Capitolo venti

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Camila pov

Raggiunsi il locale subito dopo aver terminato le registrazioni.
Io e Chelsea avevamo rimandato l'appuntamento un paio di volte per imprevisti, ma quella sera era tutto fissato e per quanto il mio subconscio tentasse di dissuadermi cercavo di convincermi che era stata la scelta giusta.

Dinah mi aveva procurato un outfit, voleva che indossassi quello: era stata molto chiara a riguardo.
Mi ero cambiata velocemente nei bagni dello studio, calzato il vestito blu notte che la polinesiana aveva comprato per me e raccolto i capelli in una coda di cavallo.

Ora mi trovavo nel sedile posteriore dell'auto che mi avrebbe portata a destinazione e istintivamente accarezzai l'anulare, credendo di trovare la fedina che sfoggiavo ad ogni appuntamento. Non trovandola ebbi un sussulto. Per un attimo dimenticai di averla lasciata a casa e il mio cuore affondò nel petto avvertendo quella mancanza come un vuoto insito in me.

Non la mettevo per allontanare le persone, per far credere che avessi una relazione e difendermi dai tentativi d'approccio. Volevo che tutti sapessero che "la fedina" era parte di me, che lo sarebbe sempre stata e, se volevano stare con me, dovevano accettare anche lei.

L'autista mi avvertì che eravamo arrivati.
Scesi lentamente, indugiando per qualche istante sulla soglia del ristorante prima di essere accolta dentro dal cameriere.

Chelsea era seduta ad un tavolo sulla terrazza. Indossava un vestito rosso che risaltava le sue labbra colorate dello stesso colore.
I capelli ricadevano morbidi carezzando le spalle scoperte.

Quando mi vide si alzò dal posto e venne verso di me a braccia aperte, sorridente.

«Ce l'hai fatta.» Disse, stringendomi in un abbraccio confidenziale che ricambiai un po' impacciatamente.

«Già.» Mormorai timidamente, ghermendo la pochette fra le mani davanti a me «Scusa per i continui cambi di programma.» Sorrisi, ostentando una scioltezza che non possedevo.

«Non ti preoccupare. In fondo esercitiamo nello stesso campo lavorativo e so quanto sia difficile combinare un appuntamento.» Mi rassicurò con un certo grado d'esperienza, poi mi fece segno di sederci e l'assecondai inebetita.

Chelsea si premurò di prendere le ordinazioni per entrambe e scelse anche il vino.
Inizialmente la conversazione si mantenne sul generico: quali libri ti piacciono? Quali film preferisci? Ti piace il teatro? E così via...

Ebbi l'impressione che stessimo evitando argomenti importanti di proposito, come se nessuna delle due volesse toccare una conversazione in particolare.

Quando arrivammo al dessert, Chelsea azzardò ad una domanda delicata che, quasi sicuramente, voleva pormi dall'inizio della sera, ma si era riguardata per non apparire indiscreta.

«È difficile per te lavorare con la tua ex?» Mi spiazzò. Alzai lo sguardo di scatto e scossi la testa, tentando vanamente di dissuadere la sua chiara supposizione, ma lei prese il gesto come un segno di diniego verso la sua domanda e non di negazione verso il contenuto stesso della frase.

«No? Beh per me sì.» Portò un pezzo di dolce al cioccolato alla bocca e con spensieratezza disarmante espose «Ho avuto una relazione di due anni con una collega. La vedo tutti i giorni e ti assicuro che non è facile per niente mantenere la calma. Invidio te e Lauren per il buon senso che avete.» Evidentemente aveva capito tutto senza bisogno che le accennassi niente.

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