rigavano le mie guance, lasciando una scia cerea ben visibile sulla pelle caramellata.

Una settimana prima

Stavo disfacendo l'ennesima valigia. Eravamo appena arrivate in California, per il nostro concerto. Tornare lì mi faceva sorridere. Quel posto mi riallacciava a pochi mesi prima, quando avevo preso la scellerata decisione di sterzare il volante e io e Lauren ci eravamo ritrovate, abbracciandoci in quella stanza d'albergo.

Lauren, che quel giorno tornò ad essere, la mia Lauren.

Appesi una camicetta rosa alla gruccia e la lasciai penzolare nell'armadio, passando alla prossima. Era tutto un ripiegare e dispiegare i vestiti in quei mesi: la tournée ci stava spossando, ma non potevamo essere più contente. Anche se a dire il vero, non eravamo tornate per esibirci...

Mentre mi stavo ergendo sulle punte dei piedi per raggiungere un ripiano più alto, due forti braccia mi strinsero da dietro. Inizialmente ebbi un sussulto, ma mi rilassai un secondo dopo, riconoscendo la forma delle braccia che mi stavano cingendo.

Ridacchiai appena quando Lauren sfregò la punta del naso contro il mio collo, lasciando un bacio caldo proprio sotto al punto che aveva appena formicolato.

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